Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 08 Giugno 2017
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=44722

 

1984, quante volte abbiamo evocato il celebre Romanzo di George Orwell nelle nostre discussioni. Beh, come molti sanno c’era molta capacità profetica in quel romanzo. Quel che probabilmente il suo autore non poteva sapere, a meno di non essere stato ad insaputa di tutti un viaggiatore nel tempo, era che l’anno in cui aveva ambientato il suo libro fantastico, sarebbe stato un anno cruciale per il clima, o, meglio, per il climatismo, la religione dei nostri tempi.

Ne parla Umberto Minopoli su Il Foglio, in un articolo davvero interessante e tanto ragionevole da essere probabilmente indigesto a chi sul clima non ne vuol sapere di ragionare. Ci sono la sinistra inglese (e per molti versi la sinistra globale), Donald Trump e la fisica del Sole nell’articolo, in un mix apparentemente più caotico del sistema climatico, ma nel suo disegno complessivo estremamente lineare.

Chi Controlla il Clima (occorre registrarsi per leggerlo interamente, ma ne vale la pena)

Il 1984, per quanti non avessero fatto ancora l’associazione di idee con la politica d’oltremanica, fu l’anno in cui il governo inglese dichiarò guerra ai sindacati dell’industria carbonifera, allora colonna portante e molto scricchiolante dell’economia del Paese. Una guerra vinta poi nei primi mesi del 1985, ovvero in quello che fu a memoria storica uno dei più rigidi inverni che si ricordino. C’è anche un certo Piers Corbyn in questa storia, allora giovane fisico e meteorologo, sulle cui previsioni di rigidità dell’inverno avevano puntato i rivoltosi, condizioni che pure rivelandosi reali finirono però per fiaccare a tal punto la protesta da determinarne la sconfitta. Piers è il fratello di Jeremy, oggi leader dell’opposizione all’attuale guida politica inglese e, allora come oggi, acceso sostenitore dell’influenza del Sole sul clima. A regola di dibattito scientifico moderno, un eretico, un pazzo, un negazionista.

Minopoli parte da questo aneddoto per affrontare il tema della pericolosa decisione che il mondo della scienza del clima che cambia ha preso da allora, rafforzandone via via sempre di più i contorni dogmatici ed ideologici, quella cioè di non considerare, né quindi studiare o approfondire, il ruolo del Sole nelle dinamiche del clima. Gli effetti del Sole sono invarianti, quindi la causa delle mutazioni, quali esse siano, deve essere altrove. Anzi, sappiamo dov’è, è nelle attività antropiche. Quindi, sotto con le politiche necessarie a porre rimedio. Potrebbe non essere così, lo sappiamo, ma non ci si deve pensare. Non si deve dire né fare niente che possa rendere il percorso verso la liberazione del pianeta dalla CO2 (il suo cibo ed elemento fondamentale!) più ruvido o meno gioioso e colorato. E poco importa che il Sole abbia sempre accompagnato il cammino del clima, determinando con le sue fasi le modalità fredde o calde in cui si dispongono oceani ed atmosfera. Poco importa se ora il Sole prepara un esame, andando spedito verso una fase di bassa attività che potrebbe far virare al freddo quelle modalità. Ora c’è un problema e quel problema siamo noi.

Ma, non voglio né posso ripetere per intero il discorso di Minopoli, per cui mi fermo qui. Aggiungerei alla sua pur attenta analisi storico-politica iniziale una chiave di lettura che deve essergli sfuggita, e che è invece il vero anello di congiunzione tra gli obbiettivi politici di allora e il climatismo di oggi. Il “problema clima” nacque insieme alla sua soluzione, propagandati dalla Tatcher in ogni summit politico (qui su CM e qui ancora con tutta la storia dell’AGW) circoscritto scientificamente con la creazione dell’Hadley Center, la componente climatica dello UK Met Office, da subito e ancora oggi sede operativa del Working Group 1 (che procura le basi scientifiche) dell’IPCC, il Panel ONU che non a caso non studia il clima, ma i cambiamenti climatici e per essi suggerisce le soluzioni anche in campo sociale, energetico, economico. L’Hadley Center, guidato a lungo da una figura molto vicina alla Tatcher allora, Sir John Hugton, poi anche co-presidente proprio dell’IPCC.

Vi chiederete cosa c’entri Trump in tutto questo. Molto semplice, probabilmente inconsapevolmente, a casaccio e senza capirci un accidente, le sue scomposte azioni e affermazioni scardinano tutto questo. Fossi un climatista ne sarei davvero preoccupato.