Posted on 11 aprile 2015
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Steven E. Koonin è un fisico teorico, attuale direttore di un campus universitario a New York. Suppongo che possa essere difficile mettere in discussione la sua competenza in fisica, né mi sogno di farlo. Mi viene quindi un dubbio: come mai è anche un po’ scettico in materia di cambiamenti climatici? Possibile che uno studioso del suo livello non si sia reso conto della soverchiante evidenza del disastro climatico che ci aspetta?

Un momento, forse la risposta è più semplice del previsto. Koonin è convinto di due cose: la scienza del clima è tutt’altro che definita e l’effetto perturbante che le attività antropiche possono avere sul sistema climatico è quantitativamente minimale, almeno nel breve e medio periodo.

Mi sono imbattuto in questo personaggio in apparenza sconosciuto, ma in effetti molto noto nell’ambiente scientifico oltreoceano, leggendo la bozza di dichiarazione sui cambiamenti climatici che l’American Physical Society ha recentemente redatto e sottoposto ai membri dell’associazione. Una dichiarazione breve e divisa in tre parti che Judith Curry, anch’essa membro dell’APS definisce così: la parte relativa alla scienza del clima è piuttosto sorprendente, quella relativa ai cambiamenti climatici sembra essere uscita da un rotocalco (nella fattispecie il Guardian, nota testata che professa l’attivismo climatico) e la parte relativa alle policy ricalca quanto di folle era stato dichiarato dall’associazione nel 2007.

Ma non è di questo che voglio parlare, un giorno mi piacerebbe commentare una tale iniziativa intrapresa da qualche istituzione nostrana, ma questo non è dato evidentemente. Piuttosto parliamo di una serie di piccole scomode verità che Koonin ha esposto recentemente in un suo articolo apparso sul Wall Street Journal, da egli stesso ripreso e spiegato proprio sul blog della Curry. Solo delle pillole di scienza del clima si potrebbe dire, ma medicine che rischiano di essere alquanto indigeste per chi è convinto che domani aprirà la porta di casa e troverà un mostro climatico ad aspettarlo.

In sostanza, pur nel pieno di tutte le sue forze, l’effetto antropico potrà eventualmente perturbare il sistema si e no per 1-2 punti percentuali in termini di effetto serra, una dimensione largamente e facilmente superata e superabile in termini di ampiezza dalla variabilità naturale – vedi l’attuale persistente assenza di riscaldamento significativo. Piccole cause, quindi, con piccoli effetti che per essere compresi necessitano di una capacità osservativa molto più elevata di quanto si possa fare attualmente.

I numeri? Vengono tutti dall’IPCC, quindi, con buona pace delle vestali del clima, sono tutti numeri su cui c’è consenso, per quel che vale. Per esempio l’immagine in testa a questo post mostra il bilancio radiativo, cioè quanta energia entra, quante ne esce e quanta rimane nel sistema. La variazione a questo bilancio indotta direttamente dal forcing antropico al netto delle reazioni del sistema (tutte da definire) è stimata in 2.3 ± 1 W/m2, cioè l’1% dell’effetto serra che c’è già e lo 0,5% della totalità del flusso diretto verso la superficie. Un’enormità, non è vero? Per sincerarvene, basta andare a leggere il post di Koonin linkato qualche riga più su.

http://www.climatemonitor.it/?p=37881

Enzo
Attività Solare