‘Potrebbe spiegare recenti disaccordi’

Di Lewis PageThe Register UK

Fonte: Massive global cooling factor discovered ahead of paris climate talks

Traduzione a cura di Mauri Sesler (scientific translator)

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Mentre i leader mondiali si preparano a partire alla testa di Parigi per un nuovo accordo sul taglio delle emissioni di CO2, è emerso che non è che ci sia poi così tanta urgenza sulla questione, come si era pensato.

Un team di alto livello di cervelloni di chimica atmosferica dalla Francia e la Germania sostengono di aver individuato un nuovo processo attraverso il quale una grande quantità di composti organici volatili (VOC) vengono rilasciati nell’atmosfera dal mare – un processo che fino ad ora era del tutto sconosciuto, il che significa che i modelli climatici esistenti non ne tengono conto.

L’effetto dei VOC nell’aria è quello di raffreddare il clima, e quindi i modelli climatologici attualmente utilizzati tendono a prevedere un maggior riscaldamento di quello che si può effettivamente attendersi. Infatti, le temperature globali sono rimaste effettivamente stabili per più di quindici anni, una circostanza che non era stata prevista dai modelli climatologici e che la scienza climatologica sta ancora facendo fatica ad assimilare.

In sostanza, la nuova ricerca mostra che un VOC fondamentale, l’isoprene, non viene prodotto solamente da organismi viventi (per esempio le piante e gli alberi in terra e il plancton in mare) come era stato precedentemente ipotizzato. Viene prodotto anche nel “micro-strato” sulla superficie degli oceani dall’azione della luce solare sulle sostanze chimiche galleggianti – non essendo necessaria alcuna forma di vita. Ed è prodotto in questo modo in grandi quantità. Secondo un annuncio appena pubblicato dall’Istituto per la Ricerca Troposferica di Leibniz, che fa capo al governo Tedesco:

“Chimici dell’atmosfera di Francia e Germania, tuttavia, possono adesso dimostrare che l’isoprene può essere formato dalla luce del Sole senza aver bisogno di fonti biologiche nella pellicola di superficie degli oceani e così spiegare la grande discrepanza che intercorre tra le misurazioni sul campo e i modelli. La nuova reazione fotochimica individuata è quindi importante per il miglioramento dei modelli climatologici.”

I modelli globali attualmente registrano le emissioni totali di isoprene da tutte le fonti esistenti – alberi, piante, plancton, il lotto – e queste misurano circa 1,9 megatonnellate all’anno. Ma, secondo la nuova ricerca, il processo “abiotico” appena scoperto rilascia da solo più di 3,5 megatonnellate di isoprene – il che “potrebbe spiegare i recenti disaccordi” tra i modelli e la realtà.

“Siamo stati in grado per la prima volta di risalire al processo di produzione di questo importante precursore di aerosol a fonti abiotiche. Finora le misurazioni globali avevano la tendenza a considerare solamente fonti biologiche”, spiega il Dott. Christian George del laboratorio Francese dell’Istituto di Catalisi e Ambiente, a Lione.

I VOC come l’isoprene sono noti per essere un potente fattore climatologico, dato che possono causare la formazione di particelle di aerosol. Alcuni tipi di aerosol, per esempio le particelle nero fuliggine, tendono a riscaldare il pianeta: ma quelli che risultano dai VOC effettivamente lo raffreddano in maniera sostanziale, agendo come nuclei per la formazione delle nubi. E’ stato suggerito in precedenza che la produzione di composti organici volatili da parte delle foreste di pini potrebbe avere un feedback negativo così potente da “limitare il cambiamento climatico, impedendogli di raggiungere livelli tali che possano diventare davvero un problema in tutto il mondo.”

Con la scoperta del nuovo processo marino abiotico, l’idea che la riduzione delle emissioni di carbonio possa NON essere così urgente sta acquisendo sempre più forza. Questa è probabilmente una buona notizia, vedendo come è emerso di recente che gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio fino ad oggi stanno avendo lo sfortunato effetto collaterale di avvelenare noi tutti.

La nuova ricerca è stata pubblicata qui per gentile concessione della rivista colta Environmental Science and Technology, e come sottolinea l’Istituto Leibniz: “A causa della sua grande importanza, questo documento avrà libero accesso”.