Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 10 Febbraio 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=40513

 

La testimonianza di John Christy al congresso Usa del 2 febbraio u.s.

Premessa

Uno dei principali pilastri della teoria dell’Anthropogenic Global Warming (AGW) è costituito dai modelli climatici globali (GCM), modelli di simulazione dinamica di tipo deterministico basati sulla meccanica newtoniana della continuità e con i quali si ricostruiscono i climi del passato e si “prevedono” quelli del futuro.

La metrica con la quale si verificano oggi le prestazioni dei GCM è costituita dalle temperature al suolo, i cui dataset globali sono gestiti da grandi enti ed in particolare gli statunitensi NASA e la NOAA  e quelli britannici Hadley Centre e East Anglia University, i quali sulla scorta di questi dati hanno ad esempio affermato che il 2015 è stato l’anno più caldo da quando si fanno misure.

E’ indubbio tuttavia che l’uso dei dati da reti al suolo per verificare le prestazioni dei GCM soffra di tutta una serie di imitazioni legate in particolare al fatto che molte stazioni al suolo manifestano trend non climatici frutto ad esempio dei vistosi processi di urbanizzazione cui sono soggette le aree circostanti ai siti di installazione, processi che limitano talora in modo drastico la rappresentatività delle stazioni rispetto al global warming.

Si osservi inoltre che fra le cose più difficili da descrivere e prevedere per i modelli previsionali deterministici utilizzati per le previsioni a medio termine è il comportamento delle variabili meteorologiche  (temperatura, umidità, vento, radiazione, ecc.) all’interno degli strati limite (boundary layer) e cioè di quelli strati atmosferici che sono significativamente alterati dalle superfici sottostanti ed il cui spessore medio varia da pochi cm nel caso ad esempio di una foglia a alcune decine di metri nel caso di un campo coltivato a 1000 m circa se si considera il pianeta nel suo complesso. Se il problema sussiste per i modelli a breve e medio termine e che operano con riferimento a celle di lato di alcune decine di km, immaginate come il problema sia più avvertito dai GCM che operano su celle il cui lato è di alcune centinaia di km.

Sulla necessità di cambiare metrica per la verifica dei GCM spostandosi al di fuori dei Boundary Layers si è espresso in modo forte John Christy nella sua testimonianza al Congresso degli Usa resa il 2 febbraio scorso, disponibile nella versione scritta qui.

La metrica proposta da Christy per verificare i GCM

Christy ha in sostanza proposto di utilizzare a scopo di verifica dei GCM i dati relativi alla media troposfera (MT) misurati con i sensori satellitari MSU le cui misure sono a loro volta validate con i dati da radiosondaggio. Per inciso l’immagine in figura 1 mostra una validazione dei dati MSU relativi alla media troposfera eseguita con dati delle radiosonde Statunitensi e australiane e da essa si può dedurre una concordanza estrema fra le due fonti di dati.

Fig_1-Mariani_Christy
Figura 1 – Andamento dei dati da radiosonda e da satellite MSU per la media troposfera dal 1979 al 2005. Dati riferiti agli Usa e all’Australia.

 

Il risultato dell’applicazione della metrica proposta è illustrato in figura 2, sempre tratta dalla testimonianza di Christy e che illustra le temperature medie globali annue dal 1979 (anno d’inizio delle misure da satellite) simulate dai GCM utilizzati per l’ultimo report IPCC e misurate da satellite e da radiosonda. Come si vede i GCM indicano un incremento di 0.8°C (passando da 0.05 a 0.85°C) mente le misure appaiono in buon accordo fra loro e indicano un incremento di + 0.26°C (passando da 0.06 a 0.32°C) per il satellite e di +0.30°C (passando da 0.06 a 0.36°C) per le radiosonde. In sintesi l’incremento stimato con i GCM è rispettivamente di 3.1 volte (0.8/0.26) e di 2.7 volte (0.8/0.3) rispetto a quello misurato.

Fig_2-Mariani_Christy
Figura 2 – Andamento delle temperature globali fra il suolo e 15.000 m di quota misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (linea rossa). L’incremento delle temperature simulato dai modelli è più che doppio rispetto a quello misurato.

 

Gli stessi dati di figura 2 sono riproposti nella figura 3 ove vengono anche riportati gli andamenti dei singoli modelli. Infine la figura 4 riporta dati analoghi a quelli delle figure 2 e 3 ma riferiti alla media troposfera tropicale, quella che secondo le attese della teoria AGW dovrebbe presentare il famoso hot spot che dovrebbe costituire la pistola fumante del global warming antropogenico.

Fig_3-Mariani_Christy
Figura 3 – Andamento delle temperature globali per la media troposfera globale misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (la linea rossa spessa riporta la media di tutti i modelli mentre le singole linee indicano le performance dei singoli modelli).

 

Fig_4-Mariani_Christy
Figura 4 – Andamento delle temperature globali per la media troposfera tropicale misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (la linea rossa spessa riporta la media di tutti i modelli mentre le singole linee indicano le performance dei singoli modelli).

 

Da questi dati trae origine la radicale obiezione che Christy fa rispetto all’uso dei GCM come strumento regolatorio, uso che è stato ampiamente fatto in sede di COP21 quando si sono assunti come obiettivo i livelli atmosferici di CO2 che secondo i GCM dovrebbero dar luogo a incrementi delle temperature globali di 2°C ovvero di 1.5°C. Per inciso ricordo che l’uso di modelli a scopo regolatorio si è affermato con l’uso dei modelli diffusionali di inquinanti atmosferici ed in proposito c’è da domandarsi chi sarebbe oggi disposto ad utilizzare per scopi regolatori modelli che sovrastimano di 3 volte il livello degli inquinanti a una data distanza dalla sorgente.

Peraltro una sovrastima così rilevante si manifesta su una serie ormai molto lunga (37 anni) e dunque pone con forza il problema della parametrizzazione dei GM in uso ed in particolare della sensibilità alla CO2 che viene imposta ai modelli dai modellisti. In proposito si noti da figura 3 che un solo modello riproduce in modo accurato i dati con riferimento alla media troposfera globale ed è un modello russo. Penso che andare a vedere come questo modello lavora potrebbe essere istruttivo per capire cosa fare per migliorare le prestazioni dei GCM.

ALTRI ELEMENTI DELLA TESTIMONIANZA DI CHRISTY

Fra gli altri elementi chiave della testimonianza segnalo anzitutto l’analisi impietosa del sistema statunitense di finanziamento alle ricerche, che secondo Christy soffre di un gretto conformismo che impedisce di finanziare le linee di ricerca che sarebbero oggi più utili per chiarire i dubbi che ancora ci attanagliano e che impediscono ad esempio ai GCM di descrivere il modo realistico il comportamento del sistema climatico. Fra queste linee di ricerca, le  prioritarie secondo Christy sarebbero le seguenti:

(a) analisi delle evidenze in favore di una ridotta sensibilità del clima rispetto ai gas serra

(b) ruolo e importanza della variabilità naturale non forzata

(c) verifica rigorosa e indipendente degli output dei modelli climatici

(d) discussione approfondita sull’incertezza

(e) focus sull’accumulo di energia nel sistema climatico e sul modo migliore per monitorarla

(f) analisi delle principali conseguenze, benefici inclusi, dell’incremento di CO2

(g) importanza di fonti energetiche sostenibili e accessibili per la salute e il benessere umano.

In particolare l’ultimo di questi temi è da sempre caro a Christy che in gioventù si è molto occupato di cooperazione allo sviluppo e che contesta l’idea di imporre ai Paesi in via di sviluppo limitazioni miopi all’uso di combustibili fossili (ricordo ciò per averlo letto in una sua intervista di vari anni orsono).

Infine Christy nella sua testimonianza ha riportato una serie di dati relativi ai trend degli eventi estremi e che contestano l’opinione dominante circa l’aumento parossistico di tali fenomeni.  Due dei diagrammi mostrati da Christy sono riportati nelle figure 5 e 6. In particolare la figura 6 pone in evidenza un proxy d’eccezione e cioè il trend produttivo globale delle tre principali colture, la cui positività non si giustificherebbe a fronte di un clima fattosi più estremo e meno favorevole alle attività umane.

Fig_5-Mariani_Christy
Figura 5 – Frequenza delle ondate di caldo in USA espressa come numero medio di giorni con temperature superiori a 100°F per le 982 stazioni della rete climatologica storica degli USA.

 

Fig_6-Mariani_Christy
Figura 6 – Trend produttivo globale di mais, frumento e riso (rese unitarie in tonnellate per ettaro).