Nella giornata di ieri, il sito Climatemonitor.it ha pubblicato un lungo ed interessante articolo di Franco Zavatti. Ve lo ripropongo integralmente, anche se molti di voi non lo leggeranno in quanto veramente lungo, ma c’è una frase che ha attirto la nostra attenzione, ed è la seguente:

 

…Da notare anche il modo molto diverso con cui i livelli stratosferici “vedono” gli El Niño e il fatto che a 30 hPa la crescita di temperatura dovuta a questo fenomeno sembra avere un ritardo di circa un anno rispetto a quanto succede a 300 hPa…

 

Perché questa frase ha attirato la nostra attenzione?
Semplicemente perché una stratosfera molto calda favorisce le colate artiche a livello troposferico…. E sono sicuro che i molti meteo-appassionati avranno già iniziato ad intravedere una certa corrispondenza con quanto sta accadendo già ora in alzune zone del pianeta!

Buona lettura
Bernardo Mattiucci

 


 

Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 14 Aprile 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=41059

 

Questo post nasce dalla lettura dell’audizione di John Christy il 2 febbraio 2016. Christy parla di molti aspetti della questione climatica: previsioni dei modelli troppo lontane dai dati osservati, mancata osservazione dell’aumento degli eventi estremi, miglioramento della produzione dei cereali con la crescita della CO2, proposta di destinare una piccola parte (2-10%) dei finanziamenti statali a ricerche che studino aspetti del clima non trattati dall’IPCC.

Il primo di questi argomenti è sintetizzato nella figura 1 dell’audizione, riprodotta di seguito, dove è anche presente il confronto tra la media di 4 dataset da pallone (radiosonde montate su palloni stratosferici) e 3 dataset da satellite, tutti riferiti alla temperatura globale “bulk”, intendendo con questo termine la media troposfera (MT, tra 0 e 15 km di altezza). Nella figura viene anche riportato che i fit lineari di tutte le serie sono scalati in modo da avere il valore zero al 1979 (inizio dei dati da satellite).
Non avendo mai analizzato prima i dati da radiosonde, ho voluto concentrarmi su questo aspetto della figura e sul confronto fra dati.

 

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A proposito della figura 1 dell’audizione, nei giorni scorsi si è sviluppato uno scambio di opinioni (via twitter) tra Gavin Schmidt e Judith Curry (qui sul sito di JC), in cui si è inserito anche Bob Tisdale con un articolosu WUWT. C’è poi un commento di Roy Spencer qui. Questo post, i cui calcoli erano stati fatti prima, non riguarda la polemica sul confronto dati-modelli anche se leggere i tre articoli citati può essere istruttivo.

 

Ho scaricato i dati da pallone dal sito NOAA (ratpac-a) e quelli da satellite, UAHv6beta5, bassa e media troposfera, dal sito dell’Università dell’Alabama. Mentre i primi sono già disponibili come medie annuali su 13 livelli di altezza (da “Surf” a 30 hPa), ho calcolato io le medie annuali dei valori satellitari (in origine medie mensili): quindi ho usato una sola serie per tipo di strumento (la bassa troposfera di UAH è un di più) invece delle medie di 4 e 3 serie, palloni e satellite, rispettivamente, usate da Christy.

In fig.1 sono mostrate le temperature (anomalie) da radiosonde, relative a 5 livelli di pressione, per 4 delle 7 regioni geografiche in cui è articolato il dataset: emisferi nord e sud (NH e SH), tropici (TR) e globale (GL).

 

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Fig.1. Anomalia di temperatura in 4 delle 7 regioni disponibili. La regione tropicale usata qui è quella tra -30° e +30° di latitudine. Sono presenti anche le aree extratropicali nord e sud e quella tropicale tra -20° e +20°. Il salto improvviso tra i dati troposferici e stratosferici è in realtà una transizione continua. Per il livello detto “surf” (presumo a circa 1000 hPA) sono mostrati, in giallo, i fit lineari delle 3 parti (1958-1975; 1976-2000; 2001-2015) in cui ho diviso la serie. I valori numerici dei fit e figure più leggibili sono nel sito di supporto.

 

Dalla fig.1 si possono derivare alcune considerazioni: tutti i livelli, fino a 300 hPa (~9 km), di tutte le regioni geografiche mostrano una crescita continua della temperatura nei tratti ’76-’00 e ’01-’15 (nel periodo ’58-’75 c’è sempre decrescita); l’emisfero nord mostra un’accentuazione della pendenza nel periodo finale, incompatibile con quella del periodo precedente. Cioè, attorno al 2001 si vede una discontinuità (a salire) nella temperatura superficiale di questo emisfero. Vedremo nelle figure successive che, dal livello 250 hPa, si osserva un appiattimento (una pausa) nelle temperature dell’ultimo periodo. In tutte le regioni, con maggiore o minore intensità, si osservano gli El Niño 97-98 e 2010. I livelli stratosferici (da 100 a 30 hPa) hanno un comportamento nettamente diverso; dalla fig.1 sembra ci sia un salto improvviso ma possiamo immaginare, e intuire dalle figure successive, una transizione uniforme. Le temperature, fino agli anni ’70 circa, erano più elevate di quelle troposferiche, poi c’è stato un periodo di sostanziale uguaglianza con al suo interno un improvviso aumento (da qualche decimo a più di un grado) centrato nel 1982. Nel 1992-93 si osserva una diminuzione di temperatura quasi uguale in tutte le regioni (tra 0.6 e 07 °C) per il livello 100 hPa, e una discesa più articolata per il livello 30 hPa (tra 1°C e quasi 2°C). Da notare anche il modo molto diverso con cui i livelli stratosferici “vedono” gli El Niño e il fatto che a 30 hPa la crescita di temperatura dovuta a questo fenomeno sembra avere un ritardo di circa un anno rispetto a quanto succede a 300 hPa. Ancora, 30 hPa mostra una diminuzione continua, a partire dal 1994-96, in tutte le regioni tranne, forse, nell’emisfero sud.

Per chiudere i commenti alla fig.1, devo dire che non ho notizie di “karlizzazione” (cioè modifiche più o meno arbitrarie) applicata ai dati delle radiosonde.

Confronto con UAH
Parafrasando quanto fatto da Christy nella fig.1 dell’audizione, ho scalato tutti i dati (pallone e satellite) in modo che fosse nulla l’anomalia del 1979 (inizio dei dati satellitari). Questa procedura presta il fianco a differenze generate dalle oscillazioni dei singoli dati e Christy, per evitare queste differenze, azzera al 1979 i fit lineari dei dati mediati su 5 anni: in ogni caso, nel sito di supporto sono disponibili i miei grafici senza azzeramento al ’79. Ho poi confrontato le medie annuali delle due serie relative alla media troposfera in fig.2 (pdf).

 

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Fig.2. Questa figura, come le tre successive, va letta dal basso all’alto. b) Confronto tra UAH-MT (linea viola spessa) e alcuni livelli tropo- e strato- sferici dei dati da pallone. I dati satellitari si collocano tra i livelli 250 e 300 hPa. a) come b), semplificato. Si nota che, a differenza del livello “surf”, il livello 250 hPa mostra una pausa nella temperatura dopo il 2000.

 

I dati satellitari sono una combinazione degli strati tra 0 e 15 km (Christy, audizione) e si collocano nettamente tra i livelli da pallone con pressione maggiore: negli anni più recenti tra 250 e 300 hPa, ma anche, in anni passati, vicini ai livelli 850 hPa e Surf. Di certo dopo El Niño 97-98 si osserva un allontanamento crescente tra UAH e Surf; questi ultimi (i dati Surf ma anche quelli a 850hPa) mostrano una sensibilità agli El Niño 97-98 e 2010 più bassa rispetto a quella degli altri livelli.

Gli stessi dati da pallone sono confrontati con le anomalie satellitari per la bassa troposfera (LT) in fig.3 (pdf) e mostrano caratteristiche generali simili ma con valori più vicini al livello 300 hPa, rispetto a quelle della media troposfera in fig.2.

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Fig.3. Come fig.2, relativamente ai dati UAH per la bassa troposfera (LT). La scritta “zero79” indica che le anomalie sono scalate in modo che valga zero il valore del 1979. Lo stesso vale per la precedente fig.2. Questi grafici, senza scalatura, sono visibili nel sito di supporto.

 

In conclusione, i dati dei palloni stratosferici confermano quelli satellitari di media e bassa troposfera anche se sono presenti differenze di circa 0.2 °C in alcuni intervalli temporali, ad esempio tra il 1992 e il 1996.

Confronto con i dati NOAA
I dati “Surf” delle radiosonde sono diversi dai dati da satellite, credo per ovvi motivi di quota. Per gli stessi motivi, quindi, questi dati dovrebbero essere direttamente confrontabili con i dati di superficie, ad esempio con le anomalie medie annuali di NOAA-NCEI (“karlizzate” per antonomasia,visto che T.R. Karl è il direttore di NOAA).
Il confronto tra i dati annuali NOAA e i dati “Surf”, insieme ad altri 2 o 3 livelli, è in fig.4 (pdf) dove, in a), a NOAA sono stati sottratti 0.15 °C.

 

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Fig.4. b) Confronto tra le anomalie medie annuali NOAA (globali, terra+oceano) e alcuni livelli da pallone. I dati NOAA (linea viola spessa) sono quasi sistematicamente più alti dei dati “Surf” (linea nera sottile). a) come b), semplificato e con NOAA diminuito di 0.15 °C.

 

Dalla figura emerge non solo la necessità di sottrarre alle anomalie NOAA circa 0.15 °C per rendere simili due grafici che per natura dovrebbero già essere simili, ma anche un sistematico ritardo di un anno di questi ultimi dati rispetto ai dati da pallone. La correzione del ritardo si apprezza meglio in fig.5 (pdf) dove sono graficati solo NOAA e Surf.

 

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Fig.5. Confronto NOAA e Surf: in b) i dati non modificati e in a) ai dati NOAA sono stati sottratti 0.15°C alle ordinate e 1 anno alle ascisse.

 

Se osserviamo la fig.2 o la fig.3 vediamo che tra dati UAH e radiosonde non è presente alcun ritardo e che le differenze in temperatura sono spiegabili (almeno concettualmente) con differenze di altezza. Nel caso di NOAA, gli 0.15°C sottratti (potrebbero essere 0.17 o 0.18 ma non cambierebbe nulla) sono del tutto arbitrari, e il ritardo di un anno è inspiegabile, almeno per me.

Domanda retorica finale: perché con i dati NOAA c’è sempre qualcosa che non va?

Tutti i grafici e i dati relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui