Il sole nel mese di giugno, come avevamo anticipato qualche giorno fa, è sceso a livelli molto bassi. Il SSN (SunSpot Number) ha raggiunto soltanto una media mensile di 20,9. Ciò significa che è stato raggiunto soltanto il 27% dei livelli medi di attività solare per quanto riguarda il 91° mese di tutti i cicli catalogati fino a questo momento.
Sicuramente un record, dal momento che in nessuno dei precedenti cicli, si era verificato un così debole numero di macchie solari per quello che risulta il 91° mese di tutti i cicli catalogati. L’ultima posizione era stata occupata fino al mese scorso dal ciclo 14, ma con un maggior ampio margine (SSN = 39), ciclo che è durato ben 12 anni, dal 1902 al 1914. Nel mese di giugno 2016 sono inoltre stati osservati 9 giorni senza alcuna macchia sulla superficie del sole (spotless). Ciò ha consentito un crollo piuttosto impressionante mostrato nel seguente grafico:
Fig. 1: L’andamento dell’attività mensile delle macchie solari nel SC24 (Ciclo Solare = SC, linea rossa) rispetto al ciclo medio (linea blu), calcolato in base alla media dei cicli 1/23 (linea blu) nell’ultimo periodo risulta simile al SC 5 (linea grigia).
Inoltre il sole non è mai stato così poco attivo se paragonato a tutti i cicli passati. Il confronto dell’attività solare, riassunto nei singoli cicli col mese corrente. Si nota una consistente caduta delle macchie solari:
Fig. 2: Le anomalie delle macchie solari accumulate dalla media (linea blu nella figura 1.) di ogni ciclo.
Il nostro attuale SC24 risulta così molto debole! Inferiori al SC24 risultano soltanto il SC5 e il SC6, che riconducono al minimo di Dalton, minimo durato 40 anni, dal 1790 al 1830. Come potrebbero essere le previsioni future?
L’aggiornamento dei campi polari solari nei dati di giugno 2016 risultano leggermente diversi rispetto al passato:
Fig. 3: La quantità mediata e lisciata dei campi solari polari (linea arancione) e la quantità nella differenza tra i poli (linea nera) espresso in Centi Gauss (CG).
È da notare che attualmente la media dei campi polari risulta alta circa come nel minimo del ciclo 23. Secondo la legge attualmente in nostra conoscenza e consolidata nel tempo, indica che il prossimo SC25 potrebbe avere la stessa forza del SC24. La differenza tra i campi polari è comunque attualmente così alta (64 CG) come non è mai stata prima dall’inizio della raccolta dei dati, iniziata nel maggio 1976. Se osserviamo più da vicino, possiamo vedere che la curva nera in confronto a quella arancione in Fig.3, rivela ancora una peculiarità: Fin dall’inizio delle osservazioni la differenza dei campi solari polari non è mai stata di così lunga durata, di molto superiore alla media. Molto accuratamente risolta nel tempo (nei dati originali con intervalli di 10 giorni) può cristallizzarsi, con la durata di questo fenomeno nel SC24 maggiore almeno di 3 volte come precedentemente registrato nei cicli 21 22 e 23.
Se le grandi e durature differenze rimarranno tali nelle zone polari, come nel SC24, che impatto avranno sul futuro dell’attività solare? È un segnale che la “dinamo solare”, che è la responsabile della formazione delle macchie solari, è ormai fuori fase? Staremo a vedere.
Spunto tratto da: kaltesonne.de
Gli autori del qui tradotto articolo, i Prof. Frank Bosse e Fritz Vahrenholt, ci descrivono l’andamento di questo SC24 come di un ciclo che potrebbe avere delle forti ripercussioni in negativo dovuti in prevalenza alla debolezza dei campi polari magnetici della nostra stella, e verosimilmente ai cicli futuri oltre che alla debolezza della dinamo solare.
In varie occasioni, con articoli pubblicati qui su Attività Solare, vi abbiamo più volte parlato del problema dei campi polari solari e della sua asimmetria che hanno assunto i due emisferi solari.
Sappiamo da studi accademici di come una bassa attività nel massimo del ciclo solare, anche di un solo emisfero, non possa creare i presupposti per un avanzamento regolare del ciclo stesso. Questo perché la migrazione verso i poli dei campi magnetici solari (ms-1), dipende esclusivamente dalla forza che assume la stessa attività solare.
Per quantificare l’attività solare, prendiamo come riferimento una quantità variabile indipendente della somma del numero medio annuale di Wolf, a partire da un minimo di attività (inizio ciclo), fino all’inversione magnetica del Campo Polare, con il massimo numero di Wolf, (Wmax).
Da studi accademici sulle dinamiche solari condotti dai blasonati astrofisici russi Makarov, Tlatov e Callebaut, essi sono arrivati alla conclusione che la velocità di migrazione verso i poli dei campi magnetici solari, subisce un ulteriore rallentamento quando si crea l’asimmetria emisferica. Da questo punto nascono cicli più lunghi del normale, quindi di conseguenza risultano più deboli, con un trasferimento verso i poli che avviene in maniera rallentata rispetto ai cicli solari classici di circa 0.7 ms-1.
In questi casi, il campo magnetico solare migra verso latitudini polari impiegandoci più di 20 anni e questo lungo processo determina poi la lunghezza di un ciclo solare. Secondo Beer et al. (1998), l’intensità del ciclo solare determina il tasso di migrazione verso i poli determinandone anche la latitudine che il confine zonale raggiungerà. Maggiore sarà il numero di Wolf, (macchie solari) maggiore sarà la latitudine che viene raggiunta. Secondo Makarov e Callebaut (1999), il minimo di intensità del ciclo solare per l’inversione magnetica richiede un conteggio di Wolf max ~ 40 ± 10. Secondo Hoyt e Schatten (1998), Nagovitsyn (1997) il numero di Wolf massimo è stato notevolmente inferiore di 40 tra il 1640 e il 1715 nel più famoso minimo solare che si conosca… Il minimo di Maunder. Sarà così anche nel prossimo SC25?
Per concludere, se questa situazione di scarsa attività solare, dovuta principalmente dall’asimmetria dei due emisferi solari e alla dinamo solare, dovesse proseguire ancora molto a lungo, cosa molto probabile, questa carenza magnetica del sole potrebbe essere utilizzata per dare una definizione per l’arrivo di un possibile profondo minimo solare nei prossimi decenni.
Enzo
Attività Solare