Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 24 Luglio 2018
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=48916

In un comunicato stampa del 19 luglio 2018 Coldiretti, citando dati di fonte NOAA-NCDC, scrive che il primo semestre del 2018 sarebbe il quarto più caldo (“più bollente”, si dice nel comunicato) dal 1880.

Per verificare tali indicazioni ho consultato altri dataset internazionali raccogliendo il tutto nella tabella 1, in cui ho dovuto inserire dati da dicembre a maggio per il dataset HADcrut4, che a oggi è aggiornato a maggio. Come si può vedere il 2018 è al terzo posto secondo NASA-GISS, al quarto secondo NCDC-NOAA e all’ottavo secondo  HADcrut4 e MSU-UAH. Si rammenta che quest’ultima serie proviene da dati satellitari ed è riferita alla bassa troposfera mentre le altre tre serie sono ricavate da dati superficiali.

Coldiretti inoltre cita dati CNR ISAC secondo cui il primo semestre 2018 sarebbe il terzo più caldo dal 1800. Al riguardo ho analizzato le serie storiche NOAA GSOD di 202 stazioni riferite all’area italiana per il periodo 1973-2018, ottenendo i dati riportati in tabella 2. Si nota che per quanto concerne le temperature medie delle medie il 2018 è al sesto posto con 12,28°C, superato da 2014, 2007, 2017, 2016, 2001. Per quanto concerne invece le temperature medie delle massime il 2018 è al terzo posto superato da 2014 e 2016 ed infine Per quanto concerne infine le temperature medie delle minime il 2018 è all’undicesimo posto.

Tabella – Classifica dei primi semestri più caldi per 4 serie termiche globali.

(*) anomalia rispetto alla media dell’intera serie

(**) anomalia rispetto alla media 1961-1990

(***) anomalia rispetto alla media 1951-1980

(****) anomalia rispetto alla media 1910-2000

Tabella 2- Classifica dei venti primi semestri più caldi a livello italiano dal 1973 al 2018. Si riportano le medie delle temperature massime (TX), minime (TN) e medie (TD). Elaborazioni su dati di 202 stazioni delle rete NOAA-GSOD.

Ma il 2018 è stato segnato in Italia anche – sottolinea Coldiretti – “da intense precipitazioni con nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate che hanno colpito i a macchia di leopardo la Penisola durante il semestre. L’estate è infatti iniziata – precisa la Coldiretti – con la caduta del 124% di pioggia in più a giugno dopo che la primavera ha fatto segnare una anomalia del +21% rispetto alla media storica, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. Sono gli effetti – sottolinea la Coldiretti – dei cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo. Uno sconvolgimento che impatta duramente sull’attività agricola. Dall’inizio dell’anno – conclude la Coldiretti – sono oltre mezzo miliardo i danni provocati dal maltempo all’agricoltura con coltivazioni distrutte, alberi abbattuti e aziende allagate, ma anche corsi d’acqua esondati, frane e smottamenti che fanno salire ad oltre mezzo miliardo il conto dei danni provocato all’agricoltura italiana dall’inizio dell’anno.”

Rispetto a queste affermazioni non ho molto da dire in quanto trovare dati su “trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate” non è affatto banale. Mi limito a segnalare che alle medie latitudini trombe d’aria, rovesci (le bombe d’acqua non esistono!) e grandinate sono da che mondo è mondo il portato della stagione estiva e che si tratta di fenomeni legati ai cumolonembi temporaleschi, per loro natura distribuiti a “macchia di leopardo”. Mi fa piacere poi apprendere che “i cambiamenti climatici in atto si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo.” perché sono le stesse cose di cui si lamentava Giovanni Targioni Tozzetti nel 1767.

Osservo infine che secondo il bollettino mensile di JRC-MARS emesso a giugno 2018 (https://ec.europa.eu/jrc/sites/jrcsh/files/jrc-mars-bulletin-vol26-no06.pdf) le produzioni agricole 2018 per l’Italia sono stimate su livelli superiori alla norma per il grano tenero e nella norma per grano duro, orzo, mais, soia e girasole, il che vorrà pur dire qualcosa.