Di Maurice Newman – 10 Novembre 2018
A chi o a cosa credere? Dopo 50 anni di previsioni fallite, le persone stanno iniziando a ragionare sul fatto che dietro questo allarmismo c’è qualcosa di diverso dalla scienza.
Lo scorso settembre i soliti media di parte hanno avuto notizia di un altro rapporto intergovernativo sulla relazione dei cambiamenti climatici. Per chi ha familiarità con questo argomento, era ovvio dai titoli di “fire and brimstone” che non importava quanto insignificante fosse l’assenza di ondate di calore, siccità, uragani e inondazioni. Questo è il solito periodo di addolcimento, inteso a garantire che quando arriva un terrificante rapporto dell’IPCC, i politici saranno spinti a compiere azioni ancora più drastiche sul “cambiamento climatico”.
E così avvenne. Il mese scorso, i “principali scienziati del clima” del mondo hanno confermato che ci sono rimasti solo 12 anni per mantenere il riscaldamento globale ad un massimo di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.
Debra Roberts, una co-presidente del gruppo di lavoro sugli impatti, afferma: “È una linea nella sabbia e quello che dice alla nostra specie è che questo è il momento che dobbiamo agire subito.” Anche un mezzo grado in più significherebbe peggiorare il rischio di siccità, inondazioni, calore estremo e povertà per centinaia di milioni di persone. Caspita! Sono passati solo tre anni da Parigi, quando siamo stati certi che 2 °C potrebbero salvare il pianeta. Qual’è il prossimo?
Sono passati oltre 10 anni da ciò che disse il principe Carlo. Nel 2008 avvertì che “il mondo affronta una serie di disastri naturali entro 18 mesi, a meno che non venga intrapresa un’azione urgente per salvare le foreste pluviali”. Un decennio più tardi, in una testimonianza antecedente al Congresso degli Stati Uniti, Roger Pielke Jr, professore di studi ambientali presso il Centro per la ricerca scientifica e tecnologica, Università del Colorado, contraddisse Charles, affermando che era “fuorviante, e semplicemente scorretto, sostenere che disastri associati a uragani, trombe d’aria, inondazioni o siccità sono aumentati in termini di clima”.
Ma poi nel 2011 l’Agenzia internazionale per l’energia, dopo “una analisi ancora più approfondita”, avvertì che altri cinque anni di sviluppo convenzionale avrebbero reso impossibile mantenere il riscaldamento globale a livelli di sicurezza. Le prospettive per combattere il pericoloso cambiamento climatico sarebbero “perse per sempre”. Bene, ora, nella tradizione di orizzonti sempre nuovi, l’IPCC ci offre altri 12 anni per agire.
Gli scenari catastrofici non sono nuovi. Negli anni ’60 e ’70, il raffreddamento globale creato dall’uomo era la moda. Nel 1971, il professore della Stanford University Paul Ehrlich annunciò: “Entro il 2000, il Regno Unito sarà semplicemente un piccolo gruppo di isole impoverite, abitate da circa 70 milioni di persone affamate.” Ehrlich è ora un sostenitore.
Chi o a cosa credere? Dopo 50 anni di previsioni fallite, le persone stanno ragionando sul fatto che dietro questo allarmismo c’è qualcosa di diverso dalla scienza. E quel qualcosa è l’ONU. Cos’altro? La sua portata globale, i suoi corridoi di retroguardia e la sua duplicità gli hanno permesso di costruire un’industria incontrastata di 1,5 trilioni di dollari di prigionieri politici, scienziati, giornalisti, capitalisti clientelari e attivisti di organizzazioni non governative inclini al globalismo attraverso il sentimento anti-occidentale e il trasferimento di ricchezza.
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Fonte: GWPF