Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 01 Febbraio 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=50163

Tra lo stupore generale, nell’emisfero nord è inverno e in quello sud è estate. Proprio questa mattina, infatti, durante la rassegna stampa radiofonica che mi è capitato di ascoltare, ci si domandava come fosse possibile che, al tempo stesso, faccia freddo, molto freddo, e caldo, molto caldo, negli Stati Uniti e in Australia. Accidenti alla sfericità del pianeta e all’inclinazione del suo asse di rotazione sul piano dell’orbita attorno al sole. Accidenti alle stagioni.

Ultimo fulgido esempio quindi del diffuso analfabetismo funzionale che ormai tutti ci pervade non già nell’ostica e complessa materia climatica, quanto piuttosto nella più accessibile, quanto ahimè ormai dimenticata geografia astronomica, vecchia cara materia delle scuole medie inferiori, ormai credo abbandonata in favore di una molto più impegnata consapevolezza ambientale che si vorrebbe inculcare ai nostri giovani senza però fornir loro le basi del mestiere.

Comunque, che è tutto sto freddo negli USA? Ma come, non lo sapete? E’ il famigerato #Polarvortex (ormai si capisce solo se in forma di hashtag…), che ruggisce più forte di quanto Madre Natura gli habbia mai concesso di fare. E di chi è la colpa? Semplice, ha stato il global warming! Corre voce infatti nelle alte sfere climatiche, dove si abbeverano le alte sfere mediatiche, che sì, il gelo negli USA e, in misura più compostamente europea, anche il freddo da noi, siano imputabili al Sudden Warming Stratosferico dei primi giorni di quest’anno, e questo è normale. Ma, attenzione, a causa del riscaldamento dell’artico, opportunamente colorato di rosso nelle mappe anche se è comunque 2/3 decine di gradi sotto zero, questi eventi di SSW sarebbero più frequenti, esacerbando e rendendo più probabili anche le conseguenti ondate di freddo per le medie latitudini. Parafrasando non senza un certo ribrezzo il virgolettato di un noto esperto di qualche giorno fa, la stratosfera si scioglie e l’aria gelida scende fin sul Mediterraneo.

Come sempre accade nel mondo dei numeri – già, clima, tempo e loro derivati si misurano ricordate? – certe cose si possono verificare con la conta. A volte è semplice, a volte meno, perché man mano che si scoprono cose nuove del nostro mondo, si fa più complesso il problema di capire come fossero quando ancora non le conoscevamo. Nella fattispecie però non è difficile, perché le ondate di freddo lasciano il segno e i dati, almeno per l’era moderna, sono effettivamente disponibili.

E così, et voilà, direttamente dal blog di Roy Spencer  e con lo zampino di John Christy, due che su clima e dintorni stanno con i piedi per terra, ecco la serie storica delle incursioni del #Polarvortex negli USA.

Urka! In netto declino da quando le si può contare. E, se proprio volete fare i pignoli, visto che anche la diminuzione dei ghiacci artici (il maggiordomo colpevole) la misuriamo dalla fine degli anni ’70, in declino pure da allora.

E quindi? Bè, quindi è chiaro, il collegamento tra la diminuzione del ghiaccio e il vagabondaggio del freddo non sta in piedi, neanche con le stampelle. Possibile che nessuno si sia preso la briga di dare un’occhiata ai numeri? Pare proprio di sì, del resto a mettere in piedi teorie e a venderle ai media assetati di sangue si fa in un attimo, non è necessario che siano anche realistiche. Tornano comunque utili, come giustamente twitta una politica USA molto impegnata nei temi economici, ovvero nell’ultima frontiera del clima, il portafoglio altrui:

Eppure, a guardar bene il grafico, un segnale climatico c’è, perché in un pianeta che si scalda (che lo faccia perché c’è un interglaciale, perché il sole ci mette il suo o perché ce lo abbiano messo i suoi abitanti), è abbastanza logico che possano diminuire gli eventi di freddo intenso, naturalmente senza trascurare vari cigni neri. Ma, in chiave ha stato il global warming, come si fa a trarre vantaggio mediatico da una terribile ondata di freddo dicendo che comunque stanno diminuendo? Troppo poco spaventevole. Inoltre, qualcuno potrebbe anche pensare che, vabbè, meno male che c’è il global warming… Meglio, molto meglio, ricordare che in un mondo dove effettivamente ancora non ci abbiamo capito niente, qualunque cosa accada è climate change. Buono per il freddo, il caldo, la pioggia, la siccità, il vento etc etc etc…

I numeri gente, leggete sempre i numeri!

Enjoy.

Disclaimer. Per semplicità ho fatto ricorso al termine #Polarvortex. Non me ne vogliano gli amici di CM: il Vortice Polare è diversi km sopra il freddo negli USA e i -40 o 50° che si leggono sui giornali sono wind chill, non misure di temperatura. Il wind chill, inutile al pari del tormentone estivo sulla temperatura percepita, misura infatti la perdita di calore. Ergo, leggete sempre i numeri sì, ma diffidate di chi, evidentemente, dà i numeri, forse perché ha preso troppo freddo 😉 .