Di Alessandrodecet – 27 Novembre 2011
El Niño-Oscillazione Meridionale, conosciuto anche con la sigla ENSO (El Niño-Southern Oscillation), è un fenomeno climatico ricorrente che si verifica nell’Oceano Pacifico centrale in media ogni cinque anni, ma con un periodo variabile di tre anni. Ogni 2-7 anni, questo disturbo climatico porta inondazioni in California, la siccità in Australia, e la carestia in Africa.
Conosciuto come El Nino, è essenzialmente un riscaldamento delle acque superficiali nel Pacifico orientale vicino all’equatore, che avviene proprio in corrispondenza di un’area in cui convergono tre placche tettoniche e quindi di intenso vulcanismo sottomarino.
Anche se gli scienziati comprendono i meccanismi di El Nino, le sue origini sono ancora da determinare.
La maggior parte crede che l’interazione tra l’atmosfera e il mare genera “in qualche modo” questo disturbo climatico che semina il terrore su quelle regioni del mondo che si trovano sul suo cammino.
Ma ora una nuova teoria sulle origini di El Nino è stato proposto e, sorprendentemente, ha poco a che fare con l’atmosfera o nel mare della quale le evidenze sembrano dimostrare alcuna correlazione concreta. La nuova teoria suggerisce che il motore principale dietro El Nino è il magma incandescente che zampilla tra le placche tettoniche del Pacifico mare-terra.
Il magma in risalita riscalda le acque sovrastanti sufficientemente per influenzare la superficie dell’oceano, e avviare la cascata di eventi che porta a l’ira di El Nino.
I punti rosso-caldi sopra l’equatore potrebbero essere tranquillamente il calore emesso dalle attività vulcaniche sottomarine.
Un motivo per cui El Nino avviene con una maggior ciclicità rispetto a decenni prima, potrebbe stare nel fatto che con l’indebolimento del campo magnetico terrestre all’interno del nostro pianeta le correnti magmatiche tendono a risalire con maggior velocità lungo l’equatore, non solo influenzando il vulcanismo e l’attività sismica lungo l’equatore ma anche alle medie latitudini fino all’Islanda, come ho evidenziato più volte trovando una notevole corrispondenza tra le attività di El Nino in crescita e decrescita e le eruzioni dei vulcani islandesi.
Il motivo per cui il magma risalirebbe verso l’equatore e le medie latitudini sta nel fatto che la Terra ruotando è più schiacciata ai poli e maggiormente espansa all’equatore, le correnti convettive del mantello potrebbero funzionare allo stesso modo.
Per dimostrare questa teoria uso come esempio il vulcano Tambora che nel 1815 esplose in una colossale eruzione, responsabile nel 1816 dell’Anno Senza Estate, ebbene nel 1814, l’anno prima ci fu un fenomeno di El Nino, quindi se la teoria fosse errata non troverei corrispondenze al massimo di un anno di fenomeni di El Nino, durante le successive eruzioni di questo vulcano.
Nel 1819 il vulcano ebbe un’altra piccola eruzione (VEI = 2), e in quello stesso anno vi fu un fenomeno di El Nino.
Un’altra eruzione si ebbe nel 1967, e fu preceduta l’anno prima, nel’66 da un fenomeno di El Nino.
Il vero fattore di El Nino si trova sotto le placche tettoniche ed è anche in grado di dar origine a nuovi vulcani.
Un’esempio lo troviamo in Messico nella nascita del vulcano Paricutin.
Questo vulcano nacque nel 1943,durante un periodo di El Nino e l’eruzione lavica durò per ben 9 anni.
L’eruzione durò 9 anni e la lava avanzò per una decina di chilometri, non ci furono vittime perché la popolazione ebbe sufficiente tempo per mettersi in salvo, ma seppellì due centri abitati: Paricutín e San Juan Viejo Parangaricutiro (Parhikutini e Parangarikutirhu in purépecha). Il primo fu totalmente cancellato: vicinissimo al punto in cui si trovava c’è ora il cratere del vulcano; del secondo resta visibile solo la torre sinistra della facciata della chiesa e la parete posteriore con l’altare.
Un altro esempio lo troviamo con la nascita di Surtsey, dalle profondità dell’oceano Atlantico.
L’eruzione vulcanica che la formò, iniziò a 130 metri sotto il livello del mare e raggiunse la superficie il 14 novembre 1963. L’eruzione probabilmente iniziò alcuni giorni prima e durò fino al 5 giugno 1967, quando l’isola raggiunse la sua massima estensione pari a 2,7 km².
Nel 1963 vi fu anche un evento di El Nino, che seppur di bassa intensità, la sua presenza prova ancora una volta questa correlazione tra El Nino e il vulcanismo sottomarino.
Le eruzioni sottomarine che hanno creato Surtsey sono parte del sistema vulcanico sottomarino Vestmannaeyjar (in islandese: isole dell’uomo dell’ovest) facente parte della Dorsale Medio Atlantica, una immensa fenditura del fondale marino lungo la quale si verificano numerosi fenomeni sismici e vulcanici.
Le eruzioni di Surtsey proseguirono fino al 1965, anch’esso un anno di intenso El Nino, e terminò nel 1967, quando ormai El Nino si era esaurito.
Probabilmente il momento in cui avviene El Nino, corrisponde alla maggior probabilità di intense attività vulcaniche, che sia debole, modesto o forte, anche se talvolta la pressione magmatica all’interno di un vulcano può rimanere tale fino a quando non sopraggiunge anche una Nina.
Un’altra corrispondenza di un anno la possiamo trovare con la nascita dell’isola di Ferdinandea nel 1931, tale eruzione fu preceduta nel 1930 da un El Nino, e lo stesso fenomeno si verificò alla fine dell’anno quando nel 33-34 vi fu un’altra intensa attività di El Nino.
El Nino sembra essere un vero e proprio motore di origine magmatica che periodicamente, da il via a forti attività vulcaniche riscaldando i mari e generando potenti eruzioni sulla terraferma, dando origine dal fondale anche a nuove isole di origine vulcanica come Surtsey.
Una volta che il mare si riscalda avvengono tutti i cambiamenti climatici conosciuti come siccità in alcune aree, e alluvioni in altre causate da un’intensa evaporazione della superficie marina che ricade sottoforma di precipitazioni piovose o nevose, dipende dal posto.
I forti El Ninos della Piccola Era Glaciale sono stati probabilmente i responsabili dell’avanzata dei ghiacciai montani e Groenlandesi.
E se andassimo ancora più indietro nella storia sembrerebbe certo che la presenza di 3 chilometri di ghiaccio sul Nord America e sull’Eurasia furono provocati dal caldo quanto che dal freddo.
Il calore causa una massiccia evaporazione, ma per causare una simile evaporazione per formare gli strati di ghiaccio delle glaciazioni l’intero fondale marino sarebbe dovuto essere inondato da enormi colate di roccia fusa che si sarebbero sovrapposte strato su strato, raffreddandosi a causa della bassa temperatura del fondale, e venendo a loro volta ricoperte da colate di lava rovente, che avrebbe riscaldato gli oceani al punto critico.
Ovviamente non si tratta di El Ninos come quelli di oggi, nemmeno come quello del 1998,ma probabilmente furono tanto forti da sconvolgere anche i vulcani della terraferma che coprendo il cielo con dense nubi di cenere, avrebbero convertito il vapore emesso in piogge torrenziali lungo l’equatore, e nevicate eccezionali alle zone polari e quelle temperate, senza tale meccanismo difficilmente si sarebbero avute le glaciazioni.
La neve si converte in ghiaccio, sotto il suo stesso peso, una volta superati i 30 metri di spessore.
L’Antartide e la Groenlandia sono la prova lampante del calore che ha preceduto le glaciazioni, ricoperti come sono da 5 chilometri di ghiaccio, sebbene ancora oggi siano tra le aree più aride del pianeta.
Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/El_Ni%C3%B1o
http://www.platetectonics.com/book/page_20.asp
http://sharpgary.org/1817-1863.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Mount_Tambora
http://sharpgary.org/1953-1966.html
http://sharpgary.org/1930-1952.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Par%C3%ADcutin
http://sharpgary.org/1953-1966.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Surtsey
http://sharpgary.org/1817-1863.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Isola_Ferdinandea