PREMESSA DI ATTIVITÀ SOLARE: Ancora una volta, la realtà dei fatti risulta essere DIVERSA da quanto presentato in TV e sui media con documentari, dichiarazioni degli esperti e quant’altro. Ancora una volta ci si ritrova a dover rettificare le enfatizzazioni “riscaldiste” secondo le quali l’essere umano è la causa principale di qualunque evento climatico viene registrato negli ultimi decenni. Tale comportamento, oltre ad essere palesemente antiscientifico in quanto NON SUPPORTATO concordemente da dati reali, risulta anche fuori luogo e alquanto IRRITANTE… quasi OFFENSIVO… in quanto cerca in ogni modo di far passare per “deficienti” i lettori che si aspettano ONESTÀ INTELLETTUALE da quanti si dichiarano SCIENZIATI, ESPERTI e DOCUMENTARISTI SCIENTIFICI.

Bernardo

Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 15 Giugno 2017
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=44778

 

Contributo laico alla giornata mondiale degli oceani

Non m’intendo di biologia marina se non per aver seguito tantissimi anni fa le lezioni del professor Davide Calamari che nel suo corso universitario di zoologia trattava con molta passione tale tema parlando ad esempio dell’enorme potere tampone degli oceani. Tuttavia come cittadino sensibile alle tematiche ambientali sono da tempo preoccupato per l’acidificazione degli oceani ed il mio livello di preoccupazione è ulteriormente salito (i) dopo aver seguito su Focus i documentari di David Attenborough sulla barriera corallina, nei quali il documentarista londinese accusava la CO2 antropica e le elevate temperature dell’oceano di mettere a repentaglio la vita dei coralli e (ii) dopo aver letto un articolo uscito sul Corriere dell’8 giugno scorso dedicato alla giornata mondale degli oceani e che presentava l’emblematico titolo “L’acido minaccia il mare: a rischio coralli, plancton e tutta la catena alimentare”.

Ho pensato pertanto che sia utile segnalare ai lettori di CM alcune serie storiche del pH oceanico che ho reperito e che mi paiono particolarmente interessanti.

Anzitutto una serie della NOAA riferita alle Hawaii e che potremmo definire “da manuale” (figura 1). In essa si nota la CO2 in atmosfera (linea rossa – serie di Mauna Loa)e nelle acque superficiali oceaniche (linea verde) e l’andamento del pH delle acque oceaniche stesse che dal 1988 ad oggi scende di 4 decimi (da 8.10 a 8.06).

 

Figura 1 – Serie storica di CO2 atmosferica e oceanica e pH oceanico alla Hawaii.

 

Sullo stesso sito della NOAA ho trovato anche molte serie storiche di pH da boe o altri sistemi di monitoraggio e che mostrano andamenti assai diversi l’una dall’altra. Un esempio è riportato in figura 2 ed è riferito alla serie 2007-2017 della stazione su boa Papa, nell’Oceano pacifico (50.1 N, 144.9 W – ) che all’analisi visuale appare del tutto priva di trend.

 

Figura 2 – Serie storica di pH rilevata dalla boa oceanica Papa, gestita da NOAA in collaborazione con ricercatori canadesi (https://www.pmel.noaa.gov/co2/story/Papa)

 

Infine dall’articolo “Decadal variability in seawater pH in the West Pacific” di Wei et al., 2015 traggo poi il terzo diagramma di pH oceanico superficiale (figura 3) ottenuto analizzando la composizione isotopica del Boro dei carbonati biogenici marini del corallo LW4. Tale serie, riferita ad un sito nella parte nord del mar cinese meridionale (al largo dell’isola di Hainan) copre un lunghissimo periodo di 159 anni, grossomodo dal 1855 ad oggi, ed è per me stupefacente, perché indica una sostanziale assenza di trend associata alla presenza di una robusta ciclicità pluriennale (decadal in lingu inglese). Più in particolare Si noti che la serie:

  1. E’ totalmente scorrelata rispetto al trend crescente della CO2 atmosferica.
  2. Presenta una variabilità interannuale enorme, con pH che oscilla fra 7.66 e 8.40 (valore medio=8.04). Tale variabilità non è solo legata al sito su cui gli autori hanno operato ma si ripropone su un areale vastissimo, essendo stata evidenziata per serie più brevi ricavate in un sito dell’isola di Guam e in un sito sulla grande barriera corallina (Cairns – costa australiana Nord orientale).

Circa le cause di tale potente variabilità, Wei et al. (2015) la attribuiscono a fenomeni ciclici come l’ENSO, la PDO (Pacific decadal oscillation  – PDO pacific Decadal Oscillation) e alla periodica risalita di masse d’acqua dalla profondità indotta dal monsone. Wei et al. (2015)  (pag. 5) sottolineano anche che la maggior produttività ecsistemica indotta dall’incremento dei nutrienti portati dai fiumi (e dai più elevati livelli di  CO2, dico io) tende ad aumentare il pH.

 

Figura 3 – serie storica di lungo periodo del pH oceanico al largo dell’isola di Hainan nel settore Nord del Mar Cinese meridionale (Wei et al., 2015)

 

Invito infine a vedere la figura 4 che proviene anch’essa da Wei et al., 2015 e dalla quale emerge che negli ultimi 159 anni le temperature del sito considerato non presentano trend significativi e subiscono anch’esse una ciclicità pluriennale che ad esempio le porta dal 2000 in avanti a manifestare un significativo calo.

 

Figura 4 – Serie storica di lungo periodo dell’anomalia delle temperature oceaniche di superficie al largo dell’isola di Hainan nel settore Nord del Mar Cinese meridionale (Wei et al., 2015)

 

Deduzioni e domande aperte

Wei et al (2015), pur avendo a che fare con serie del tutto stazionarie, da scienziati prudenti quali essi sono scrivono che “calcoli eseguiti con modelli indicano un calo del pH di 0.1 negli ultimi 150 anni cui seguirà un calo di 0.2-0.3 entro la fine del XXI secolo (Caldeira and Wickett, 2003).” Ciò è in perfetta sintonia con quanto riporta il Corriere nel succitato suo articolo: “negli ultimi 150 anni il pH è sceso da 8.25 a 8.14…. se continua così a fine secolo gli oceani arriveranno a pH 7.8” e poi “le barriere coralline sono già sottoposte a sbiancamento dovuto al’acidificazione e all’aumento della temperatura dell’acqua”.

Queste affermazioni configgono tuttavia con le serie storiche termiche e di pH di lungo periodo proposte da Wei et al (2015) e sollecitano le seguenti domande finali:

  1. Come si può pensare che un decremento globale del pH a 7.9-7.8 possa minacciare ecosistemi marini che negli ultimi 150 anni hanno vissuto ciclicamente livelli di pH fino a 7.66?
  2. Se nel Pacifico Occidentale la variabilità interannuale di acidità e temperatura è – come tutto ci lascia immaginare – del tutto fisiologica, possiamo spingerci a pensare che le comunità di coralli e di altri organismi marini che in tali mari proliferano si siano da tempo adattate a tali fluttuazioni?

Debbo peraltro dire che non sono il primo a pormi queste domande (si veda ad esempio qui sul sito No Tricks Zone.

Ebbi già occasione di trattare su CM il tema dell’acidificazione degli oceani in un mio scritto del 2015 che fu seguito da 4 commenti. In particolare Donato Barone scrisse la frase: “il mare è diverso dalle provette di laboratorio per cui non si possono trasferire i risultati del laboratorio sic et simpliciter agli oceani.” Chissà che non avesse ragione.