Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 19 Maggio 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=41384

Il modo di visualizzare le condizioni atmosferiche sta cambiando, molto più in fretta di quanto non si riesca a vedere in giro. E’ già qualche anno infatti che si trovano in giro rappresentazioni delle simulazioni provenienti dai modelli di previsione molto più realistiche ed accattivanti delle solite, barbose mappe con i simboli.

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Rappresentazione del progetto Earth

 

Per esempio c’è il progetto open source Earth di Cameron Beccario, che visualizza i dati del Global Forecasting System (GFS) sull’intero pianeta e per molti livelli verticali, sovrapponendo layer di più parametri con risultati davvero notevoli. E’ un tool molto noto tra gli appassionati, che ha visto tra l’altro nascere anche molte rivisitazioni altrettanto efficaci. Forse non tutti sanno però che l’embrione di questa bellissima intuizione è stata la rappresentazione della circolazione del vento sulla città di Tokyo nell’ambito di un progetto mirato a studiare gli effetti della circolazione a microscala sulla qualità dell’aria.

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Rappresentazione della circolazione del vento sulla città di Tokyo

 

Già, perché ogni città, specialmente quelle la cui area metropolitana occupa spazi molto grandi, a furia di crescere finisce per diventare un ecosistema a se stante, capace di influenzare anche le condizioni atmosferiche che la riguardano o, addirittura di generarne di proprie.

Certo, anche quello dell’isola di calore urbano è un concetto noto – sebbene tristemente ostico a quanti si occupano di progettazione delle aree urbane – ma il calore assorbito e rilasciato dalle distese di cemento non è la sola cosa alla quale è necessario prestare attenzione.

Lo hanno fatto alcuni ricercatori che hanno appena pubblicato un lavoro su Boundary Layer Meteorology (la meteorologia dello strato limite, ossia tra il suolo e qualche centinaio di metri), provando con i loro calcoli che le turbolenze generate dalla ‘forma’ delle città hanno un ruolo fondamentale nella distribuzione e dispersione del calore certamente, ma anche dell’energia cinetica del vento, dell’umidità e di molti altri parametri di cui sarebbe necessario tener conto ai fini di una corretta simulazione delle condizioni atmosferiche (anche su Science Daily)

Spatial Characteristics of Roughness Sublayer Mean Flow and Turbulence Over a Realistic Urban Surface

E oggi i modelli di previsione, anche quelli con risoluzione spaziale più spinta, questo non lo fanno, perché trattano le città – quando le distinguono dal resto – come delle semplici aree con una rugosità per lo più uniforme. La differenza tra una simulazione che sia in grado di riprodurre le dinamiche a microscala indotte dalle aree urbane e una che non faccia distinzione consiste, per la seconda, in errori nella stima dei parametri atmosferici anche del 200%.

Quale il messaggio da portare a casa da questo studio, oltre che il piacere di leggerlo per chi ne avesse voglia (è liberamente disponibile)? Beh, prima di tutto, diffidate delle “previsioni di quartiere” che qualche temerario provider rende disponibili. Ad oggi nessun modello ad area limitata distingue tra Villa Borghese e il centro di Roma, tanto per fare un esempio. Poi, visto che difficilmente sarà possibile a breve avere una risoluzione spaziale così spinta e sufficientemente realistica da descrivere efficacemente l’ambiente urbano, sperare che chi si occupa di tradurre queste cose in informazioni edibili per i modelli, trovi la chiave per approssimarne efficacemente gli effetti.

Infine, non meno importante, sperare che chi progetta e amministra le aree urbane capisca una volta per tutte che la gran parte del disagio “atmosferico” che vi si prova non è di origini globali, quanto piuttosto strettamente autoprodotto e, quindi, forse anche evitabile prestandovi attenzione.