Come ampiamente pubblicizzata, lunedì 21 agosto ci sarà un’eclissi totale di Sole, della durata massima di quasi 2 ore e mezza, visibile solo dagli Stati Uniti e dall’Atlantico settentrionale.
Sarà osservabile in modo parziale  da Canada e Messico. L’oscuramento maggiore durerà 2 minuti e 42 secondi circa e si registrerà nella zona di Carbondale, in Illinois.
Eclissi del genere sono piuttosto rare: il fenomeno potrà essere visto interamente da una sola nazione, mentre di solito questi eventi sono osservabili da più continenti e Paesi contemporaneamente.

 

 

Il verificarsi del fenomeno in un territorio ristretto va ad accentuare la pressione gravitazionale sul sistema terrestre, già di per sé elevata durante le eclissi solari.

Si possono innanzitutto attendere maree eccezionali nei giorni limitrofi l’evento. Maree che andranno probabilmente ad innescare incisive ondulazioni della corrente a getto, per un generale cambiamento delle condizioni meteo nei giorni a seguire (circa 5-6 giorni dopo). Tuttavia il discorso più importante riguarda le possibili ripercussioni geologiche. In quel giorno la placca nord-americana sarà sottoposta a forte stress; stress che si aggraverebbe qualora si verificasse nello stesso periodo una tempesta solare, anche solo di media entità. Si può ricorrere alla seguente formula fisica ( F(forza gravitazionale congiunta di Luna e Sole) X angolazione dell’eclissi))/S(superficie di impatto= Stati Uniti)=P(pressione gravitazionale risultante).

Questa formula viene utilizzata ad esempio nella costruzione di spade e lame; perché un coltello taglia facilmente? Perché ha una superficie d’impatto molto ristretta, e così una minima forza esercitata diviene una pressione enorme. Una cosa simile (simile, non uguale) accadrà durante l’eclissi in questione.

Inoltre la Nasa prevede dei brillamenti nella porzione di ionosfera sopra il Nord-America, conseguenti l’interruzione di energia proveniente dalla nostra Stella. Brillamenti che testimoniano alterazioni del campo magnetico nella zona interessata. Detto ciò, insieme a pressioni di tipo meccanico (gravitazionale), la placca nord-americana subirà sollecitazioni elettromagnetiche.

Il tutto si traduce in un aumento di probabilità che si verifichi un violento terremoto nella porzione di Terra interessata. Facendo delle ipotesi, le zone a rischio, nel giorno stesso ed in quelli immediatamente successivi, sono la faglia di San Andreas (già da diversi anni in equilibrio precario), la faglia di New Madrid e le zone a confine tra la placca nord-americana e le altre placche. Un eruzione dello Yellowstone la vedo improbabile, tuttavia potrebbe venire accelerato il riempimento della caldera. Ricordando poi come la placca del nord-America confini con quella eurasiatica nel mezzo del mar Glaciale Artico, un eventuale intenso terremoto lì potrebbe far scivolare in Atlantico grosse quantità di acqua fredda dolce. Ad esempio, probabilmente una cosa simile accadde durante l’eclissi del 20 marzo 2015; fino ad allora in Atlantico settentrionale erano presenti solo macchie qua e là di acqua con temperature più fredde del normale. Il giorno dopo l’eclissi (visibile parzialmente dall’Europa e dall’Asia, la cui totalità riguardò proprio il settore del mar Glaciale Artico e dell’Atlantico settentrionale) si sprigionò un terremoto di magnitudo 6.7 circa proprio nell’Artico e da lì l’Atlantico in grave raffreddamento nei 3-4 mesi successivi . Iniziò a formarsi il vasto Blob atlantico (la velocità con cui si formò non si può solo ricondurre all’attività solare), il quale i primi di luglio registrò scarti negativi quasi da record. In contemporanea si formò El Niño; enso positivo che si formò in un solo mese, in quanto fino al 15 marzo si era in una via di mezzo tra la fase neutrale e la Niña; già il 15 aprile si era in regime di Niño. Ricordo come ci sia una correlazione tra gli episodi di Niño ed il raffreddamento del Nord-Atlantico: improvvisi riversamenti di acqua fredda dolce in mare costringono la circolazione termoalina a rallentare e restringere il percorso, provocando un accumulo di calore nella fascia tropicale, favorendo lo sviluppo di una fase Enso positiva. Sarà solo un caso? Be’, non è che ad ogni eclissi corrisponda un raffreddamento dell’Oceano in questione; si fosse verificata in Sud America sarebbe stato impensabile trovare una connessione tra gli eventi…Tuttavia essendosi verificata in totalità proprio sull’Artico con successivo scossone tellurico, è lecito fare certe ipotesi.

Da riportare infine come in questo mese di agosto vi sia l’allineamento dei pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, già verificatosi nel gennaio scorso; stavolta però avverrà con angolazione diversa, tant’è che potrà essere osservabile solo dall’emisfero australe. Il tutto potrebbe dar “man forte” all’evento del 21 agosto.

In conclusione, questo sarà un appuntamento importante per studiare e comprendere se esistano e quali siano gli effetti delle eclissi, soprattutto quelle rare come questa, sul Pianeta.