Ancona – Un territorio “comprovatamente a rischio” dove “risulta evidente che siano necessari diversi interventi per potere mettere in sicurezza il fiume Misa in particolar modo all’interno dell’abitato di Senigallia e poco a monte dello stesso”. Un’area in “condizione di vulnerabilità” dove sarebbe necessario “rifare ponti stradali e ferroviari” per difendere cittadini e insediamenti. Ma per tutti gli interventi sono “insufficienti i fondi disponibili”. L’alluvione delle Marche si poteva evitare e già nel 2016 la Regione lo metteva nero su bianco. Sono carte choc, per anni non è stato fatto nulla: l’unico intervento avviato è dell’aprile di quest’anno (una vasca di espansione a Bettolelle, dove l’altro giorno è morto un anziano), per opera della giunta guidata da Francesco Acquaroli. Un altro, alla foce, è stato rallentato da un ricorso ambientalista.

Il Documento

Risale a marzo 2016 e si chiama ‘Assetto di progetto media e bassa Valle del fiume Misa’. Sono 106 pagine dove si ritiene necessario, come nella premessa firmata da Marcello Principi, all’epoca segretario generale dell’Autorità di Bacino Regionale, “definire misure necessarie ad aumentare il livello di sicurezza idraulica dei territori” e identificare “interventi strutturali volti alla riduzione della pericolosità e conseguentemente del rischio al fine di salvaguardare e mettere in sicurezza gli insediamenti antropici da futuri e ipotetici eventi alluvionali”. Ecco, oggi sappiamo che non c’era nulla di ipotetico, ma molto di futuro.

La storia

Anche il documento (redatto durante il mandato del presidente Pd Luca Ceriscioli, ora governa il centrodestra) ricorda quanto frequenti siano le alluvioni del Misa e del Nevola, di cui c’è traccia dal Settecento: 1940, 1955, 1976 e, da ultima, la tragedia del 2014 (quattro morti e 180 milioni di euro di danni). Quarant’anni fa, nel 1982 si è iniziato a parlare di interventi a Senigallia. Nel 1986 sono stati stanziati miliardi. Dal Duemila nelle delibere si definiscono necessari interventi strutturali e di manutenzione.

Le misure

Torniamo alle carte della Regione. Analizzata la portata media e di picco del Misa, si definiscono necessari “interventi” sul Misa per “ridurre il più possibile la portata di picco che attraversa il centro di Senigallia mediante la laminazione”, cioè la creazione di vasche per accogliere le acque in eccesso dopo una pioggia torrenziale. Il progetto 2016 si prefigge l’obiettivo di laminare “7.31 milioni di metri cubi” per ridurre la portata del fiume “a 240 metri cubi al secondo”: questo, “unito agli interventi di manutenzione e dragaggio garantirebbe un passaggio più sicuro. Così, però, non è avvenuto.

Le aree

I luoghi dove intervenire, si dice nel 2016, sono “Ostra, Senigallia, Serra de’ Conti, Trecastelli”, aree in “condizioni di vulnerabilità e di rischio degli insediamenti”. Il rischio “di esondazione riguarda il centro abitato di Senigallia, Bettolelle, Passo di Ripe e Pianello d’Ostra”. Tutte quelle colpite in queste ore. Tutte quelle dove sono morte mamme, padri, figli, anziani. Dov’è disperso il piccolo Mattia.

Gli interventi

Oltre alle aree di laminazione si prevede “manutenzione straordinaria degli argini e dell’alveo fluviale, rifacimento di ponti stradale e ferroviari e adeguamento dei muri di sponda”. I progetti per Pianello d’Ostra, epicentro della tragedia, vengono indicati “a priorità elevata” di attuazione. Non sono stati mai realizzati. Come nulla di tutto il resto, dalla sistemazione degli argini, al taglio sistematico degli alberi ‘marci’ fino alla ripulitura.

I fondi

Serve “una presa di coscienza allargata sul problema”, un “contratto di fiume”, un piano da 100 milioni di euro, ma risultano “insufficienti i fondi disponibili”. Ieri, come oggi.

L’inchiesta

Sono previste altre acquisizioni di documenti. A raffica. Ieri un elicottero ha sorvolato la valle, per cristallizzare la tragedia e radiografare i corsi d’acqua. Politici e tecnici tremano. Rabbia e (poco) orgoglio.

Fonte : msn.com