Il rumore mediatico che le foto dell’orso agonizzante hanno suscitato è ancora forte – tutti ad urlare all’allarme “Riscaldamento Globale causato dall’uomo”.
Per fortuna, ci sono state diverse fonti, fra cui anche noi, che hanno rimesso nel loro corretto contesto le immagini che hanno fatto il giro del web.
Grazie alla segnalazione di alcuni nostri lettori, ci ha particolarmente colpito l’articolo in cui – detto molto sinteticamente – sembra che la prima fonte che ha lanciato l’allarme prendendo spunto dalle famose foto abbia dovuto ritrattare la propria versione, per un’interpretazione un po’ troppo naif 😉
Ma andiamo con ordine.
Nel primo paragrafo, si apprende che il filmato relativo all’orso morente sull’Isola di Somerset risale ad Agosto di quest’anno. Ecco cosa dice lo stesso autore, un attivista dell’organizzazione di conservazione SeaLegacy:
“Ho filmato con le lacrime che mi scendevano sulle guance”: il filmato crepacuore mostra un orso polare affamato sul suo letto di morte che sta facendo sforzi enormi per camminare sulla terra priva di ghiaccio [questo è poi l’effettivo titolo dell’articolo comparso il 8 Dicembre 2017 sul DailyMail Online].
L’articolo prosegue, facendo presente come varie testate giornalistiche, fra cui CBC Radio per prima, l’abbia preso come occcasione per ribadire ed enfatizzare la minaccia futura che il Riscaldamento Globale antropico costituisce.
Niente di nuovo sotto il sole, come si dice. Reportage dello stesso fotografo, Paul Nicklen, a cui è stata data la stessa interpretazione anche anni addietro, come ci segnala l’articolo: qui, qui e qui sono alcuni dei link che rimandano allo stesso sito, in cui segnalano la cattiva informazione.
Ho chiamato questa pratica di filmare orsi morti o morenti e sbattere le foto sulle principali pagine dei quotidiani e in internet “tragedy porn” – un tipo di voierismo che lascia le persone esposte alla manipolazione emotiva. Internet ci sguazza.
In un aggiornamento del 9 Dicembre 2017, si legge la rettifica che il co-fondatore di SeaLegacy ha rilasciato alla CBC Radio:
Il gruppo di Conservazione SeaLegacy ha rilasciato un video di un orso polare emaciato vicino alle Isole di Baffin. Essi affermano che il cambiamento climatico ha determinato lo stato di fame dell’orso. (SeaLegacy/Caters News).
“Abbiamo saputo dagli scienziati che nei prossimi 100 o 150 anni perderemo gli orsi polari”, ha detto Mittermeier [co-fondatrice di SeaLegacy].
“Vogliamo che il mondo veda che faccia ha la fame in un animale di grosse dimensioni“.
E’ così che persone fessacchiotte donano soldi per la causa, ma non è scienza: non c’è alcuna evidenza che un orso che muore di fame sia una “vittima” della perdita del ghiaccio marino causato dal riscaldamento globale. [corsivo mio, ndr]
A questo punto dell’articolo, ecco cosa si legge – tenetevi forte…:
La co-fondatrice di SeaLegacy Cristina Mittermeier ha ammesso anche di più, nel proseguio dell’intervista di cui sopra e ha detto che la ragione per cui l’orso è morto è “irrilevante” – essenzialmente ammettendo che stava usando questo povero individuo come un’operazione fotografica caduta a pennello per illustrare il futuro destino che lei si immaginava per tutti gli orsi.
“E’ impossibile dire perchè [l’orso] era in quello stato. Forse poteva essere dovuto ad una ferita o ad una malattia“, ha detto Mittermeier [corsivo mio, ndr] […]
Mentre Mittermeier diceva che l’orso non aveva ovvie ferite e che secondo lei era troppo giovane per morire di vecchiaia, afferma che è irrilevante.
“Il punto è che era affamato e… siccome perdiamo ghiaccio marino nell’Artico, gli orsi polari diventerranno affamati“.
Proviamo a fare un ragionamento usando il cervello e qualche dato serio sul comportamento degli orsi:
In Agosto, quest’orso sarebbe stato fuori dal ghiaccio solo da poco: poichè la maggior parte degli orsi sono nel loro stato più grasso in questo periodo dell’anno, qualcosa di inusuale deve avere colpito la sua abilità di cacciare o di cibarsi di carcasse quando altri orsi attorno a lui non sono affamati o stanno morendo. Potrebbe essere stato qualcosa come il semplice essere stato surclassato per il cibo dagli animali più anziani in primavera.
Ma se la perdita di ghiaccio marino legata al riscaldamento globale antropico è stata la causa, quest’orso non avrebbe dovuto essere il solo affamato: il paesaggio avrebbe dovuto essere coperto di carcasse. Questo era un solo orso, morente di una morte tragica come accade nel [mondo] selvaggio in ogni momento (non c’è traccia che un’autopsia fosse stata fatta per determinare la causa della morte, come l’orso di Stirling che si suppone sia morto di cambiamento climatico).
In effetti, una ricerca fatta da specialisti che studiano gli orsi polari mostra che la più comune causa naturale di morte per gli orsi polari sia la fame, dovuta ad una causa o ad un’altra (troppo giovane, troppo vecchio, ferito, malato) (Amstrup, 2003):
“La fame negli animali sia giovani sia molto vecchi è la principale spiegazione della mortalità naturale tra gli orsi polari… Inoltre, dati sulla struttura legata all’età mostrano che giovani di età dai 2 ai 5 anni sopravvivono in una percentuale minore rispetto agli adulti (Amstrup, 1995), probabilmente perché stanno ancora imparando a cacciare e [ad acquisire] le capacità di sopravvivenza”. […]
“Una volta ho osservato un giovane [orso] di 3 anni che pesava solo 70 Kg in Novembre. Eravamo vicino alla fine del periodo autunnale in cui gli orsi del mare di Beaufort raggiungono il loro picco di peso (Durner e Amstrup, 1996) e la sua coorte al quel tempo pesava oltre 200 Kg. Questo esemplare giovane non aveva apparentemente imparato gli strumenti necessari per sopravvivere e stava morendo di fame“.
Ma come ha chiarito Mittermeier, i fatti non contano in casi come la morte dell’orso dell’Isola di Somerset: è tutta questione di messaggio.
C’è un precedente – nella primavera del 1974, si verificò un picco di mamme orso, affamate, che non riuscivano a dare da mangiare ai propri piccoli, anche loro affamati, situazione che causò un numero preoccupante di morti:
… nella primavera del 1974, quando per la prima volta i piccoli di foca cominciavano a diminuire, catturammo due femmine di orso polare solitarie e molto magre che avevano allevato recentemente, da cui deducemmo che avevano appena perso i propri piccoli. Una terza femmina emaciata era accompagnata da due cuccioli che erano così magri che riuscivano a stento a camminare. Non abbiamo visto femmine con piccoli in queste condizioni del Mare Beaufort o altrove nell’Artico, prima o da allora“, Stirling e Lunn (1997).
Cosa se ne può ricavare, se non un principio che spesso ritorna in ambito climatico? Che si tratta di fluttuazioni naturali:
Ciò che Stirling e Lunn hanno testimoniato e documentato è l’evidenza scientifica che la variazione naturale nel ghiaccio marino in primavera può avere effetti devastanti, inclusi eventi di mortalità di massa (Crockford 2017). In ogni caso, non abbiamo visto simili eventi di molti esemplari affamati, evento per il quale si sia concluso che fu causato dal basso livello del ghiaccio marino estivo.
Un orso affamato non è un’evidenza scientifica [da cui concludere] che il riscaldamento globale antropico ha già negativamente colpito gli orsi polari, ma è evidenza che alcuni attivisti useranno qualunque cosa per avvantaggiare la propria agenda e aumentare le donazioni. [corsivo mio, ndr]
L’articolo si conclude con un aggiornamento freschissimo (un paio di giorni fa), relativo ad una fonte in cui vengono riportate le affermazioni del fotografo Nicklen:
Nickelen è prudente nel trarre delle conclusioni dalla sua fotografia, niente che abbia a che vedere con la scomparsa del ghiaccio marino dal Nord. […]
“Il ghiaccio si scioglie ogni primavera e torna a ghiacciare ogni autunno”, ha detto Nickelen.
“Gli orsi sono strutturati per vivere almeno due mesi senza ghiacci, ma non lo sono per quattro o cinque mesi.”
“Beh, [dal video] sembra esattamente come quando gli orsi polari sono arenati sulla terra”.
Sembra, però, che le sue affermazioni siano inesatte poichè:
…gli orsi sono sì, invece, in grado di stare quattro e anche cinque mesi senza ghiacci – quattro mesi erano normali nel periodo attorno al 1980 e si può arrivare fino a cinque mesi in anni più recenti (Castro de la Guardia et al., 2017; Cherry et al., 2013; Ramsay e Stirling 1988; Stirling e Lunn 1997). Il periodo si allunga se parliamo di femmine di orso in gravidanza, che possono stare fino a otto mesi e più senza effetti negativi (Crockford 2017), fenomeno che accade anche nella Baia di Hudson Meridionale (qui, per approfondire).
Per concludere, anche in questa occasione abbiamo avuto la prova che l’attenzione va tenuta desta perchè la manipolazione dell’informazione è sempre dietro l’angolo, per scopi che sembrano avere a che fare con il ritorno economico e con la diffusione di un po’ di allarme, sempre utile se si vogliono tenere le masse in uno stato di vulnerabilità emotiva.
Sara Maria Maestroni