Autore: Ernesto Pedrocchi
Data di pubblicazione:
11 Agosto 2017
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=45494

Una strategia efficace sul piano demagogico per far credere che le emissioni antropiche di CO2 siano responsabili del cambiamento del clima globale del pianeta (AGW), è quella di continuare a ripeterlo in modo ossessivo, come se fosse un’ovvietà contro la quale nessuno possa obiettare. E’ questa una situazione che da noi raggiunge il suo apice in questo periodo in cui abbiamo in generale in Italia e in parte dell’Europa temperature medie sopra la norma.

La gente è istintivamente portata a pensare che lo stato meteorologico locale, quello che sente, sia corrispondente al clima globale, dimenticando che più del 70% della superficie della Terra è coperto dai mari e del restante 30% solo una modesta frazione concentrata prevalentemente nell’emisfero nord e minore del 10% (JRC, Commissione Europea) è significativamente antropizzato; a ciò si aggiunga che la superficie dell’Italia costituisce meno dello 0,06% della totale superficie terrestre. La realtà del clima globale, in genere rappresentato da quella variabile di sintesi che è la temperatura globale media (Tgm), è totalmente diversa come si può rilevare dal diagramma seguente:

 

Fonte: http://www.climate4you.com/

 

In esso sono rappresentate le variazioni normalizzate della Tgm ricavate da tre prestigiosi istituti di ricerca che utilizzano i dati rilevati dai satelliti o quelli rilevati sulla superficie terrestre. Si vede che la Tgm dopo un picco raggiunto all’inizio del 2016 e dovuto essenzialmente al forte fenomeno di El Nino del 2015/16 sta ora ritornando ai livelli del periodo di pausa o di lieve crescita che si era registrato dopo il 2000. Quindi, pur sperimentando questa estate in Italia un periodo di caldo abbastanza anomalo, la Tgm registra invece in modo concomitante un calo. Nei media italiani nessuno ha parlato di questa situazione che pure è facilmente rilevabile dalla misure sperimentali agevolmente reperibili. Un fatto analogo accadde nel 2003. Ci fu nel sud-ovest dell’Europa un’estate piuttosto calda, ma la Tgm non segnò alcun aumento e rimase al livello che ha caratterizzato il primo decennio dell’attuale secolo.

È scontato che l’uso dei combustibili fossili, che coprono tuttora circa l’80% del fabbisogno energetico mondiale, debba avvenire con la preoccupazione di contenere al massimo i veri inquinanti (ossidi di zolfo, ossidi di azoto, incombusti e particolato); ma la CO2 non è un inquinante quanto piuttosto il fertilizzante base di tutta la biosfera e, anche in concentrazioni più elevate dell’attuale, non è pericolosa per l’uomo. Inoltre l’ipotesi dell’AGW non è fondata su rigorosi dati sperimentali: infatti, pur essendo la CO2 un gas serra, non c’è prova dall’uscita dell’ultima glaciazione, circa 22.000 anni or sono, che ci sia correlazione tra aumento della sua concentrazione in atmosfera e aumento della temperatura globale media (Tgm) della Terra ( www.climate4you.com).

L’AGW condiziona pesantemente tutta la politica energetica mondiale, forzando e imponendo la riduzione delle emissioni antropiche di CO2 e incentivando le fonti rinnovabili con costi molto elevati. Per la green economy si spende circa 1 G$/d. Tutto questo si ripercuote in alcuni paesi sviluppati con un forte aumento del costo dell’energia e nei paesi in via di sviluppo potrebbe ridurne la disponibilità e ostacolare lo sviluppo economico. Emblematico il caso Italia, in cui dal 2008 ad ora il costo medio dell’energia elettrica è aumentato in media del 30% a fronte di riduzione dei prezzi sul mercato mondiale che è stato del 30% del carbone e del 15% del gas naturale, le due più importanti fonti per la produzione di questa energia.

I paesi in via di sviluppo, in particolare Cina e India, hanno urgente bisogno di contenere le emissioni di inquinanti, ma non sono disponibili se non in un futuro indecifrato a subire limitazioni sulle loro emissioni di CO2. Inoltre per la mancanza di sicure basi scientifiche, alcuni importanti paesi sviluppati sull’esempio degli USA potrebbero defilarsi dall’accordo di Parigi. L’UE che vuole giocare il ruolo di leader morale, ma contribuisce per meno del 10% alle emissioni, rischia di restare sola in questa avventura penalizzando gravemente i propri Paesi membri.

 

NOTA di A.S.: Molto interessanti risultano i commenti sul blog Climatemonitor.it