Autore: Gianluca Alimonti
Data di pubblicazione: 20 Settembre 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=51573
Di questi tempi la narrativa comune che ci racconta dei cambiamenti climatici porta la nostra attenzione su eventi catastrofici tipo l’uragano Dorian, come esempio di eventi estremi in aumento a causa dei cambiamenti climatici, o di Greta che attraversa l’Atlantico in barca a vela per convincere i Grandi del Pianeta a seguire cio’ che, a suo dire, dice la Scienza su questo tema.
Sugli uragani la NOAA, associazione governativa americana per lo studio degli oceani e dell’atmosfera di indubbia caratura scientifica, sottolinea che “in sintesi, né il nostro modello di proiezioni per il 21° secolo, né le nostre analisi dei trend nell’attività degli uragani atlantici e delle tempeste tropicali sostengono la nozione che il riscaldamento indotto dai gas serra porti a forti aumenti nel numero complessivo delle tempeste tropicali o degli uragani nell’Atlantico”.
Questo scritto è volto a far luce sulla posizione poco evidenziata che l’IPCC ha nei confronti delle previsioni di aumento della T globale e quindi, per dirla come Greta, su cosa dice la Scienza su questo tema.
L’effetto serra dell’anidride carbonica è considerato noto e c’è un consenso generalizzato sul fatto che il nostro pianeta si scalderebbe di circa 1 °C ad un raddoppio della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera “a parità di tutto il resto”, cioè senza i feedback positivi e negativi del complesso sistema climatico terrestre. In particolare tra i feedback più importanti ci sono quelli originati dalla presenza di acqua in atmosfera nelle sue diverse forme, sia come gas che sotto forma di nuvole che l’IPCC stesso in AR5 ci ricorda rappresentare ancora una grossa incognita:
The water vapour/lapse rate, albedo and cloud feedbacks are the principal determinants of equilibrium climate sensitivity (ECS)… Cloud feedbacks continue to be the largest uncertainty.
La discussione scientifica non verte quindi sull’effetto serra dell’anidride carbonica ma sull’enorme incertezza dei feedback del sistema climatico terrestre.
ECS, equilibrium climate sensitivity, è definita come la variazione all’equilibrio della temperatura media globale a causa del raddoppio dell’anidride carbonica in atmosfera, e riassume in se quanto la Scienza può dire sulla relazione tra CO2 ed aumento della T globale del nostro Pianeta. L’IPCC indica una probabilità maggiore del 66% che la ECS sia compresa tra 1,5°C e 4,5°C e sottolinea in maniera molto marcata che non viene indicato un valore più probabile all’interno di tale intervallo. Per non dare adito a fraintendimenti o errate traduzioni, riporto di seguito il pezzo tratto dal Technical Summary di AR5:
In contrast to AR4, no best estimate for ECS is given because of a lack of agreement on the best estimate across lines of evidence and studies and an improved understanding of the uncertainties in estimates based on the observed warming. Climate models with ECS values in the upper part of the likely range show very good agreement with observed climatology, whereas estimates derived from observed climate change tend to best fit the observed surface and ocean warming for ECS values in the lower part of the likely range.
Trovo il messaggio molto chiaro e per certi versi dirompente: nell’intervallo di confidenza ogni valore di ECS è ugualmente probabile ed i modelli climatici, assumendo valori alti della ECS, prevedono temperature più alte di quelle osservate.
La figura seguente, tratta da “Limits to global and Australian temperature change this century based on expert judgment of climate sensitivity” , aiuta a capire l’impatto sulle previsioni di crescita della T globale che questa incertezza sulla ECS comporta.
Nella parte (a) della figura sono riportate le previsioni di crescita di T per due scenari di emissioni (molto ridotte per RCP2.6 e senza riduzioni per RPC8.5) come previste dai modelli che utilizzano solo un limitato intervallo di possibili valori di ECS. Nella parte (b) vengono invece mostrati gli intervalli di crescita di T per tutti gli equiprobabili valori di ECS. In particolare muovendosi da sinistra a destra della figura (b), gli intervalli mostrati sono: per RCP2.6 previsione dei modelli con limitata ECS, ECS=1.5°C, ECS=4.5°C, ECS=6°C (probabilità inferiore al 5%); per RCP8.5 previsione dei modelli con limitata ECS, ECS=1.5°C, ECS=4.5°C, ECS=6°C (probabilità inferiore al 5%).
Vediamo quindi che i valori alti dello scenario ad emissioni ridotte sono più alti dei valori bassi dello scenario senza riduzioni e questi, sulla base di quanto scritto nell’ultimo rapporto dell’IPCC, hanno esattamente la stessa probabilità di essere corretti.
E’ quindi un messaggio che riporta su un piano più scientifico la discussione sui cambiamenti climatici ed indebolisce le previsioni dei modelli: non sto certo sminuendo la gravità del riscaldamento globale ma ciò che mi sembra importante sottolineare è la cautela con cui l’IPCC propone certe stime, il che costituisce a mio avviso un elemento da non sottovalutare nel dibattito scientifico sul cambiamento climatico.
Va quindi sottolineato il fatto che prendendo per ECS un qualunque valore nell’intervallo di riferimento, non si commette alcun errore in quanto tutti sono accettabili dal punto di vista scientifico: la differenza sta nel fatto che considerando valori prossimi ad 1,5°C, cadono in pratica tutti i proclami catastrofisti riguardo al cambiamento climatico, mentre se si assume ECS prossima a 4,5°C, risultano insufficienti le misure previste dagli accordi internazionali come quello di Parigi.
Eppure su questa incertezza si fondano le policy mondiali.