L’Italia è divisa tra un Nord che annega e un Sud assetato. E parliamo degli ultimi giorni di giugno. Cosa sta succedendo al nostro clima? Lo chiediamo a Franco Prodi, fisico dell’atmosfera, già professore dell’Università di Ferrara e a lungo direttore dell’Istituto del CNR su meteorologia e clima (Fisbat ed Isac).
«Bisogna distinguere tra meteorologia e clima. C’è una differenza di fondo. Quello che è successo nella nostra regione in questi giorni, con piogge intense ed esondazioni, è originato da una situazione ciclonica profonda con fenomeni convettivi importanti: siamo cioè in pieno nella meteorologia. Quando parliamo di clima, invece, parliamo della trattazione statistica dei dati meteorologici, e ogni volta bisogna precisare la base temporale sulla quale la facciamo, solitamente un periodo di 30 anni. Poi è importante distinguere se i dati provengono da misure fisiche (come la temperatura dell’aria a due metri dal suolo) o se si deve ragionare su indizi, come si fa per studiare i climi del passato.
Abbiamo solo due secoli di misure fisiche su tutto il pianeta. Prima non c’erano. E la temperatura globale è aumentata di sette decimi di grado centigrado per secolo. Da questo dato comincia tutta la diatriba tra catastrofisti e negazionisti: chi ha interpretato questo riscaldamento attribuendolo per il 98% all’uomo, e sono i modelli dell’IPCC (il gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, ndr.) dell’Organizzazione meteorologica mondiale, e chi come me (e duecento scienziati italiani, e più di duemila nel mondo) sostiene che non ci sia conoscenza sufficiente del sistema clima, estremamente complesso, per attribuire una percentuale del genere di responsabilità all’uomo». Quali sono le altre variabili? «Oltre all’intervento dell’uomo, che nessuno mette in discussione, ma complicatissimo da definire, c’è la variabilità del sole, ci sono le cause astronomiche e infine la variabilità della composizione dell’atmosfera, sia naturale che antropica». Quindi secondo lei non è possibile immaginare quel che sarà nei prossimi anni? «Gli scenari di riscaldamento dei modelli dell’IPCC, fino a 8 gradi ad arrivare a fine secolo, sono appunto scenari, non previsioni sulle quali basare scelte politiche energetiche e industriali per l’umanità intera.
Questa mia posizione purtroppo viene fraintesa e vengo insultato come negazionista. Le nubi che vedeva Giulio Cesare non saranno certo quelle di oggi, ma che la responsabilità dell’aumento delle temperature sia tutta dell’uomo e che bisogna arrivare a emissioni zero è una bufala pazzesca che sta portandoci a decisioni sbagliatissime». Il riferimento è al Green Deal. «Certamente. Non entro sugli aspetti economici di queste scelte, ma già l’idea di poter soddisfare le esigenze energetiche solo con l’eolico, il solare e le fonti rinnovabili è assurda. Non bastano. Questa focalizzazione sulla C02 è la strada sbagliata». Perché si sarebbe arrivati a quella che lei definisce una bufala? «La sua origine è in quella che chiamo “la grande coincidenza”: i due secoli nei quali si è misurato l’aumento della temperatura sono anche i secoli dello sviluppo industriale tumultuoso, con uso del fossile (carbone, petrolio, gas, e minerale per il nucleare).
Ma già nei due millenni scorsi abbiamo visto periodo caldo romano, periodo caldo medioevale e piccola glaciazione, tutti in epoche di velieri, e mulini a vento, trasporto con animali, non certamente di uomo industriale». Ma anche lei concorda sul fatto che l’inquinamento sia da combattere. «È quello che sto dicendo. L’inquinamento planetario è ben misurabile da satellite e dagli strumenti di remote sensing. Ci sarebbero elementi per fare accordi internazionali sulla sua salvaguardia invece che sulle impossibili “emissioni zero”, a beneficio di tutti i popoli della terra, indipendentemente dal loro sviluppo economico». Cosa dovrebbe fare la politica? «Ragionamenti scientifici, dare più retta agli scienziati veri. Serve spirito critico. Non si possono accettare supinamente le decisioni dell’IPCC. Le scelte della green economy saranno nefaste». Dovremo abituarci a grandine, piogge torrenziali e inverni senza neve? «Non è vero che è aumentata la grandine. Chi lo dice che non nevicherà più? Oggi si fanno confronti con il passato basati su dati non scientifici e si è diffuso quello che io definisco un “terrorismo da bombe d’acqua”, nato per mascherare l’inadeguatezza delle azioni di gestione del rischio meteorologico e delle inondazioni e l’ignoranza degli enormi progressi fatti al mondo nella radar-meteorologia e nel nowcasting».
Corriere di Bologna