Autore: Massimo Lupicino
Data di pubblicazione: 21 Novembre 2018
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=49699

Ci siamo lasciati meno di due mesi fa con il consueto appuntamento semestrale sullo stato dei ghiacci artici, commentando il raggiungimento del minimo di estensione 2018. In quella occasione si era evidenziata la tendenza recente alla stabilizzazione del minimo e la mancata realizzazione delle profezie catastrofiste di scomparsa imminente dei ghiacci artici. Il minimo è stato raggiunto il 21 Settembre, ma da allora il rateo di incremento della superficie ghiacciata è stato molto basso, quasi impercettibile fino alla metà di Ottobre. Questo ha fatto inevitabilmente gridare alla fine del mondo imminente, specie in concomitanza con il raggiungimento dei valori minimi della serie per i giorni 21 e 22 Ottobre.

Da allora, tuttavia, qualcosa è cambiato e la superficie ghiacciata è aumentata rapidamente di estensione fino a raggiungere i livelli di questi giorni, che si collocano al seccondo valore massimo degli ultimi 10 anni, ad una incollatura dal primo posto detenuto dal 2014. I valori attuali sono più vicini alla media di estensione degli anni ‘2000 piuttosto che a quelli dell’ultimo decennio (Fig.1). Non solo, per l’istituto giapponese JAXA l’aumento di estensione dei ghiacci nell’ultimo mese è il secondo più alto dell’intera serie storica.

Fig. 1. Fonte: JAXA

Cosa è successo?

È successo semplicemente che la situazione sinottica sull’Artico è cambiata radicalmente. La persistenza di un’area di alta pressione sul Mare di Beaufort nel mese di Settembre aveva favorito la compattazione del pack in corrispondenza dell’arcipelago artico canadese, unitamente all’avvezione di aria molto mite e umida in risalita dall’Oceano Pacifico. La combinazione dei due fattori (movimento del pack e forte aumento delle temperature) era stata la causa principale del lentissimo incremento della superficie ghiacciata nel periodo immediatamente successivo al raggiungimento del minimo. Dalla metà di Ottobre, tuttavia, condizioni depressionarie si sono consolidate sulla regione artica, favorendo una dispersione del ghiaccio artico unitamente ad un progressivo e sensibile calo termico.

Attualmente il campo termico si è riportato in prossimità dei valori medi del periodo, e le temperature della superficie ghiacciata hanno raggiunto valori prossimi a -40 gradi (Fig.2). Non solo, nei prossimi giorni la formazione di un anticiclone termico favorirà una ulteriore discesa delle temperature su tutto il settore, il conseguente ulteriore raffreddamento della superficie ghiacciata e in ultima analisi, un significativo incremento dello spessore del pack e del suo volume complessivo.

Un po’ più a sud…

Inevitabilmente il raffreddamento dell’Artico ha avuto ripercussioni anche a latitudini inferiori. Nei giorni scorsi gli Stati Uniti sono stati investiti da una ondata di gelo che ha fatto cadere diversi record di innevamento precoce in Kansas, Texas e persino Louisiana, mentre nelle prossime ore è attesa una irruzione artica che regalerà a New York e al nord-est degli USA uno dei Thanksgiving più freddi della storia. E non si tratta di un fenomeno su scala esclusivamente locale, visto che l’innevamento attuale si mantiene su livelli superiori alla norma a livello emisferico: sia in termini di estensione che di volumi (Fig.3).

E giacché si è parlato di configurazioni sinottiche, forse vale anche la pena sottolineare quanto ripetuto più volte nella rubrica di Previsioni di CM, ovvero la tendenza alla formazione di anticicloni di blocco alle alte latitudini, con associate circolazioni retrograde a latitudini inferiori. Probabile eredità dello sconquasso portato dall’evento di stratwarming registrato alla fine dell’inverno scorso.

Fig.3

Un nuovo trend?

L’impressionante recupero dell’estensione del ghiaccio artico non può certo essere usata come prova di un cambiamento di trend. Parliamo di un episodio limitato nel tempo e comunque relativo ad una serie di curve di estensione che in questa fase della stagione si presenta molto “compressa”: basta davvero poco per scalare o perdere posizioni nella speciale (e altrettanto aleatoria) classifica delle estensioni del pack su base giornaliera. Ma qualche riflessione vale comunque la pena farla.

  • Guardare all’evoluzione giornaliera dell’estensione del pack è un esercizio di scarso valore predittivo sul lungo termine. Può soddisfare i confirmation bias di catastrofisti e scettici, ma estrapolare variazioni mensili o settimanali sul lungo termine espone generalmente a figuracce e delusioni.
  • Se proprio si vuole provare a fare una riflessione generale, si nota negli ultimi anni una tendenza a variazioni notevoli di estensione e volumi su scale temporali decisamente brevi (ricordiamo ad esempio il rimbalzo post-minimo 2012).
  • Che questa crescente instabilità su livelli prossimi ai minimi di estensione e volume della serie satellitare possa essere il preludio ad un nuovo trend è certamente possibile. Come è anche possibile che il “nuovo trend” sia proprio questo: ovvero variazioni notevoli legate all’assottigliamento della superficie ghiacciata e al conseguente incremento della velocità di scambio termico tra il mare e l’atmosfera.

Ci sarebbe tanto da capire e da studiare, sulle dinamiche del ghiaccio artico. Sarebbe bello poterlo fare senza guardare attraverso le lenti deformanti del global warming, per il puro e semplice piacere della ricerca e della scoperta. Magari un giorno sarà davvero possibile farlo. E magari quel giorno voleranno i porci, o meglio…gli orsi bianchi.

Nel nostro piccolissimo, l’appuntamento è al Marzo 2019 con il raggiungimento del massimo di estensione annuale. Buon inverno a tutti.