Di Paul Dorian – 17.02.2017
L’immagine attuale del sole senza macchie; immagine di cortesia NASA
Panoramica
Il debole ciclo solare 24 continua nella sua transizione dalla sua fase di massimo (2014) verso il prossimo minimo solare. In questo inizio 2017 si sono contati 11 giorni senza macchie che si vanno ad aggiungere ai 32 che si sono verificati durante l’ultima fase del 2016. La fase senza macchie solari aumenterà la sua frequenza nel corso dei prossimi anni fino al prossimo minimo solare – che probabilmente avverrà tra la fine del 2019 e 2020. Tenendo conto dei conteggi attuali il ciclo 24 risulta il terzo più debole da quando è iniziato il conteggio nel 1755, mentre continua la fase di indebolimento che è iniziata dal ciclo 21 raggiungendo il picco nel 1980. Uno degli effetti della bassa attività solare è l’aumento dei raggi cosmici che possono penetrare l’atmosfera superiore del nostro pianeta e questo ha alcune importanti conseguenze.
Il confronto di tutti i cicli solari dal 1755 e le anomalie. Il grafico di cortesia è degli autori Frank Bosse e Fritz Vahrenholt
Terzo ciclo solare più debole dal 1755
In una recente pubblicazione è stato analizzato il ciclo solare in corso ed è stato scoperto che, quando si sono confrontate le anomalie delle macchie solari, con la media per il numero dei mesi dall’inizio del ciclo, ci si è accorti che sono stati soltanto due i cicli più deboli di quello attuale da quando sono iniziate le osservazioni dal 1755. Il ciclo 24 ha avuto inizio nel 2008 dopo un lungo e profondo minimo solare che entra di diritto nella storia di tutti i cicli solari. Il grafico (in basso) mostra l’accumulo delle anomalie negative delle macchie solari dal valore medio dopo l’inizio del ciclo 24 (97 mesi) che solo i cicli solari 5 e 6 hanno avuto livelli più bassi dal 1755. Dal valore medio il ciclo solare 24 conta 3.817 macchie inferiori alla media. I sette cicli che hanno preceduto il ciclo 24 hanno avuto una quantità di macchie maggiore rispetto alla media.
Le osservazioni giornaliere nel numero delle macchie solari dal 1 gennaio 1900 in base alle influenze solari che vengono raccolte dalla Data Analysis Center (SIDC). La sottile linea blu indica il numero delle macchie solari giornaliero, mentre la linea blu scura indica la media annua attuale. Ultimo giorno mostrato: 31 January 2017 (grafico di cortesia climate4you.com)
Aumento dei raggi cosmici
Una delle conseguenze dei lunghi periodi di bassa attività solare sono la presenza dei raggi cosmici che risultano in vistoso aumento in stratosfera. In particolare, quando scende l’attività solare, vi è un aumento dei raggi cosmici che penetrano tramite l’atmosfera superiore. I raggi cosmici sono fotoni ad alta energia e particelle accelerate subatomiche provenienti da esplosioni di supernovae lontane e altri eventi violenti che avvengono nella Via Lattea. Di solito, i raggi cosmici sono tenuti a bada dal forte campo magnetico del sole, che avvolge e protegge tutti i pianeti del Sistema Solare. Ma lo scudo magnetico del sole continua a indebolirsi, man mano che ci si avvicina al prossimo minimo solare e questo permette ai raggi cosmici di raggiungere in maggior numero l’atmosfera terrestre.
Spaceweather.com ha condotto uno sforzo notevole per monitorare i livelli delle radiazione in stratosfera con frequenti (quasi ogni settimana) voli ad alta quota con la mongolfiera. I risultati confermano la teoria che i raggi cosmici sono in costante aumento negli ultimi mesi, da quando il ciclo solare 24 ha iniziato il suo calo fisiologico verso il prossimo minimo solare. In realtà, si è riscontrato un aumento dell’11% dei raggi cosmici in stratosfera dal marzo 2015 al tardo 2016. I sensori che vengono inviati in stratosfera tengono monitorati i livelli di radiazioni misurando i raggi X e i raggi gamma che aumentano quando si ha un crollo dei raggi cosmici nell’atmosfera terrestre. L’aumento del flusso dei raggi cosmici nell’atmosfera terrestre è destinato a protrarsi nei prossimi anni allorquando l’attività solare scenderà verso il prossimo minimo previsto nel 2019-2020.
I raggi cosmici in costante aumento in questo debole ciclo 24, ormai diretto verso il prossimo minimo; Grafico di cortesia spaceweather.com
L’eventuale collegamento dei raggi cosmici con le nuvole
Alcuni ricercatori hanno la convinzione che i raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera terrestre creino aerosol che, a sua volta, contribuiscono alla formazione delle nuvole. Ciò renderebbe i raggi cosmici una parte importante, sia per quanto riguarda il tempo e il clima. Altri ricercatori, tuttavia, rimangono scettici. Egli sostengono che, anche se alcuni esperimenti di laboratorio hanno sostenuto la teoria che i raggi cosmici aiutino la formazione delle nuvole, l’effetto che ne deriva è presumibilmente troppo piccolo per incidere in maniera sostanziale sulla complessiva nuvolosità del nostro pianeta e quindi un impatto non importante sul clima.
In uno studio pubblicato il 19 agosto 2016, sul numero del Journal of Geophysical Research, Space Physics sostiene la teoria di un importante collegamento tra i raggi cosmici e la formazione delle nuvole. Secondo spaceweather.com, un team di scienziati dell’Università Tecnica della Danimarca (DTU) e l’Università Ebraica di Gerusalemme hanno collegato i cali improvvisi dei raggi cosmici ai cambiamenti della copertura nuvolosa terrestre. Queste rapide diminuzioni di intensità dei raggi cosmici galattici osservati sono conosciuti come “Forbush Decreases” e tendono a prenderne il posto dopo le espulsioni di massa coronale (CMEs) nei periodi di alta attività solare. Quando il sole è attivo (quando sprigiona tempeste solari, CMEs ecc.), il campo magnetico solare tramite il vento solare spazza via la maggior parte dei raggi cosmici galattici lontano della Terra. Nei periodi di bassa attività solare, i raggi cosmici bombardano maggiormente la Terra. Il termine “Forbush Decreases” prende il nome dal fisico americano Scott E. Forbush, che ha studiato i raggi cosmici dal 1930 al 1940.
Il gruppo di ricerca guidato da Jacob Svensmark del DTU ha identificato il più forte “Forbush Decreases” tra il 1987 e il 2007, osservando un conseguente aumento da record tramite i rilevamenti da terra e satellitari della copertura nuvolosa per vederne i risultati. In un recente comunicato stampa, le loro conclusioni sono state riassunte così come segue: “La riduzione delle nuvole di circa il 2% corrisponde a circa un miliardo di tonnellate in meno di acqua liquida in atmosfera” [Strong “Forbush Decreases]”.
Altri impatti a causa dei raggi cosmici
Infine, oltre al suo possibile impatto sulla formazione delle nubi e sui cambiamenti climatici, risulta un aumento della penetrazione dei raggi cosmici durante i periodi di bassa attività solare che può renderlo un periodo molto più pericoloso per gli astronauti che con un aumento dei potenti raggi cosmici possono facilmente disgregare il filamento del DNA umano. Inoltre, durante gli anni con un numero minore di macchie solari, la radiazione estrema ultravioletta del sole (EUV) diminuisce, di conseguenza l’alta atmosfera terrestre si raffredda contraendosi e abbassandosi. Con una netta e inferiore resistenza aerodinamica, i satelliti hanno una minore difficoltà nel rimanere in orbita e che quindi è vista con positività. D’altra parte, i rifiuti presenti nello spazio tendono ad accumularsi, rendendo lo spazio attorno alla Terra una zona molto pericolosa per la navigazione degli astronauti.
Pensieri finali
Il monitoraggio dei raggi cosmici tramite spaceweather.com si è ora ampliato a livello globale. Negli ultimi mesi, hanno implementato zone di lancio in tre continenti: America del Nord, Sud America ed Europa al di sopra del circolo polare artico. Lo scopo è di lanciare palloni in molte zone mappando la distribuzione dei raggi cosmici intorno al nostro pianeta. Vencore Weather continuerà a riferirvi dei risultati nel corso dei prossimi mesi, quando il ciclo solare 24 sarà diretto verso il prossimo minimo solare.
Per maggiori informazioni su questo studio, potete visitate il sito “Intercontinental Space Weather Balloon Network“.
Meteorologo Paul Dorian
Vencore, Inc.
Fonte: vencoreweather.com