Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 19 Febbraio 2020
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=52428

In questi giorni, mentre per fortuna i ghiacci artici se la passano abbastanza bene e il Nord Europa sta vedendo una depressione via l’altra, l’attenzione della pompa mediatica sulla catastrofe del clima è saggiamene rivolta verso l’emisfero sud…, dove naturalmente impazza l’estate. Abbiamo sentito suonare la campana a morto sugli incendi in Australia, per poi scoprire che stanno diminuendo da decenni, e ora scopriamo che sulla Penisola Antartica si battono record su record di temperatura, dimenticando che esiste qualcosa che i tecnici chiamano compressione adiabatica per venti di caduta, le persone comuni chiamano Favonio o Garbino e i media chiamano invece climate change.

Ma, ma, tutto questo attiene al solito scempio che si è ormai deciso di fare della conoscenza, anche quella delle basi del mestiere, come disse un indimenticabile Mario Brega nei panni di se stesso a Carlo Verdone nei panni di Alfio, prete consigliere…

Appare ben più grave e, per certi versi chiaramente indicativo di un atteggiamento da attivismo più che da ricerca, perseverare nella proposizione di previsioni apocalittiche elaborate a valle di scenari e metodologie che la stessa comunità scientifica ha recentemente sconfessato. Capisco che certi lavori richiedono tempo, e che se ti cambiano le carte in tavola quando sei quasi al traguardo può non essere piacevole ma, tant’è, ecco quello che è successo.

Soliti lanci dell’ANS(i)A scopiazzati dal solito Comunicato Stampa che parla della solita ricerca che, inevitabilmente, mostra che la situazione potrebbe essere peggio del previsto. Stanti gli attuali livelli di emissione e il perseverare del genere umano nel ricorso al combustibile fossile, lo scioglimento dell’Antartide – avete capito bene, dell’Antartide – potrebbe portare entro fine secolo un contributo all’innalzamento del livello del mare anche a fino a 58 centimetri!

Projecting Antarctica’s contribution to future sea level rise from basal ice shelf melt using linear response functions of 16 ice sheet models (LARMIP-2)

Ora, il collegamento tra le temperature foehnizzate della Penisola Antartica e lo scioglimento dei ghiacci è del tutto inesistente, ma, come si dice, il ferro va battuto finché è caldo…

Il solito team di autori è giunto a queste catastrofiche conclusioni, indovinate un po’, analizzando un set di 16 modelli del progetto CMIP5 e applicando il celeberrimo scenario RCP8.5 come scenario Business As usual, commettendo cioè, in base a quanto ormai aquisito e documentato, ben due errori concettuali e metodologici insieme. In poche parole, ma se vi interessa andate qui, l’RCP8.5 è uno scenario ormai ritenuto implausibile (primo errore) e non può e non deve essere usato come scenario BUS, perché non lo è (secondo errore). Inoltre, tanto perché non si creda che possa essere uno sbaglio quanto piuttosto una chiara intenzione, gli autori indicano anche quali sono le proiezioni per lo scenario migliore, ricordando anche che sarebbe quello che “coincide con i limiti imposti dall’accordo di Parigi”, dimenticando un piccolo particolare: tra il mondo dello scenario RCP8.5 e quello dello scenario 2.6 c’è una differenza di 3 miliardi di abitanti sul pianeta. Cos’è, lo dobbiamo prendere come un avvertimento???

Scherzi a parte, è proprio questa differenza che dovrebbe far capire che questi strumenti non nascono per fare previsioni e non devono essere utilizzati a questo scopo, perché descrivono mondi inesistenti, mondi in cui la realtà viene scientemente forzata ben oltre il ragionevole (e il prevedibile…). Men che meno, per beccare un po’ di stampa, si dovrebbero suggerire queste follie ai media che, ovviamente, oltre a non capirci un accidente, non aspettano altro.

Enjoy.