Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 28 Gennai 2017
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=43504
Questo articolo è uscito in origine su La Nuova Bussola Quotidiana.
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In questi giorni di freddo intenso al nord e maltempo al sud, impazzano gli articoli di giornali e gli interventi di “esperti” che ricorrono al solito schema del Riscaldamento globale (Global warming). Ma vediamo come stanno davvero le cose.
Temperature e precipitazioni: L’anomalia dell’inverno 2016-2017
L’inverno 2016-2017 è stato fin qui segnato da una sensibile carenza di precipitazioni al Nord, cui sono corrisposte precipitazioni abbondanti al centro-sud, spesso in forma nevosa, il tutto accompagnato da temperature che a partire da gennaio si sono collocate su valori decisamente inferiori alla norma su tutta l’area italiana.
Limitandoci a quanto accade in Lombardia, ho riportato in tabella i dieci bimestri dicembre-gennaio meno piovosi della serie storica di Milano (dal 1764 al 2000 ho utilizzato i dati di Milano Brera mentre dal 2001 ho fatto ricorso a dati misurati direttamente da me). Come si vede, il bimestre dicembre 2016 – gennaio 2017 è al momento il meno piovoso in assoluto, seguito a ruota da 1873-74, 1883-84, 1835-36 e 1980-81. Tuttavia questa classifica non è ancora definitiva in quanto le previsioni indicano la possibilità di modesti quantitativi di precipitazione per il 28 gennaio (1-2 millimetri di pioggia su Milano) e quantitativi più consistenti dal pomeriggio del 31 gennaio, allorché è atteso l’ingresso sulla nostra area di una robusta saccatura atlantica che dovrebbe apportare precipitazioni abbondanti soprattutto per l’1 febbraio.
A onor di cronaca ricordo poi che su Milano il 2016 ha presentato una piovosità lievemente superiore alla norma (1040 mm contro una media trentennale 1981-2010 di 976 mm), frutto della piovosità abbondante di febbraio, maggio, giugno, ottobre e novembre.
Parlando poi di quanto accade in Lombardia, per la quale si è già da più parti parlato di siccità, mi limito solo a segnalare che:
- Non si può parlare di siccità in termini agronomici poiché in inverno le colture sono in riposo vegetativo e dunque hanno necessità idriche modestissime
- La norma climatica prevede che il minimo precipitativo dell’anno a Nord del Po si registri proprio fra dicembre e gennaio, per cui l’auspicio è che il trimestre febbraio-aprile, che specie dopo la metà di febbraio è di norma segnato da precipitazioni abbondanti, consenta di riassorbire l’anomalia negativa manifestatasi in questi due mesi.
Cambiamento climatico ed eventi estremi
Dobbiamo a questo punto domandaci se le anomalie precipitative dell’inverno 2016-2017 siano in qualche modo causate dal fenomeno del Global Warming, e cioè dall’aumento delle temperature medie in superficie cui stiamo assistendo dalla fine della Piccola Era Glaciale e che per il periodo 1850-2015 è stimabile in +1,3°C a livello europeo e +0,85°C a livello globale (di cui +0.69°C nel XX secolo). Su questo argomento i media si lanciano spesso in elucubrazioni che tendono ad associare al Global Warming qualsiasi anomalia (ondate di caldo, ondate di freddo, fasi siccitose, fasi a piovosità eccessiva, ecc.). Si deve essere molto prudenti nello stabilire nessi causali di questo tipo, vuoi perché il Global Warming è un fenomeno globale mentre noi ragioniamo in genere di fenomeni molto più locali (o meglio “a mesoscala” in termini meteorologici, come lo sono una siccità padano-alpina o le nevicate sul centro Italia), vuoi perché i risultati delle ricerche scientifiche sono tutt’altro che concordi in tal senso, tant’è vero che i ricercatori negli ultimi anni hanno ad esempio messo in luce che (in parentesi metto i lavori scientifici da cui emergono queste evidenze):
- La frequenza degli eventi alluvionali in Europa è stata sensibilmente più bassa durante le fasi calde (es: optimum romano, optimum medioevale) che durante quelle fredde (es: piccola era glaciale) (Wirth et al., 2013; Glaser et al., 2010).
- Nel XX secolo a livello globale una larghissima parte delle stazioni meteorologiche (oltre il 90%) non manifesta tendenze all’incremento delle precipitazioni intense (Westra et al., 2013). Preciso che tali analisi sono state condotte su dati giornalieri in quanto i dati orari sono in gran parte di durata troppo breve e di qualità troppo scadente per poterci lavorare.
- A livello globale il rischio di siccità non ha manifestato variazioni di rilievo negli ultimi 60 anni come ci dimostra ad esempio un lavoro uscito su Nature nel 2012 a firma di Justin Sheffield e altri e dall’emblematico titolo “Little change in global drought over the past 60 years”.
Antiche cronache
Per restituirci un poco di senso della realtà, consiglio la lettura di alcuni brani tratti da cronache più o meno antiche che evidenziano, spesso con tono accorato, i gravi problemi che i nostri antenati vissero in tempi non sospetti di Global Warming.
TIRANO 1619 «Il 30 ottobre: …Il raccolto dell’uva che si è fatto in questi giorni in generale fu scarso ma il peggio è che nei luoghi più caldi e nelle migliori situazioni non si è rinvenuto un grappolo maturo. La costiera di sopra S. Gervaso non presentò che uve, se non in uno stato, quale solitamente si osserva nel mese di Agosto, cioè senza avere ombra di tintura. Il vino dell’anno scorso si paga l. 214 alla soma…».
(D. Zoia, Vite e vino in Valtellina e Valchiavenna – La risorsa di una valle alpina, Sondrio, 2004).
CLUSONE 1815-1816 «Le due estati degli anni 1815-1816 furono cattivissime, fredde, burrascose […] così che nelle nostre valli […] fu un raccolto così scarso che non vi è memoria di simile. Le famiglie, quasi tutte, sono senza grani e senza soldi e di cento famiglie, ottanta vanno questuando, ma con poco utile perché in giornata sono pochissime le famiglie che possono fare limosine. Si introducono anco nei nostri paesi in questi due anni, li pomi di terra, ossia patate, ma in poca quantità e la maggior parte furono derubate in tempo immaturo senza profitto” e poi “[nel 1815] la primavera fu tardiva per la gran neve e terminò di scoprirsi la campagna solo alla metà di aprile e li frumenti erano tutti, o quasi tutti morti. L’estate fu sempre fredda e piovosa e si raccolse quel poco frumento che era rimasto, solo in agosto. L’anno 1816 fu freddo e di grandiose piogge, con danni grandiosi su fiumi e torrenti».
(A.M. Pedrocchi, 2013. Ol feròs. Giovan Maria Pedrocchi, un borghese bergamasco tra ‘700 e ‘800, Centro culturale Baradello, Clusone, 191 pp.)
TOSCANA, 1765: Il freddo «fra le ore 2 e 4 della mattina del 14 aprile 1765 in momenti bruciò nelle pianure della Toscana gli Occhi delle viti, dei Peschi dei Fichi e dei Noci…», tanto che «da molti anni in qua abbiamo perso la bussola e non si riconoscono più le stagioni… abbiamo avuta la primavera nell’inverno, l’inverno nella primavera, la primavera nell’estate e l’estate è iniziata a mezzo settembre». Insomma «l’ordine antico delle stagioni pare che vada pervertendosi, e qui in Italia è voce comune, che i mezzi tempi non sono più».
Giovanni Targioni Tozzetti, 1767. Cronica meteorologica della Toscana per il tratto degli ultimi sei Secoli relativa principalmente all’Agricoltura (Alimurgia, pt. III).
MEAUX (Francia), 1788: «Nel 1788 non c’è stato inverno, la primavera non è stata favorevole alle colture, ha fatto freddo, la segale non è stata buona, il grano è stato abbastanza buono ma il caldo eccessivo ha disseccato i chicchi, cosicché il raccolto di grano era molto scarso….; il 13 luglio c’è stata un’ondata di grandine che, cominciata dall’altra parte di Parigi, ha attraversato tutta la Francia fino alla Picardia e ha fatto grossi danni; la grandine pesava 8 libbre e ha falciato grano e alberi al suo passaggio; si estendeva su una fascia larga due leghe e lunga 50…..; invece la vendemmia è stata buonissima e i vini eccellenti. L’uva è stata raccolta a fine settembre; il vino valeva 25 lire dopo la vendemmia e il grano 24 lire dopo il raccolto.
Dal diario di un viticoltore dei dintorni di Meaux (fonte: Emmanuel Le Roy Ladurie, 2011. Les Fluctuations du climat de l’an mil à aujourd’hui, avec Daniel Rousseau et Anouchka Vasak, Fayard, 332 pages).
TOSCANA, 1590: «Trovandosi la Toscana afflitta da grandissima Carestia, e non essendo potuti ottenere Grani dalla Sicilia, dal Levante, dalla Barberia, state le male Ricolte, che erano state ancora in quei Paesi soliti essere Granaio dell’Italia, il serenissimo Granduca Ferdinando I, con somma prudenza riflettè, che le medesime Cause Meteorologiche, dovevano aver cagionato una copiosissima Ricolta nei paesi più settentrionali di noi. Perciò si voltò alle più remote Provincie verso il Baltico, allora non molto praticate, e spedì per le poste a Danzica Riccardo Riccardi Gentiluomo fiorentino, ricchissimo e principalissimo Mercante, per incettar Grani e Biade, ed in questa maniera, da niun’altro prima immaginata, gli riuscì di metter l’abbondanza nella Toscana».
Giovanni Targioni Tozzetti, 1767. Cronica meteorologica della Toscana per il tratto degli ultimi sei Secoli relativa principalmente all’Agricoltura (Alimurgia, pt. III).
Quale morale
Da queste cronache emerge on evidenza il fatto che l’età dell’oro non è mai esistita e che le anomalie termiche e pluviometriche affliggono da sempre i nostri simili. Emerge inoltre che determinante per evitare gravi danni a cose e persone è da sempre la previdenza (idonee scorte di cibo ed energia, mezzi operativi in buono stato di manutenzione, ecc.) e la capacità di auto-attivazione delle comunità locali (che oggi potremmo chiamare principio di sussidiarietà o “aiutati che il ciel t’aiuta”).
C’è poi da considerare un aspetto di cultura generale su cui da anni mi capita di insistere ma con risultati all’apparenza scarsi, almeno a giudicare da quanto viene costantemente riproposto sui grandi media: a Est dell’Italia c’è la Siberia che nella stagione invernale è il “polo del freddo” del nostro emisfero, ospitando le masse d’aria più gelide in assoluto. In tali condizioni, che si ripetono tutti gli inverni, è sufficiente che un anticiclone si piazzi sul Centro-Nord Europa in idonea posizione per far si che l’Italia sia investita dall’aria siberiana con ondate di freddo i cui casi più estremi negli ultimi 100 anni sono stati nel febbraio 1929, nel febbraio 1956, nel gennaio 1985 e nel febbraio 2012 (in media un caso ogni 25 anni). Per questo, prima ancora di ragionare di cambiamento climatico aderendo a slogan ottusi del tipo “farà sempre più caldo”, occorrerebbe prima di tutto ragionare del nostro clima e di come esso si comporta, e questo ad iniziare dalle scuole.
E smettiamola per favore di dire che “il clima è impazzito”. È questo infatti un luogo comune falso e che purtroppo frulla nelle teste dei nostri concittadini da oltre 2000 anni, come ci dimostra il fatto che di esso ebbe a suo tempo a lamentarsi il grande agronomo romano Lucio Moderato Columella (Cadice, 4-70 d.C.) nell’introduzione al suo De re rustica: “Io odo spesso gli uomini principali di Roma lagnarsi, chi della sterilità dei campi, chi dell’intemperie dell’aria, nociva alle biade da lungo tempo in qua… Quanto a me, Publio Silvino, tengo tutte queste ragioni per lontanissime dalla verità”.
Il clima va conosciuto, perché se lo conosci non ti uccide.