Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 17 Luglio 2018
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=48870

La questione è grave ma non seria si potrebbe dire. Domanda: quanti di voi si sono mai posti il problema di come venga misurata davvero la “febbre del pianeta”? Primo stop: non si tratta di una misura ma di una stima, e la differenza tra questi due termini è tutta nell’approssimazione; tanto più cresce l’incertezza del sistema di misura, tanto più l’oggetto dell’osservazione sarà stimato anziché noto.

Ma, in qualche modo, diversi gruppi di lavoro facenti capo a diverse realtà, sono riusciti a produrre dei dataset che raccolgono e gestiscono le informazioni derivate dalla rete di osservazione i cui output restituiscono un buon accordo a livello globale. Di qui la confidenza nel fatto che, a prescindere dalle cause, il trend della temperatura media superficiale del pianeta nell’era della misurazione oggettiva sia positivo.

Tuttavia, comprendere se e quanto questo segno positivo possa indurre delle modifiche alle dinamiche del clima, dipende in modo indissolubile dall’accuratezza della stima dello stesso non già a livello globale, quanto piuttosto alla scala spaziale a cui si realizzano i diversi tipi di clima, più tipicamente quella regionale. Questo, soprattutto perché è da queste eventuali variazioni che possono derivare eventuali impatti, che poi sono quelli che interessano davvero.

E’ uscito di recente sul Journal o Geophysical Research un paper in cui è stata compiuta una comparazione dei quattro più importanti dataset della temperatura superficiale per valutarne le eventuali differenze a scala spaziale ridotta: come facilmente intuibile, i risultati sono sorprendenti e, soprattutto, mettono l’accento sulla disomogeneità spaziale dei punti di osservazione, sul loro posizionamento e sul bias che questi problemi introducono nelle serie, generando differenze nelle anomalie alla scala regionale in molti casi paragonabili all’ampiezza della variazione a scala globale e in alcuni addirittura con segno opposto del trend da diversi dataset.

Land Surface Air Temperature Data Are Considerably Different Among BEST-LAND, CRU-TEM4v,NASA-GISS, and NOAA-NCEI

Come era lecito attendersi, i problemi più grossi sorgono nelle zone dove la disponibilità di punti di osservazione è molto limitata, le alte latitudini, il centro America, l’Africa, l’India e così via. Questo non pone solo un problema di affidabilità del trend a scala globale (che eredita variazioni occorse in porzioni limitate del pianeta), ma anche di conoscenza delle effettive variazioni alle scale inferiori in punti di chiave del sistema climatico, per le dinamiche che lo contraddistinguono, si pensi al tema dello scioglimento dei ghiacci e dell’innalzamento del livello del mare, o agli eventi di siccità per le aree a contatto con i grandi deserti del pianeta, o alle dinamiche dei monsoni, tutti veri e propri motori del clima.

Dal momento che il paper è liberamente accessibile e anche piuttosto corposo, ve ne lascio volentieri la consultazione, ma penso sia importante riprendere l’ultima parte delle conclusioni:

This limitation of the observation-based data sets needs to be addressed to increase the confidence of
climate change studies using these data sets. One way to address this issue is to improve the design and
implementation of the global station network. Different international initiatives have already started the process of improving the density and the quality of station measurements, such as the International Surface Temperature Initiative (Rennie et al., 2014) and the new network implementation plan described by the Global Climate Observing System (Thorne, Allan, et al., 2017; World Meteorological Organization, 2016).

Although continuing this improvement is critical and necessary, doing so is time and resource consuming.
Moreover, the improvement would mostly benefit the data set for the future, which cannot directly reduce the variations across data sets for the past. In contrast, remote sensing data are in a unique niche to provide nearly spatial-complete information over land surface. Several off-the-shelf global surface temperature products at various spatial resolutions for the recent decades (since the 1980s) are currently available, including both land surface temperature and air temperature profiles. Remotely sensed products suffer from their own limitations, such as the observation time change across satellites and biases due to cloud contamination. On the other hand, atmospheric reanalysis data have also been very popular in various applications. Despite its known uncertainties, reanalysis data provide valuable complete global temperature data at various resolutions. With appropriate statistical methods, combining global station network observations, reanalysis temperature data, and remotely sensed temperature products to generate a spatial-complete LSAT data is possible. Efforts in this aspect are already ongoing, which could significantly benefit climate change studies requiring LSAT data sets (Merchant et al., 2013; Thorne, Madonna, et al., 2017).

In pratica,alla luce dei loro risultati, gli autori ritengono sia essenziale perseguire dei programmi di accrescimento della precisione e distribuzione delle osservazioni – e nel mondo sta avvenendo il contrario – pur ammettendo che questo avrebbe per beneficio sulla qualità futura dei dataset, non certo su quella passata e presente, lasciando comunque ampi margini di incertezza.

Inoltre, è necessario che vengano utilizzate – altra cosa che non accade per una scelta incomprensibile in termini scientifici ma molto chiara per altri versi in quanto trattasi di osservazioni “scomode” – anche le serie derivate dalle osservazioni satellitari, che pur con tutti i loro problemi offrono la garanzia di una copertura spaziale assolutamente omogenea (e raccontano una storia recente piuttosto diversa…).

Insomma, per tornare da dove abbiamo iniziato, il GW, con o senza la A davanti, è un problema locale (nel senso della scala spaziale dei punti di osservazione) che è stato riportato alla scala globale, ma che in questo tragitto ha perso quasi del tutto la capacità di rappresentare le variazioni alle scale inferiori, che poi sono quelle che contano davvero. Meditate gente, meditate.

NB: l’immagine a corredo di questo post viene da www.surfacestations.org