Autore: Donato Barone
Data di pubblicazione: 06 Dicembre 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=51989

Sono passati già quattro giorni dei tredici previsti e da Madrid non trapela nulla di rilevante. Alla Conferenza delle Parti sono accreditati oltre quattromila giornalisti, ma non si riesce ad avere alcuna notizia. Uno dei principali organi di stampa del Paese ospitante, l’autorevole El Pais, pubblica qualcosa, ma ciò che pubblica sa più di cronaca che di notizie sullo stato d’avanzamento dei lavori.

Per capire dove andremo a parare voglio offrirvi il parere di uno scienziato presente a Madrid. Egli ha rilasciato un’intervista a El Pais il giorno dell’apertura dei lavori della COP 25. Cercherò di riassumerla in quanto mi sembra emblematica dello stato d’animo degli scienziati. Il ricercatore intervistato, è Bjorn Stevens, direttore dell’Istituto di Meteorologia del Max Planck Institute di Amburgo. Egli pone diverse questioni interessanti ed anche condivisibili in quanto sono logiche a priori, indipendentemente dal cambiamento climatico. Secondo lo studioso non è utile chiedere ai cittadini di dare il proprio contributo individuale per ridurre le emissioni. Essi possono anche farlo, ma non cambiano di molto la situazione. Si è soliti criticare i viaggi in aereo perché sarebbero più inquinanti di quelli in treno, per cui molte persone hanno cominciato a spostarsi in treno. Il risultato è che per andare da Madrid ad Amburgo, per esempio, si impiegano due giorni. Utilizzando altre tecnologie (TAV?), lo stesso viaggio potrebbe essere fatto in sette ore. Detto in altri termini il cambio di stile di vita può essere chiesto ed ottenuto, con ricadute rilevanti a livello ambientale e climatico, se si riuscisse ad offrire, a parità di costi economici e sociali, lo stesso servizio in modo più sostenibile. Come dargli torto?

Altro aspetto che Stevens mette in rilievo è la necessità di una grande collaborazione internazionale di ricercatori sulle tematiche relative allo sviluppo di tecnologie per la mitigazione delle cause del cambiamento climatico e per l’aumento della resilienza delle strutture e della società agli effetti del cambiamento climatico. A titolo di esempio addita la grande collaborazione internazionale che ha portato alla nascita del CERN e che ha generato tutte le scoperte effettuate nel campo della fisica delle particelle e non solo. Solo una grande comunità di scienziati che lavorano tutti su una stessa problematica, potrà consentire di risolvere le problematiche ambientali e climatiche. Questo aspetto del suo discorso è meno condivisibile del primo, ma rientra in una logica corretta e, posto che il cambiamento climatico in atto sia dovuto a cause antropiche, quella di B. Stevens mi sembra una proposta interessante.

Altro punto rilevante della sua intervista che condivido pienamente riguarda le sue aspettative circa la COP 25. La sua risposta è di una chiarezza disarmante. Lui non si aspetta nulla da questa COP perché essa avrà la stessa sorte di tutte le 24 che l’hanno preceduta: si concluderà con un nulla di fatto. Concordo e sottoscrivo. Secondo il ricercatore la soluzione al problema climatico potrà trovarsi in un accordo tra Nazioni nell’ambito del G7.

Nell’intervista c’è anche la solita genuflessione di rito alla narrativa corrente circa il cambiamento climatico: ghiacci che si sciolgono, artico in fiamme, disastri a rotta di collo e via discorrendo, ma era scontata.

C’è anche una caduta di stile riguardo agli scettici del cambiamento climatico: egli li liquida con un secco “non ti curar di loro, ma guarda e passa”. Non sono proprio le sue parole, ma il senso è quello.

Altrettanto interessante mi è parso un articolo  pubblicato su The Guardian da Anne Bell, nota attivista, che fa parte del gruppo dirigente di Possible, un’associazione caritatevole che ha come scopo quello di battersi contro il cambiamento climatico. Ella traccia una breve storia delle COP che si sono succedute nel corso dei decenni dal punto di vista di un’attivista. Secondo Bell la lotta al cambiamento climatico ha conosciuto tre momenti estremamente importanti: Kyoto, Copenaghen e Parigi. Mentre Kyoto e  Parigi hanno rappresentato due punti di svolta nella lotta contro il cambiamento climatico nella direzione voluta dagli attivisti, Copenaghen ha rappresentato una disfatta inimmaginabile per il movimento ambientalista. Il resto delle COP può essere considerato solo un fatto di folklore e nulla più. Nessuno se ne è accorto. Concordo e sottoscrivo. Quella di Madrid potrebbe andare diversamente, grazie al movimento di opinione innescato nel mondo da G. Thunberg. Dal contesto sembra, però, che Bell abbia poca fiducia circa l’esito della COP in corso e, difatti, si augura che il movimento di opinione sia ad ampio raggio e, quindi, possa protrarsi fino alla prossima Conferenza delle Parti: la COP 26 di Glasgow. Questa, a giudizio di A. Bell, sarà la Conferenza della svolta ed a Glasgow potremo assistere ad una nuova Kyoto o ad una nuova Copenaghen. Molto dipenderà, secondo l’autrice, dalla capacità del movimento ambientalista innescato da G. Thunberg di resistere fino al prossimo dicembre. Dalla lettura del suo articolo, sembrerebbe che la Bell sia una persona che crede nella ciclicità degli eventi: una sorta di corsi e ricorsi storici in salsa ambientalista. E vabbè, tutto rinviato al prossimo anno, dunque.

Ho voluto riportare questi due punti di vista circa le aspettative sui risultati della COP 25. Si tratta del punto di vista di un esponente dell’ala “scientifica” del movimento ambientalista e del punto di vista di un’esponente dell’ala “politica” dello stesso. Si, perché di questo, ormai, si tratta. La scienza utilizzata dai politici per portare avanti la loro agenda.

Qualcuno potrebbe obiettare che questo giudizio è frutto del mio atteggiamento scettico (negazionista, secondo la vulgata imperante a Madrid e dintorni). Non è così. E’ quanto sostengono i principali leader politici impegnati in prima linea nella lotta al cambiamento climatico: N. Pelosi, P. Sanchez, A. Guterres. in questo articolo  pubblicato su El Pais che, in fatto di attivismo climatico, è forse peggio di The Guardian o qualche testata nostrana. La scienza utilizzata come clava contro gli scettici e per convincere, si convincere, i riluttanti politici presenti alla COP.

Nel frattempo anche il Papa ha fatto sentire la sua voce alla COP 25. In un messaggio inviato ai partecipanti egli invita a non perdere un’opportunità unica, per bloccare il cambiamento climatico attraverso “un cambiamento di prospettiva che metta la dignità al centro della nostra azione, chiaramente espressa nel ‘volto umano’ delle emergenze climatiche”. E’ un chiaro invito a modificare il nostro sistema di sviluppo in un senso comunitario. In tal modo si salverà il genere umano come promette la scienza. Tutti applaudono il Pontefice ambientalista, salvo attaccarlo appena tocca altri argomenti cui l’area politica che gravita attorno al movimento salvapianeta è molto sensibile ed ha posizioni opposte a quelle di Papa Francesco.

Qualche giorno fa un lettore di CM si chiedeva a quanto ammontassero le emissioni delle COP. Oggi è stata pubblicata una velina  di fonte ONU in cui si spiega che l’impatto della Conferenza, in termini di emissioni di diossido di carbonio, è neutro. Più avanti ci comunica che entro la prossima primavera il Paese organizzatore certificherà le emissioni della COP e che le stesse saranno caricate alla Spagna che ridurrà le proprie di una quantità uguale. L’ONU predisporrà, infine, una serie di certificati che potranno essere acquistati dalle imprese ed organizzazioni partecipanti alla COP per “ridurre” le proprie emissioni non legate alla COP. Il solito giochetto delle tre carte, insomma. Apprendiamo, infine, che la COP ha bandito la carta: tutti i documenti sono stati digitalizzati ed è possibile partecipare virtualmente agli eventi collaterali alla COP. Sarebbe stato più interessante partecipare virtualmente ai lavori, ma resterà un semplice auspicio.

Tornando alle trattative tra i delegati, posso ribadire che poco o nulla si muove. Chi abbia voglia di farsi un’idea del tipo di discussioni in corso, può dare un’occhiata a questo documento . In perfetto stile burocratese dice che la macchina dei negoziati funziona a pieno regime, ma produce solo chiacchiere.

Molto più importante, invece, una prima bordata della Cina che diffida gli europei dal fare i furbi.

In una dichiarazione  riportata dalla Reuters, uno dei delegati cinesi ha chiarito che l’Accordo di Parigi potrà considerasi finito se l’EU metterà in pratica un’idea del Commissario all’ambiente Timmermans e che costituisce una delle colonne portanti del Green New Deal, proposto dalla nuova Commissione Europea. Si tratta di un dazio da applicare alle merci entranti in Europa e provenienti dai Paesi in cui le legislazioni in materia di emissioni sono molto più blande (leggi Cina). I cinesi hanno mangiato la foglia al volo ed hanno realizzato che una simile tassa avrebbe reso vincolanti gli impegni di Parigi, indipendentemente dalla volontà del Paese produttore. Da qui la reazione piccata dei negoziatori cinesi già scottati pesantemente dai dazi imposti da Trump. Eh, si. Il mercato del carbonio e l’art. 6 dell’Accordo di Parigi saranno gli scogli su cui potrebbe naufragare questa COP. Tutto come previsto.

Nel frattempo si attende l’arrivo di G. Thunberg previsto per domani. Forse la COP 25 avrà un sussulto.