Dicembre 2004 fu contrassegnato da alcune irruzioni artiche che portarono temperature rigide ma cieli sereni .Queste irruzioni erano pilotate da un Anticiclone delle Azzorre in una posizione insolita che faceva scorrere sul suo bordo orientale aria fredda. In seguito, dopo una prima parte di gennaio tranquilla, a metà del primo mese dell’anno, lo scenario italiano ed europeo cambiò drasticamente.
A seguito di ripetuti riscaldamenti stratosferici, il vortice polare si suddivise in due tronconi; il primo investì l’Atlantico prospiciente le coste canadesi, il secondo andò a colpire la Russia, portando una importante irruzione d’aria artica, che fece precipitare le temperature fino a-32°C a Mosca. Ma il freddo non rimase confinato sulla Russia, difatti ben presto sconfinò verso Ovest; Svezia e Norvegia, a causa del contrasto tra l’avanzante aria gelida e l’aria atlantica più mite, subirono autentici blizzard. Oslo venne seppellita da una coltre di oltre mezzo metro di neve in 24 ore, mentre a Helsinki si registrò una temperatura minima di -22,8°C e una massima di -19°C.
Viceversa, come spesso accade in questi casi, le isole Svalbard e l’Islanda si trovarono esposte al flusso particolarmente mite proveniente dall’Atlantico. Infine, l’Anticiclone delle Azzorre dopo l’ennesima espansione verso nord-est, si unì all’Anticiclone russo-siberiano rinforzato dal precedente riscaldamento stratosferico. Si creò così il Ponte di Voejkov che promosse altre irruzioni gelide da est.
Gelo in Italia
Il giorno 22 gennaio un nucleo gelido di matrice artico-continentale investì direttamente l’area Balcanica ma la parte più gelida non varcò l’Adriatico. Anche l’Europa centrale non fu risparmiata dalla gelida palude fredda e così Berlino piombò a -20°C di minima.
L’Italia fu comunque investita da tese correnti orientali, che si fecero sentire al Nord sotto forma di cieli sereni e relativo crollo termico. Peggio andò per le regioni adriatiche, dove l’effetto Stau produsse intense nevicate che sfociarono anche in violente bufere. In compenso la mattina del 24/01 il Nord si svegliò attanagliato dal gelo, che se non eccezionale fece scendere sui -11°C la temperatura nel milanese. Frattanto la cellula anticiclonica spostò i suoi massimi su Scozia, Irlanda e Islanda perdendo la componente termica e diventando dinamica. Questo diede il via ad una seconda discesa fredda principalmente composta da aria artico-marittima verso l’Europa centrale ed il Mediterraneo.
Grandi nevicate in Italia
Prima di giungere a destinazione, l’aria fredda transitò appena al di là delle Alpi e generò una depressione sul Golfo del Leone, la quale iniziò a convogliare aria mite verso la penisola.
Data la presenza del gelido cuscino freddo formatosi nella fase fredda precedente, lo scorrimento di aria umida e temperata sulla preesistente aria molto fredda, diede il via a copiose nevicate che interessarono gran parte del Nord Italia, ma soprattutto, almeno nella prima fase, l’angolo di nord-ovest (meno interessato il Piemonte), l’Emilia e appena dopo le Alpi e prealpi venete. Il cuscino freddo, figlio della freddissima e densa aria artica continentale, resistette efficacemente ai venti umidi e temperati per tutto il 26 e 27 di gennaio, generando sul Nord Italia abbondanti nevicate, che in Lombardia raggiunsero diffusamente i 30cm, con punte sino a 40—45 cm. Anche Genova subì una imponente nevicata. In quel periodo gelido sul finire del gennaio 2005 vennero colpite duramente dalle nevicate anche le Marche, l’Abruzzo, la Campania e la Basilicata dove nelle zone interne nevicò per molti giorni e si misurarono accumuli superiori al metro in Abruzzo, alcune aree dell’Irpinia, del Salernitano (immediato entroterra cilentano e Vallo di Diano), del Potentino e nelle aree interne marchigiane con diversi metri di neve sulle rispettive località appenniniche.
Il freddo artico toccò quindi alla penisola iberica con neve a Lisbona e in molte località spagnole che ricordarono l’inverno 1956. Di seguito alcune immagini delle ripetute ondate di freddo che colpirono l’Europa tra Gennaio e Marzo (situazione temperature a 850 hPa.):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’inverno 2005 in Abruzzo

Visto il recente episodio in Abruzzo di gennaio 2017, viene qui descritto il caso del 2005, che, se si esclude il terremoto, fu  peggiore. L’Abruzzo ha vissuto un trimestre invernale dai connotati siberiani, uno di quegli inverni che racconteremo, per il freddo, per la neve (tanta), per le gelate, per le chiusure prolungate di scuole ed uffici e per gli episodi nebbiosi. Dopo una fase non troppo fredda precedente il Natale 2004 si incomincia con le prime forti gelate attorno all’11 dicembre, culminanti in una fase nebbiosa, per la zona della piana del Fucino, che va dal 19 dicembre al 24, in cui si toccano punte di -6° e giornate di ghiaccio e galaverna, addirittura il 23 si verifica un episodio di neve chimica. Gli ultimi giorni dell’anno sono caratterizzate da episodi nevosi ma con scarso accumulo, stante le temperature leggermente alte. Con i primi di gennaio inizia una fase anticiclonica con forte inversione termica e gelate intense e termometro che, anche di giorno, oscilla attorno ai 3° (zona di riferimento: Avezzano). La svolta avviene il 18 gennaio quando una minima di -8° dà il via a quella che sarà la parentesi più fredda e duratura degli ultimi 30 anni. Inizia così un periodo nevoso, con irruzioni fredde di natura polare e marittima che si alternano a quelle ancora più fredde provenienti dalla porta della bora. Inizialmente sono la zona della Marsica e dell’Aquilano ad essere maggiormente colpite con neve e temperature polari, in tal senso spiccano i -19° dell’osservatorio di Campo Imperatore. Ma in corrispondenza con i giorni della merla è la zona peligna e costiera a ricevere lo schiaffo più forte: in una sola notte cadono 60 cm ad una quota di 400 metri e più di 100 cm attorno ai 1000 metri. A Roccacaramanico cadono in una sola notte ben 200 cm di neve. Il giorno seguente la piana di Navelli (700 metri) registra una minima di -12° ed addirittura -31° a Campo Felice (1400 metri). Molti comuni dell’Alto Sangro sono isolati. La regione chiede lo stato di calamità. . Per una settimana verranno riproposti episodi nevosi da stau con accumuli totali nella Marsica orientale che sfiorano i 200 cm ad una quota di 1200 metri. Notevole anche il freddo: -13° registrati al Telespazio (piana del Fucino 650 mslm AQ). Dal 10 febbraio inizia per la Marsica l’inferno: dopo alcune nevicate con accumuli importanti si arriva al 20 febbraio, nella notte cadono nella città di Avezzano 60 cm freschi, arriva l’ ordinanza di chiusura delle scuole, rimarranno tali per una settimana. Ancora più colpite le zone attorno alla città di Tagliacozzo, dove nelle frazioni cade più di un metro di neve in una sola notte. Ogni notte seguente si verificano accumuli che oscillano attorno ai 10 cm. Smette di cadere neve solo il primo di Marzo, il rasserenamento permette nei giorni seguenti minime record ad Avezzano (per il mese di marzo): -8°,-10°,-11°c. Addirittura nel Fucino si raggiungono i -20°, in questi giorni anche la massima non ha superato i -2°. Il 4 Marzo riinizia a nevicare, gli accumuli sono sempre importanti, circa 20 cm al giorno. Dunque ai primi di marzo l’intero Abruzzo è in ginocchio: toccati di nuovo i -31°C la notte del 6 Marzo 2005 al Rifugio del Lupo, situata in località Vado di Pezza (Rocca di Mezzo 1468 m s.l.m.), gli accumuli nel capoluogo marsicano si aggirano sui 100 cm , pendono dai tetti stalattiti di ghiaccio lunghe un metro, cosa che non succedeva dall’86. Anche la zona del chietino tocca spessori di 80 cm. A Roccacaramanico l’accumulo totale supera i 4 metri. Su Gran Sasso, Maiella e Velino gli accumuli sono oramai incalcolabili. Di rilevanza storica sono:

– La minima assoluta per il mese di Marzo ad Avezzano di -11°.

– Le gelate consecutive dall’11 dicembre 2004 al 22 marzo 2005 (zona marsica ed aquilano).

– La presenza costante della neve al suolo da metà gennaio a metà marzo (quota di riferimento 600 metri).

-L’ultima precipitazione liquida risalente a metà dicembre 04, ovvero totale assenza di episodi sciroccali di forte rilevanza (zona Marsica).

– L’insistenza e la durata degli episodi nevosi.

-1 marzo, temperatura minima a Roma di -5 C°, battendo il precedente record.

 

Fonti: Wikipedia e Meteoaquilano

 

In conclusione, pur se il 2005 è stato un inverno da Peg, la massiccia manipolazione mentale pro Agw operata dai Mass Media, ha fatto dimenticare ai più quell’inverno. Non mancò in tal periodo chi attribuì quel gelo al riscaldamento globale. Un fatto curioso che accadde tra ottobre e novembre 2004, fu lo spegnimento per circa 10 giorni della Corrente del Golfo; tuttavia, dopo quella parentesi, si ripristino velocemente, e tornò come prima.

 

Alessio

 

P.S: Chi avesse foto di quell’inverno, sarebbe gradito le condividesse sulla pagina Facebook di Attività Solare.