Autore: Massimo Lupicino
Data di pubblicazione: 26 Gennaio 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=50124

Vai a capire come mai erano così convinti, gli abitanti della Terra agli inizi del 21o secolo, che il clima del loro Pianeta fosse determinato solo dal tenore di CO2. Bastava guardare qualche grafico per scoprire che quella correlazione proprio non esisteva. Non era mai esistita nei 600 milioni di anni precedenti, nè esisteva nel brevissimo termine, allorché il tenore di CO2 aumentava linearmente a fronte di “pause” nell’aumento di temperatura che gli accigliati esperti del tempo attribuivano a ragioni che oggi appaiono scientificamente spericolate. Quando non del tutto ridicole.

Si sosteneva, per esempio, che il caldo del passato fosse “meno caldo” di quanto si credeva, e si “ritoccavano” di conseguenza i dataset storici delle temperature con l’effetto di creare trend di riscaldamento esasperati. Si chiamavano in causa errori di misura di decenni addietro: ad esempio si disquisiva di come venissero erroneamente manipolati i secchi d’acqua dalle navi che misuravano la temperatura del mare, e in base a questo si esasperavano ulteriormente i trend di aumento delle temperature. Qualcun altro, invece, chiamava in causa dei misteriosi pozzi di calore che ingoiavano il caldo nelle profondità oceaniche, pronti a risputarlo fuori più avanti, per arrostire l’umanità. Quando le misurazioni satellitari non confermavano i trend previsti dagli esperti (Dio solo sa perché non si usassero solo quelle, a fronte della evidente inaffidabilità dei dati misurati al suolo) allora si chiamavano in causa improvvise necessità di correzione anche di quei dati. Finché non replicavano quelli (a loro volta già “omogeneizzati”) al suolo.

Nessuno rideva di questi “studi” che sfidavano il buon senso, anzi, avevano tutti dignità di pubblicazione sulle riviste più prestigiose dell’epoca. Ci si aggrappava alla “corretta metodologia per giustificare la pubblicazione di articoli altrimenti imbarazzanti, che si contraddicevano tra loro in modo grottesco, ma che sostenevano tutti la stessa narrativa: fa caldo per colpa della CO2, ovvero dell’uomo.

Ma non bastava, perché comunque l’evidenza diceva che rispetto al 1850 le temperature erano aumentate di appena 0.8 gradi. Qualcuno allora inventò una teoria secondo la quale l’aumento di temperatura sarebbe comunque avvenuto più avanti, e sarebbe stato improvviso e furioso: la chiamarono teoria della “mazza da hockey”. Quella mazza, però, non arrivava mai. Ogni tanto, a intervalli di qualche anno, qualcuno diceva di averla vista. Si sbagliava, perché era semplicemente l’ENSO, e di lì a poco la mazza si sarebbe trasformata nuovamente in un encefalogramma piatto. Possibilmente da inclinare con nuovi esercizi di “omogeneizzazione” dei dati del passato.

I cosiddetti “modelli climatici” dominavano la narrativa catastrofista dell’epoca. Assolutamente incapaci di prevedere alcunché, avevano solo dimostrato nei decenni l’insostenibilità dell’idea di un clima CO2-dipendente. Tuttavia, la pubblicazione di miracolose “revisioni” degli stessi modelli, ne allungavano indefinitamente la vita. Strano che gli scienziati dell’epoca non si rendessero conto della differenza tra un “history match” e una previsione ben fatta: un concetto elementare eppure inspiegabilmente ignorato.

Erano tempi di confusione, in cui sembrava che il metodo scientifico avesse lasciato nuovamente il posto ai tribunali di inquisizione: la scienza climatica, e solo quella, veniva considerata “consolidata”, e qualsiasi tentativo di aprire un confronto sul tema era considerato eresia e peccato mortale: persino in ambienti religiosi, proprio come ai tempi di Galileo, Savonarola e Serveto. Nel mentre, la scienza vera continuava a fare progressi impressionanti, specie in ambito bellico dove armi supersoniche praticamente invincibili venivano sviluppate da paesi che non intendevano baloccarsi con il Global Warming e gli altri temi ridicoli e irrilevanti con cui si intrattenevano le elites di un occidente molle e decadente.

Ma la cosa più difficile da spiegare è come mai ci si preoccupava tanto della CO2, a fronte degli indiscutibili benefici che questa regalava al Pianeta: la Terra diventava più verde, la produzione agricola aumentava conseguentemente, salvando la vita di milioni di persone. E nonostante i fenomeni meteorologici estremi non mostrassero alcun aumento, si attribuiva alla CO2 qualsiasi evento atmosferico, da una siccità ad una nevicata, da un’alluvione a una gelata primaverile.

Le stesse persone che pompavano CO2 nelle serre per aumentarne la produttività, maledicevano la CO2 come un veleno mortifero. E gli stessi che sciavano in inverno e andavano al mare l’estate, sempre negli stessi posti da decenni, strepitavano e si flagellavano per la prevista scomparsa della neve sui monti e per il mare che avrebbe inondato le loro città. Una contraddizione inspiegabile tra realtà e fiction, fondata sul rifiuto di voler guardare ai fatti per preservare le previsioni degli “esperti”. E per poter giustificare, alla luce di quelle previsioni, “transizioni energetiche” altrimenti del tutto prive di senso.

Avevano davanti una mole impressionante di prove, gli uomini e le donne di allora. Prove che gli gridavano in faccia l’inaffidabilità delle previsioni climatiche dei modelli, l’insensatezza di una narrativa clima-catastrofista smentita dai fatti, e l’assenza di una correlazione chiara tra CO2 e temperature. E l’esistenza di correlazioni molto più affidabili e sensate che con la CO2 non c’entravano nulla. Le hanno ignorate, quelle prove, mentre trilioni di dollari continuavano a piovere sulla causa del Climate Change, e i pochi anziani scienziati della vecchia guardia denunciavano la corruzione che quei trilioni stavano portando, proprio in ambito scientifico.

Erano soldi dei cittadini comuni, quei trilioni di dollari. Soldi sottratti allo sviluppo, alla ricerca scientifica in ambito medico, alla creazione di posti di lavoro, al sostegno dei bisognosi. Soldi drenati sotto forma di tasse, dalle tasche sfondate di contribuenti sempre più infuriati. Trilioni bruciati per abbandonare un modello energetico economico ed efficiente in favore di uno costoso e inefficiente. Ma profittevole per chi, quella transizione energetica, la guidava e la promuoveva.

Non poteva andare avanti troppo a lungo.

Improvvisamente, infatti, accadde quello che sappiamo. E da quel momento, di global warming antropogenico e di tanti altri falsi problemi del giorno prima, non se ne parlò più.