Autore: Donato Barone
Data di pubblicazione: 20 Ottobre 2020
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=53584

Questo dilemma risale alla notte dei tempi e, pur essendo stato chiarito dalla biologia, continua a far parte dell’immaginario collettivo come esempio di un qualcosa che non riusciamo a decidere.

In ambito climatologico esiste un problema simile e riguarda la dipendenza della temperatura media globale dalla variazione della concentrazione di diossido di carbonio nell’atmosfera terrestre. E’ opinione diffusa che sia la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera a determinare la temperatura del nostro pianeta, ma esistono delle linee di pensiero minoritarie che invertono il rapporto di dipendenza: è la temperatura che determina l’aumento della concentrazione di CO2 atmosferica e non viceversa. Personalmente mi riconosco nella linea di pensiero principale, in quanto è ben chiaro il processo fisico che conosciamo con il nome comune di effetto serra. Ciò che mi allontana dalla linea di pensiero principale non è il fatto che il diossido di carbonio, interagendo con la radiazione uscente dall’atmosfera terrestre, l’assorba aumentando la sua energia e, quindi, modifichi il bilancio tra radiazione entrante nell’atmosfera terrestre e radiazione uscente, ma che sia il solo ed unico fattore che determina il riscaldamento terrestre sperimentato nel corso degli ultimi decenni. Concentrarsi solo sul diossido di carbonio e trascurare, per esempio, l’effetto delle nubi, mi sembra un errore. Così come mi sembra un errore non tener conto nelle elaborazioni modellistiche che il principale responsabile dell’effetto serra è il vapore d’acqua e così come sovrastimare il valore della sensibilità climatica all’equilibrio o transitoria. Esistono ancora altri fenomeni fisici non del tutto chiari che mi allontanano dalla linea di pensiero principale, ma sul fatto che la molecola di diossido di carbonio assorba parte della radiazione infrarossa in uscita dall’atmosfera terrestre, ho pochi dubbi.

Mi reputo, però, una persona di mentalità aperta, per cui non mi sognerei mai di rigettare a priori un’idea diversa dalla mia, senza prima averla prima valutata, per cui quando mi sono imbattuto nell’articolo di D. Koutsoyiannis e Z. D. Kundzewicz  (da ora Koutsoyiannis et al., 2020)

Atmospheric Temperature and CO2: Hen-or-Egg Causality? (Version 1)

ho cercato innanzitutto di accertare la fondatezza della loro tesi.

Koutsoyiannis et al., 2020 indaga il legame tra le temperature globali e la concentrazione atmosferica di diossido di carbonio, allo scopo di stabilire se la temperatura determina la concentrazione atmosferica di CO2 o, viceversa, sia la CO2 a determinare le temperature globali terrestri. Già il modo in cui è posta la questione mi lascia perplesso: ho appena finito di dire che sono tante le cause che possono determinare il riscaldamento in corso e mi trovo due ricercatori che riducono tutto a stabilire se sia la CO2 a determinare la temperatura globale terrestre. E tutto il resto? Nonostante la pregiudiziale iniziale, ho continuato a leggere l’articolo che si presenta piuttosto lungo e parecchio complesso dal punto di vista matematico.

Gli autori utilizzano alcuni set di dati ben conosciuti: la concentrazione atmosferica di diossido di carbonio misurata a Mauna Loa nelle Hawaii, il set di temperature della bassa troposfera UAH dell’Università dell’Alabama ed il set di temperature delle terre emerse CRUTEM4 del Met Office Hadley Center dell’East Anglia University. Anche quest’ultima scelta mi lascia un po’ perplesso: perché il record terrestre e non quello globale (terre emerse + oceani)?  Gli autori hanno cercato di spiegare questa circostanza, ma non mi hanno convinto: secondo loro non è l’entità del riscaldamento ad interessare ma la sua tempistica.

L’analisi viene effettuata sui dati strumentali misurati a partire dal 1980 e fino ai nostri giorni, per cui non si basa su dati di prossimità come molte altre analisi che abbiamo commentato negli anni passati.

I due ricercatori utilizzando un approccio piuttosto complesso al problema, sui cui aspetti matematici non mi soffermo, giungono alla conclusione che qualunque sia la finestra temporale che si prende in considerazione (mensile o annuale), la relazione di dipendenza tra le temperature e la concentrazione atmosferica di CO2 è tale che la temperatura determina la concentrazione atmosferica di diossido di carbonio. Pur avendo esplicitamente dichiarato di non volermi soffermare sugli aspetti matematici dello studio, in quanto non ho avuto il tempo materiale per analizzarli a fondo, vorrei solo mettere in evidenza che Koutsoyiannis et al., 2020 privilegia un approccio matematico basato sull’analisi del grado di correlazione tra la temperatura globale e la concentrazione di diossido di carbonio in atmosfera che sfrutta la correlazione incrociata e valuta la stocasticità dei fenomeni esaminati in base al valore del coefficiente di Hurst. Ciò allo scopo di determinare la reversibilità o meno dei fenomeni studiati. Questo è in controtendenza rispetto ad altri studi che utilizzano la “causalità di Granger” per stabilire il rapporto di dipendenza tra due variabili dipendenti entrambe dal tempo. La scelta mi vede concorde ed è l’unico motivo per cui ho completato la lettura dell’articolo.

Alla fine della fatica devo riconoscere che Koutsoyiannis et al., 2020 non è riuscito a convincermi e per diversi motivi che ho illustrato nel corso del presente scritto. Uno dei più eclatanti è, però, racchiuso nel grafico che segue, tratto da Koutsoyiannis et al., 2020.

Nel vengono riportati con risoluzione annuale gli andamenti delle temperature globali ed il logaritmo naturale della concentrazione atmosferica del diossido di carbonio. Da un semplice esame visivo dei due diagrammi si può notare, infatti, che non sempre l’aumento di temperatura precede l’aumento della concentrazione di diossido di carbonio. In alcuni casi, anzi, le due grandezze sono addirittura non correlate, nel senso che le loro variazioni sembrano non legate da una relazione matematica. Diciamo che, generalmente, l’aumento di temperatura precede quello della CO2, ma non sempre accade. E questo è un problema non da poco quando si vuole dimostrare che chi la pensa diversamente è in errore.  Koutsoyiannis et al., 2020, sostiene che l’analisi numerica effettuata, consente di propendere per una dipendenza T–>CO2 e lo fa sulla base del valore assunto dal coefficiente di cross correlation  e di altri coefficienti di valutazione statistica, ma secondo me per scardinare una teoria ben assestata, sono necessarie prove estremamente forti e, nella fattispecie, le prove non mi sembrano abbastanza forti.

Koutsoyiannis et al., 2020 si chiude con una spiegazione fisica del loro risultato: l’aumento delle temperature favorisce lo sviluppo della produzione vegetale che determina un incremento della produzione di CO2 per effetto del processo di respirazione delle piante e, forse, degli oceani. Tale processo si autoalimenta e si rafforza a seguito della concimazione carbonica delle specie vegetali, determinando il fenomeno del “rinverdimento globale” di cui a volte ci siamo occupati ad esempio qui su CM.

Diciamo che gli autori non sono riusciti a convincermi anche se hanno instillato il tarlo del dubbio nel mio cervello. Da qui ad accettare la loro tesi, però, ce ne passa.