Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 23 Marzo 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=40893

 

Non si sono ancora attenuati gli effetti di un El Niño davvero potente, con il picco d’intensità negli ultimi due mesi del 2015, che già ci si interroga su quale sarà il futuro delle dinamiche che caratterizzano la ‘pompa di calore‘ del pianeta, la fascia intertropicale dell’Oceano Pacifico. Dopo diversi anni di potenziometro impostato sul raffreddamento, cioè di segno negativo dell’ENSO, abbiamo assistito nel 2014 alle prove generali e nel 2015 all’entrata in scena di una intensa fase di ENSO positivo, appunto, El Niño.

Ora, con l’equinozio appena alle spalle e tutta la primavera davanti, si tratta di capire cosa accadrà, non solo per più o meno dotte dissertazioni climatiche, ma anche per l’impatto che gli umori delle temperature superficiali di quella vasta porzione di oceano hanno sulle popolazioni delle aree che vi sono a contatto. Le antenne di quanti seguono i prezzi delle commodities si sono già drizzate e, come sempre accade, l’unica cosa possibile da fare è prestare attenzione ai segnali che il sistema sta mandando, sperando che la loro interpretazione sia corretta.

Innanzi tutto, benché sotto la superficie il segno dell’anomalia termica sia già cambiato, va detto che le acque superficiali sono ancora saldamente in territorio positivo. La riserva di calore sub-superficiale sembra essersi esaurita quindi, ma c’è ancora un sacco di calore che dovrà essere dissipato in atmosfera o spostato verso occidente, a ricostituire quella che in condizioni normali è la Pacific Warm Pool, ossia la bolla di acqua calda che gli alisei mantengono a ridosso del Continente Marittimo in condizioni di neutralità o di segno negativo dell’indice ENSO.

 

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Perché questo accada, però, è necessario che appunto che gli Alisei tornino a soffiare da est verso ovest, essendo invece la fase di El Niño caratterizzata da impulsi di contro-alisei. Quindi, è necessario che cambi la distribuzione della massa atmosferica nell’area, cioè il dislocamento dei centri di alta e bassa pressione, dal cui monitoraggio lungo la linea immaginaria che collega Darwin in Australia a Tahiti mostra ancora una situazione sfavorevole alla ripresa dei venti del commercio.

 

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E’ il classico problema dell’uovo e della gallina: sarà la ripresa degli alisei a innescare il trascinamento delle acque di superficie verso ovest permettendo alle più fredde acque di profondità di emergere ristabilendo la normalità o sarà l’emersione delle acque di profondità a contribuire a disporre la massa atmosferica in modo diverso e quindi consentire agli alisei di ripartire?

 

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Ad oggi, non è dato saperlo, sebbene un buon numero dei modelli di previsione – confortati anche dalla statistica – indichino che dopo un El Niño intenso come quello che sta chiudendosi, potrà anche arrivare una La Niña altrettanto intensa. Con una condizione, sempre derivata dalla statistica: se l’anomalia negativa si realizzerà entro giugno, cioè se i venti riprenderanno e le acque sub-superficiali emergeranno, allora il raffreddamento potrebbe essere consistente. Se invece il processo tarderà a realizzarsi e l’anomalia negativa dovesse palesarsi tardivamente, tra agosto e settembre, è più probabile che la transizione avvenga verso condizioni di neutralità, riportando tutti ai nastri di partenza in attesa del prossimo ciclo.

Nel frattempo, dato che il calore della acque superficiali deve necessariamente andare da qualche parte, il 2016 sarà un altro anno caldo a livello planetario, ma condizioni di circolazione atmosferica probabilmente molto diverse dal 2015. Vale a dire, tanto per cambiare, che in materia di clima e meteo, che sono comunque regolati da imprescindibili leggi fisiche, due più due non fa quasi mai quattro ;-).

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