Autore: Admin
Data di pubblicazione: 21 Settembre 2018
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=49345

di Franco Zavatti e Luigi Mariani

Premessa

I fulmini sono fenomeni elettrici atmosferici che si producono fra nube e terra a seguito della separazione delle cariche che si genera all’interno di nubi a grande sviluppo verticale, i cumulonembi, le tipiche nubi temporalesche. Il tuono è l’onda sonora indotta da tali scariche elettriche per cui l’osservatore può cogliere o il bagliore del fulmine o, successivamente, il rumore del tuono. Si parla poi di lampi quando le scariche elettriche sono fra nube e nube. I fulmini hanno un ruolo essenziale in quanto rigenerano il campo elettrico atmosferico e in ogni istante sul nostro pianeta sono in atto vari temporali come è possibile cogliere dalle immagini in real time presenti al benemerito sito Blitzortung (http://it.blitzortung.org/live_lightning_maps.php).

Un recente articolo scientifico ha posto in relazione la frequenza dei fulmini con l’attività solare, evidenziando un legame causale che qualora confermato evidenzierebbe un’inedita interazione fra fenomeni astronomici e clima.

L’articolo di Miyahara et al.

Ci riferiamo qui al recente articolo di Miyahara et al., 2018 (di seguito Miya18) che pone la questione del possibile legame tra ciclo rotazionale del Sole e attività di tuoni/fulmini in Giappone nel XVIII e XIX secolo. Gli autori hanno avuto la possibilità di accedere a due serie di diari di prefetture locali tenuti fin dalla metà del XVII secolo. In questi diari, fra le altre notizie e registrazioni, venivano fornite indicazioni sulla presenza di tuoni e/o fulmini.

Nella seguente figura 1 di Miya18 si vedono i grafici delle serie derivate dai diari (un esempio di diario è nel sito di supporto), sotto forma di numero di giorni con tuoni/fulmini tra maggio e settembre di ogni anno (periodo estivo). Le tre serie disponibili iniziano tra il 1665 e il 1720 e terminano attorno al 1860.

Le osservazioni moderne della frequenza di tuoni/lampi mostrano un segnale di rotazione solare (il periodo di rotazione del Sole varia tra ~25 giorni all’equatore e ~33 giorni a 80° di latitudine) ma in generale queste sono serie di breve durata, tipo 2000-2005 e 2000-2007 in Inghilterra e 1991-1992 e 1999-2001 in Giappone. Una serie più lunga -dal 1989- è stata usata dalla stessa Miyahara in due lavori del 2017 (a,b).

Si è suggerito anche che la copertura nuvolosa abbia un periodo di 27 giorni e Takahashi et al., 2010 [tra gli autori è presente anche Miyahara] usano la radiazione infrarossa in uscita (OLR, Outgoing Longwave Radiation) come proxy per la copertura nuvolosa e trovano il periodo di 27 giorni durante i massimi di attività solare e periodi adiacenti durante i minimi.

In Miya18 si nota che, a causa della vita media delle macchie solari (alcuni mesi), la fase del periodo di 27 giorni dei vari parametri solari è variabile nel tempo e questo rende poco adatto l’uso dei normali metodi di analisi spettrale perchè lo spostamento di fase diluisce il segnale; quindi questi autori usano l’analisi degli istogrammi invece dell’analisi spettrale.

Noi abbiamo preferito usare gli spettri Lomb (i dati non sono a passo costante) assumendoci il rischio di un segnale meno visibile.
Delle tre serie riportate in figura 1, abbiamo usato quella di Hirosaki desunta dal “Diario dell’ufficio del governo del clan Hirosaka” redatto nel nord dell’isola di Honshu e una cui pagina è visibile qui foto.

I dati sono stati digitalizzati da un ingrandimento di figura 1c (v. sito di supporto) e consistono in 177 righe con anno e numero di giorni con tuoni/lampi (gli altri due numeri del file sono le coordinate rettangolari della digitalizzazione). Il dataset copre gli anni dal 1665 al 1866 con poche interruzioni.

In figura 2 (pdf) viene riportato il grafico del dataset e il suo spettro Lomb, con due livelli di zoom, dove si notano i segnali di ElNño (2-4 e 12 anni, v. qui su CM, fig.3) che si potevano facilmente immaginare essendo il Giappone ai margini della Pacific warm pool (piscina calda del Pacifico) dove si accumula l’acqua calda che “carica” il motore ENSO cil quale successivamente si scaricherà tramite El Niño. Crediamo quindi che questi massimi spettrali si possano dare per scontati e dunque concentriamo l’attenzione su quelli di periodo più breve, in particolare su quelli (con periodo in giorni) riportati nel riquadro giallo.

Fig.2: Valori osservati (digitalizzati) di Hirosaki, con la retta di regressione da cui si calcola il detrending richiesto dallo spettro Lomb. Gli spettri sono volutamente trascurati, per lasciare l’attenzione sul riquadro giallo in cui i periodi spettrali sono in giorni.

Qui si possono notare 4 massimi (più due, a ~47gg e ~52gg non indicati) di periodo circa 27, 29, 33 giorni, in pratica il periodo di rotazione differenziale del Sole all’equatore, a latitudini intermedie e attorno al Polo (~80°). Questi massimi sono tra i più evidenti di tutto lo spettro e, anche se si può legittimamente discutere se i dati siano o meno in grado di evidenziare un simile livello di dettaglio, l’insieme di questi picchi spettrali può legittimamente far pensare all’influenza della rotazione solare (che mostra di volta in volta alla Terra zone solari di differente attività).

Attività solare

Si discute della presenza della rotazione durante i periodi di bassa/media/alta attività solare e il lavori che trattano l’argomento (ad es. Miya18, Miyahaka et al., 2017a,b e Takahashi et al., 2010) trovano la rotazione nei periodi di alta aittivitàe non la trovano in quelli di bassa attività.

Abbiamo voluto verificare se gli spettri di sottoperiodi con diversa attività potessero registrare la presenza o meno dei massimi legati alla rotazione e abbiamo definito, seguendo Miya18, i diversi livelli di attività solare tramite i valori del GSN (Group Sunspot Number, disponibili al SIDC/SILSO), riportati nel sito di supporto, secondo lo schema

  • GSN>150 ———> attività alta
  • 75≥GSN<150 —> attività media
  • GSN<75 ———-> attività bassa

In questo modo sono state definite le tre serie; dal 1840 al 1870 (alta), dal1768 al 1792 (media), dal 1796 al 1826 (bassa) mostrate nelle figure 3 (pdf), 4 (pdf) e 5 (pdf) insieme ai loro spettri Lomb.

Fig.3: Serie di Hirosaki dal 1840 al 1870 (alta attività solare).

 

Fig.4: Serie di Hirosaki dal 1768 al 1792 (media attività solare).

 

Fig.5: Serie di Hirosaki dal 1794 al 1826 (bassa attività solare).

 

Nei tre spettri non si riesce a scendere sotto il periodo di ~80 giorni (0.22 anni) e quindi non siamo in grado di discutere la visibilità della rotazione solare in funzione dell’attività variabile.
Nell’alta attività si notano i massimi a 8.7 e 6.9 anni: di questi, nella bassa attività si ritrova solo il picco a 6.9 anni, mentre entrambi non sono presenti nella media attività; il massimo a 1.9 anni è presente nella media attività ed è praticamente inesistente sia nella bassa che nella alta.
I massimi inferiori a 7 anni, ancorchè leggermente diversi di periodo e a volte notevolmente diversi in potenza, sono generalmente presenti nei tre spettri.

Ci si potrà chiedere se le differenze siano legate alla diversa attività o se dipendano dalla brevità delle serie utilizzate, ma purtroppo non abbiamo una risposta a questa domanda. Ci limitiamo a evidenziare similitudini e diversità.

Conclusioni

Abbiamo mostrato la possibilità di evidenziare un segnale spettrale della rotazione solare anche nei dati derivati da diari giapponesi del XVIII e XIX secolo e relative ai giorni di tuoni/fulmini, il che ci consente di ipotizzare una relazione tra attività dell’atmosfera e rotazione solare.

Purtroppo non è stato possibile ottenere la stessa evidenza nei casi di alta, media e bassa attività solare.

Bibliografia

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  • Hiroko Miyahara, Ryuho Kataoka, Takehiko Mikami, Masumi Zaiki, Junp Yasuyuki Aono and Kiyomi Iwahashi: Solar rotational cycle in lightning activi during the 18-19th centuries. Ann. Geophys., 36, 633-640, 2018. doi:10.5194/angeo-36-633-2018
  • Y. Takahashi, Y. Okazaki, M. Sato, H. Miyahara 27-day variation in cloud amount in the Western Pacific warm pool region and relationship to the solar cycle , Atmos. Chem. Phys., 10, 1577-1584, 2010. doi:10.5194/acp-10-1577-2010