Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 20 Marzo 2018
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=47821
Con chiunque vi dovesse capitare di parlare del rischio per la vita umana generato dal global warming e i suoi derivati, primo tra tutti il cambiamento climatico, trovereste assoluta convinzione di un aumento della sensazione di pericolo e, quindi, l’assoluta certezza di una tendenza all’aumento delle vittime dei disastri collegati al clima.
Questo perché nessuno legge i numeri, perché pochi si informano seriamente, e perché si continuano a confondere le proiezioni – tra l’altro mai verificate e chiaramente errate – con la realtà di quello che accade.
I numeri però ci sono, li raccoglie l’International Disaster Database. Si possono mettere facilmente in grafica e, dal momento che un’immagine vale più di mille parole, ecco qua:
Hu, ho…. La curva blu non lascia adito a dubbi. Da quando le serie si possono definire affidabili, con i primi anni che hanno comunque un margine di incertezza importante, probabilmente per difetto, le vittime dei disastri riconducibili al clima sono scese drammaticamente. Non sono diminuiti gli eventi, anzi, essendo aumentata la capacità di osservazione e comunicazione, ne conosciamo di più anche se non sono neanche aumentati, e dalle serie storiche non emergono trend per molti di essi.
Quindi è aumentata la resilienza, nonostante nello stesso periodo, gli ultimi cento anni, la popolazione globale sia aumentata di 4 volte. Visto che il periodo è largamente coincidente con i “ruggiti del global warming”, non si direbbe che questo abbia mietuto vittime per se. Lo farà domani, dicono quelli che sanno, lo sta già facendo, dicono quelli che speculano. Tanto ai primi, quanto ai secondi, quanto anche a tutti gli altri, consiglierei di guardare anche l’altra curva, quella rossa. Le vittime causate da terremoti, tsunami e vulcani sono sempre le stesse, segnale evidente che non c’è stato un altrettanto significativo aumento della capacità di difesa.
Sono numeri semplici ma molto importanti che mettono in luce problemi irrisolti. Mi chiedo perché non ci si riunisca annualmente in località esotiche e caratteristiche per affrontarli, al pari di quanto si fa per il clima che invece sembra proprio non averne bisogno ;-).
La grafica l’ha generata e commentata Bjørn Lomborg, e l’ha ripresa anche WUWT.
NB: L’immagine che accompagna questo post sulla home page viene dal Norwegian Refugee Council, che alla voce Disaster and Climate Change recita così:
Every second, one person is displaced by disaster.
In 2016, more than 31 million people fled disasters in 125 countries and territories. Disasters displace three to ten times more people than conflict and war worldwide.
The basics of climate change, disasters and displacement
As climate change continues, it will likely lead to more frequent and severe natural hazards. The impact will be heavy. Climate change causes poverty and food shortages, and forces even higher numbers of men, women and children to flee their homes.
On average, 26 million people are displaced by disasters such as floods and storms every year. That’s one person forced to flee every second.
Il tutto, con la benedizione del Segretario Generale del council, Jan Egeland, politico e diplomatico norvegese nonché ottimamente posizionato alle Nazioni Unite che dichiara:
Climate change is our generation’s greatest challenge
Evidentemente, politici e diplomatici non guardano i numeri.