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Data di pubblicazione: 28 Settembre 2017
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=45936

 

La melting season si è appena conclusa sull’Artico con il raggiungimento del minimo di estensione nella seconda settimana di Settembre, ed è quindi tempo di bilanci. Andiamo quindi subito al sodo con una carrellata di dati più significativi.

  • Secondo JAXA, l’Agenzia Aerospaziale Giapponese, il minimo di estensione è stato raggiunto in data 9 Settembre: 4,47 milioni di chilometri quadrati. Si tratta della sesta estensione più bassa da quando si misurano i dati in modo sistematico via satellite, ovvero dal 1979.
  • Secondo NSIDC (NASA) il minimo è stato raggiunto in data 13 Settembre: 4,64 milioni di kmq, ottava minima estensione.

Diciamo subito che gli ultimi anni sono stati caratterizzati da valori molto vicini in quanto a minimo di estensione estiva, per cui non deve stupire che una differenza di soli 170,000 kmq si associ ad un ottavo posto piuttosto che ad un sesto. Il grafico in Fig.1 (fonte: ASIF) mostra molto bene la tendenza recente ad una stabilizzazione del minimo di estensione estiva, e il sostanziale pareggio statistico tra gli anni 2008, 2010, 2011, 2015 e 2017. Si nota altresí come il minimo assoluto del 2012 si presenti come un evento isolato nella serie di minimi degli ultimi 10 anni.

 

Fig. 1. Serie recente dei minimi di estensione estiva (JAXA).

 

  • Come si evince dalla Fig. 2 (Fonte: Polarportal) in prossimità del minimo i ghiacci si estendono in modo piuttosto uniforme presentando spessori diffusamente superiori al metro e mezzo. Si nota anche (cerchi in rosso) la presenza di ghiaccio a mantenere chiusi i passaggi a Nordovest e il corridoio piuttosto stretto che permette il transito attraverso i passaggi a Nordest.

 

Fig.2. Estensione e spessore dei ghiacci artici in prossimità del minimo stagionale.

  • Come sottolinea anche NSIDC, persino il passaggio di Amundsen, il più meridionale tra tutti quelli a Nordovest, in prossimità del minimo di estensione mostra una concentrazione di ghiaccio che arriva a raggiungere il 50%, al punto da costringere le navi in transito all’assistenza dei rompighiaccio. Un fatto in decisa controtendenza rispetto agli ultimi anni, eredità di un inverno assolutamente rigido per l’Arcipelago Canadese, come più volte ribadito nei mesi scorsi nella rubrica di previsioni di questo Blog.
  • Quanto ai passaggi a Nordovest più settentrionali, si fa apprezzare una presenza massiccia, compatta ed estremamente spessa di ghiacci pluriennali, con spessori diffusamente superiori ai 3 metri.
  • Vale la pena notare anche la ristrettezza del passaggio a Nordest (che va richiudendosi rapidamente in questi giorni), e la presenza tardiva di ghiaccio tra la penisola del Taimyr e l’arcipelago della Severnaya Zemlya, a conferma della stupidità e dell’insensatezza assoluta della recente narrativa sulle navi (rompighiaccio) in transito lungo la rotta settentrionale russa.
  • Le temperature sull’Artico si sono mantenute lievemente al di sotto della media per gran parte dell’estate, contribuendo al vistoso rallentamento del processo di fusione. Attualmente sono in rapida diminuzione come da norma stagionale, sebbene si mantengano su livelli superiori alla norma a causa di una estensione dei ghiacci che è comunque significativamente inferiore a quella relativa alla media di riferimento (Fonte: DMI).

 

Fig. 3. Temperatura media a nord dell’80° parallelo.

 

  • La Groenlandia ha accumulato una quantità record di ghiaccio e neve nell’ultimo anno: circa 550 gigatonnellate, gettando nello sconforto il mainstream catastrofista, costretto a cercare spiegazioni fantasiose del tipo: “le perturbazioni si sono spinte troppo a nord e quindi è nevicato troppo”. Fatto sta, non solo la Groenlandia continua ad accumulare ghiaccio e neve in quantità, ma la fusione si è arrestata precocemente rispetto alla media, tant’è che il solo mese di Agosto ha portato in dote ben 50 gigatonnellate di accumulo ulteriore: un dato impressionante (Fig.4).

 

Fig. 4. Accumulo di neve e ghiaccio – Bilancio di Massa di Superficie. Fonte: DMI

 

  • Il volume totale dei ghiacci artici si mantiene su livelli bassi, per quanto in spettacolare recupero rispetto ad alcuni mesi fa, quando si era stabilito un record negativo di volume primaverile. A seguito di una estate fresca e nuvolosa l’anomalia volumetrica si è ridotta e il 2017 si chiude con un volume minimo comunque superiore rispetto a 2011, 2012 e 2016 e in pareggio statistico con il 2010 (Figs 5,6; Fonte: PIOMAS).

 

Fig. 5. Evoluzione del volume dei ghiacci artici nella stima di PIOMAS.

 

Fig. 6. Evoluzione dell’anomalia volumetrica secondo PIOMAS.

 

Commento generale

Apertasi sotto i peggiori auspici per i livelli record negativi di estensione e volume stabiliti in inverno, la stagione di fusione dei ghiacci artici 2017 si è rivelata ricca di colpi di scena. Una estate fresca e nuvolosa, nevicate primaverili molto generose (probabilmente sottostimate dagli stessi satelliti) e la mancanza di adeguato pre-condizionamento dei ghiacci artici (alias, la ritardata formazione delle “pozze di fusione” che determinano il momentum del melting rate) hanno sorpreso chi si aspettava una replica del 2012, ivi incluse le “navi dei cretini” (cit.) partite per conquistare il Polo Nord in surplasse e tornate in porto inseguite da ghiacci troppo spessi e da orsi troppo… in salute.

L’Artico, nella sua sostanziale imprevedibilità, si conferma una cartina al tornasole del livello assolutamente infimo di certa “climatologia mainstream” e dei suoi imbarazzanti megafoni mediatici. Le previsioni sullo scioglimento totale dei ghiacci si susseguono infatti da diversi lustri, puntualmente fallite e con vittime “illustri” del calibro di Al Gore o di Wadhams, il profeta che predica l’imminenza dello scioglimento dell’Artico ad opera di un presunto feedback positivo legato ad emissioni catastrofiche di metano. Emissioni (e feedback) che fino a prova contraria sono solo nella sua testa (e in una serie infinita di articoli-fotocopia pubblicati con cadenza regolare dal Guardian e dai suoi “fratelli”).

 

Benedetti feedback

Ben inteso, il trend di estensione e volumi di ghiaccio degli ultimi 40 anni è chiaramente negativo. Ma di quello che è successo prima, di quei 40 anni, si sa ben poco. E si sospetta che in un passato non troppo remoto l’Artico abbia conosciuto estensioni di ghiaccio paragonabili a quelle attuali, se non inferiori. Quel che è certo, è che dell’Artico si capisce e si conosce ancora veramente troppo poco. In particolare, la climatologia mainstream più catastrofista ha sottovalutato in modo grossolano l’esistenza di feedback negativi di cui solo ora si comincia a sussurrare, a fronte del fallimento perpetuo dei modelli di simulazione.

Uno su tutti: quando il ghiaccio è poco e più sottile, il raffreddamento della massa d’acqua sottostante (circostante) è più rapido e imponente, perché un ghiaccio spesso, ed esteso, agisce come un isolante termico. Questo meccanismo in apparenza banale spiega molto bene il rimbalzo impressionante seguito al minimo del 2012. E spiega anche il fatto che un inverno estremamente mite come quello scorso è stato comunque sufficiente a “fabbricare” ghiaccio che superasse l’estate successiva. Questo feedback negativo, da solo, potrebbe mettere in crisi la narrativa della “spirale discendente” tanto cara a Gore e ai suoi fratelli e spiegare il trend verso una stabilizzazione dei ghiacci artici sui livelli dell’ultimo decennio.

Basterebbe, ma non lo fa, perché la narrativa catastrofista è più forte della reale volontà di capire come funziona il sistema. E quindi val bene dilapidare miliardi nella ricerca disperata di conferme ad una teoria traballante e a delle simulazioni che non funzionano, piuttosto che investire fondi per studiare, comprendere e spiegare quello che succede lassù. Finché tanti scienziati continueranno ad essere finanziati per dimostrare che moriremo di caldo se non faremo quello che dicono i loro sponsor, è irrealistico aspettarsi che le cose cambino.

E Torquemada continuerà ad averla vinta su Galileo.

 

Un sassolino

Diversi mesi fa un lettore ha segnalato uno dei tanti attacchi a cui è sottoposto questo Blog. Premetto che il tempo per scrivere è davvero troppo poco, per permettermi il lusso di andare a scoprire cosa dicono in giro di noi, anche perché la cosa non mi interessa affatto (chi cerca applausi si accoda al mainstream, non gli va contro). Ma la curiosità mi ha spinto a leggerlo, quell’attacco. Un attacco volgare, pieno di insinuazioni basse, da parte di una persona che si qualifica come “cacciatrice di bufale” e che come tale gestisce una rubrica su un non meglio precisato sito di “informazione scientifica”. Bene, in quell’articolo questo Blog era attaccato per aver sottolineato, mesi fa, che c’era tanto ghiaccio in corrispondenza dei Passaggi a Nordovest. Veniva criticato per aver citato Delingpole, un “romanziere” di Breitbart, piuttosto che qualche acclamato scienziato del mainstream che non azzecca una previsione nemmeno per sbaglio. E si sosteneva, su queste basi, il falso assoluto: ovvero che CM credesse in una imminente glaciazione.

E sapete qual era la spiegazione del mainstream (NASA compresa) che la “cacciatrice” si premurava di farci conoscere? Che il ghiaccio era lì perché faceva troppo caldo. “Siccome fa caldo, il ghiaccio è sottile, più mobile e quindi si accumula in spessori maggiori”. Bella vero? In fondo è un classico del mainstream: “fa più freddo perché fa più caldo”. E probabilmente i vulcani eruttano ghiaccio ma non ce ne siamo ancora accorti.

La verità è che mentre il mainstream e la cacciatrice in questione lasciavano le impronte delle unghie sugli specchi per spiegare l’inspiegabile (per loro), su questo stesso Blog si erano seguite in tempo reale le ondate di freddo record che avevano interessato l’area questo inverno. E si erano tirate le somme di conseguenza. La differenza tra il mainstream e chi prova a pensare fuori dagli schemi preordinati è tutta qui: le fake news le inventano loro, poi si investono della altissima responsabilità di smascherarle, e con questa attività magari ci sbarcano anche il lunario, a spese del malcapitato lettore.

Il tempo, però, è spesso galantuomo: inverno freddo, più ghiaccio, passaggi chiusi. Con tanti saluti ai produttori di fake news di professione.