Autore: Admin
Data di pubblicazione: 30 Maggio 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=50972
Questo post è a firma del nostro blogger Andrea Beretta.
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Ciclismo e maltempo, un connubio spesso inseparabile. Tanto che molte tra le imprese più leggendarie di questo sport epico hanno come punto in comune episodi di tempo inclemente. Non può non venire in mente, a tal proposito, la terribile tempesta di neve che si abbattè sui corridori sul Monte Bondone nella 21esima tappa del Giro d’Italia del 1956. Quella tappa, in mezzo a un’autentica bufera, la vinse il lussemburghese Charly Gaul, che recuperò 16 minuti di ritardo dalla maglia rosa, Fornara, e incamerò anche il primo dei suoi due Giri. Si ritirarono metà dei circa 90 corridori partiti da Merano verso Trento, e lo stesso Gaul arrivò al trgaurdo mezzo assiderato, con 20 cm di neve che ricopriva le strade. Era l’8 giugno.
L’altro episodio scolpito nella mente di tutti gli appassionati di ciclismo…e non solo…è del 5 giugno del 1988: la 14esima tappa del Giro d’Italia numero 71, in partenza da Chiesa Valmalenco aveva in programma la scalata del Passo Gavia a oltre 2600 m di altezza, prima dell’arrivo di Bormio. Sebbene a valle piovesse fitto, la direzione di corsa non se la sentì di annullare la tappa, ma mano a mano che si saliva verso il passo, la pioggia divenne neve. La salita al passo fu un problema, ma il vero calvario si rivelò la discesa verso Bormio, dove diversi corridori dovettero ritirarsi al limite dell’assideramento. L’olandese Van der Velde, in fuga la mattina, e primo in cima al Gran Premio della Montagna di Passo Gavia, affrontò la discesa senza nemmeno coprirsi, ma fu costretto a chiedere assistenza in un camper di turisti: qui gli diedero grappa e coperte, ripartì e arrivò al traguardo a tre quarti d’ora dal vincitore di giornata, l’altro olandese Breuking.
Ma il maltempo, ha impensierito anche le giornate degli organizzatori delle corse ciclistiche, costretti spesso a improvvisarsi meteorologi e ad eseguire veri e propri salti mortali per garantire la regolarità delle tappe: moltissime volte dovettero ridisegnare i percorsi per le inclemenze meteoriche che rendevano impossibile il passaggio sulle cime alpine. Il Passo dello Stelvio, a causa della sua quota – è il secondo passo più alto d’Europa – è stato un vero e proprio grattacapo per gli organizzatori del Giro d’Italia: previsto nel percorso ed annullato per ben tre volte di fila (nel 1984, nel 1988 e nel 1991), sempre per scongiurare il pericolo valanghe dovuto alla neve, venne finalmente valicato per l’ottava volta nella storia del Giro d’Italia nella quattordicesima tappa dell’edizione 1994 nella celeberrima tappa Merano -Aprica che consacrò Marco Pantani, già vincitore il giorno prima. Ma anche quel giorno, fiocchi di neve impensierirono sino all’ultimo gli organizzatori, e il percorso di quella tappa, risultata poi l’evento cicilistico più visto nella storia della televisione, rimase in forse fino a pochi giorni dal suo svolgimento.
Nel Giro del ’65 il Passo dello Stelvio godette di maggior fortuna, ma non il tappone associato: era prevista la Madesimo – Solda, ma gli ingenti accumuli nevosi resero impossibile la discesa dal passo, e la corsa si fermò in cima allo Stelvio, dove transitò per primo Graziano Battistini spingendo la sua bici a piedi sul manto bianco. Andò addirittura peggio al previsto tappone del Giro d’Italia del ’69 (la 20esima tappa Trento – Marmolada), annullato a metà corsa per pioggia che alle alte quote era già neve.
In pieno e conclamato Global Warming, che dagli Anni 90 divenne una moda irresistibile e un dogma inconfutabile, dal 1995 il Giro venne anticipato nel calendario per corrersi interamente nel mese di maggio: chissà che gli organizzatori della “corsa rosa” non si siano fatti influenzare, in questa discutibile scelta, dalle teorie degli “scienziati” secondo cui la neve sarebbe andata a sparire sulle Alpi perfino in inverno…Ma il tempo, si sa, non è galantuomo, quanto meno quando associato alla meteo: e pertanto la carovana del Giro non potè salire sul Colle dell’Agnello, a quota 2750 m, previsto nella 19a tappa “Mondovì – Briançon” del 1995: troppa neve, troppo rischio slavine, tappa dimezzata e fermata a Pontechianale, dove alzò le braccia lo svizzero Richard.
Nell’acme del presunto arrostimento planetario, nell’anno del Signore 2013, e precisamente il 24 maggio, era prevista la Ponte di Legno – Val Martello del 96esimo Giro d’Italia, attraverso i passi dello Stelvio e del Gavia. In realtà quella primavera del 2013 aveva già costretto gli organizzatori della Milano Sanremo, due mesi prima, a rivedere il percorso della “Classicissima” per una nevicata eccezionale con accumuli sul passo del Turchino, a meno di 600 m di altitudine e più di 150 km dal traguardo. E quel freddo eccezionale proveniente dall’Artico, sfruttando una configurazione a omega piuttosto atipica e pervicace, proseguì per tutti i mesi di aprile e di maggio, sconvolgendo già la tappa con arrivo sul Col du Galibier, del 19 maggio, fermata a quota 2000 m in quanto ai 2640 m del passo, nevicava fitto. Cinque giorni dopo, Stelvio, Gavia e ogni possibile viaalternativa (la quota neve era inferiore ai 1000 m ) risultarono intransitabili e, il giorno dopo, anche nel tappone dolomitico con arrivo in salita “Silandro – Tre cime di Lavaredo” vennero saltati a causa del freddo e della neve tre dei quattro Gran Premi della Montagna in programma, ad eccezione dell’ultimo, dove vinse Nibali in un’atmosfera natalizia.
Si direbbe che il Gobal Warming avrebbe dovuto facilitare lo svolgimento delle edizioni più recenti del Giro, ma così non è stato. Ed infatti anche nel 2014 il tentato remake della tappa annullata l’anno prima (ancora la Ponte di Legno – Val Martello) fu un altro calvario: la corsa riuscì finalmente a transitare sui passi Gavia e Stelvio, ma ancora una volta sotto la neve e tra le polemiche per la sicurezza dei corridori.
E si arriva a quest’anno, dove le copiosissimenevicate della primavera hanno costretto, dopo un mese di lavori ininterrotti per sgombrare la strada, a rivedere pesantemente il percorso del tappone previsto martedì scorso (Lovere – Ponte di Legno): ad essere saltato è stato, tanto per cambiare, il Passo di Gavia, tuttora semisommerso da oltre 3 metri di neve. Peccato per il grande lavoro delle province di Sondrio e Brescia, che fino all’ultimo han cercato di garantire l’accessibilità della strada. Conclusione strana, se pensiamo che stando a Repubblica, questo è stato l’anno della “neve ai minimi “.
Ma non gioiscano troppo i ciclisti meno forti in salita (che zitti zitti hanno sempre sperato nel maltempo per evitarsi le fatiche disumane che tali tappe richiedono): è solo questione di tempo (in tutti i sensi…), perché in un futuro non troppo lontano, si potrà transitare tranquillamente su questi passi, in qualsiasi stagione. Il Global Warming non risparmierà nemmeno loro. Sicuramente. Forse…