Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 6 Maggio 2018
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=48320

Lo sapevate che esiste la possibilità di investire in prodotti finanziari legati alle catastrofi naturali? Io no. Si chiamano Cat Bond (Catastrophe Bond) e pare che siano in giro da più di vent’anni. E pare anche che rendano bene, perché trattandosi di fatto di scommesse sull’eventualità che ci siano catastrofi naturali, sono scollegati dal rendimento dei titoli in borsa, in quanto è improbabile che ci siano un crollo finanziario e una catastrofe naturale insieme. Ma, evidentemente, anche perché tutte queste catastrofi non ci sono…

Il Sole24Ore, appena qualche giorno fa, si è interrogato sull’eventualità che oggi, a causa dei cambiamenti climatici, queste scommesse possano diventare troppo rischiose.

Le «obbligazioni catastrofe» verranno travolte dai cambiamenti climatici?

Ha quindi senso acquistare ancora dei “cat bond” quando eventi climatici estremi sono diventati la regola e non l’eccezione? Prima di rispondere vediamo quali sono le caratteristiche di questi strumenti finanziari.

Nel testo, per argomentare questa ipotesi, poi smentita a fine articolo, ma non prima di aver ripetuto due o tre volte che i cambiamenti climatici sono qui e lottano insieme a noi, si fa riferimento al crollo dell’utile che la più grande holding del panorama assicurativo – Munich Re – ha subito nell’ultimo anno. Troppi risarcimenti evidentemente dovuti alle tante vittime dei capricci del tempo nell’anno scorso.

Un anno però che è stato a tutti gli effetti un “outlier”, giunto dopo diversi anni di quella che in termini di occorrenza degli eventi estremi si potrebbe definire una fortuna sfacciata.

Gli esperti però dicono che grazie alla diversificazione e alla struttura del prodotto finanziario in questione, sarà comunque redditizio continuare a scommetterci su. Se vi piace vivere pericolosamente, accomodatevi pure.

Al Sole24Ore, pur da quotidiano specialistico, ricorderei che il giornalismo è fatto anche di ricerca e verifica, perché la semplicità con cui vengono dati per acquisiti dei fatti del tutto privi di robustezza scientifica è disarmante. Con pochi click, infatti, avrebbero facilmente scoperto che i danni da disastri naturali di tipo meteorologico sono in discesa dal 1990, che il dataset è dominato dagli uragani in Atlantico (che non aumentano né di intensità né di frequenza) e che 6 degli ultimi 10 anni sono stati sotto la media.

Questi gli elementi salienti dell’analisi fatta da Roger Pielke Jr che si occupa di queste cose da anni e che aggiorna il dataset della somma dei danni di tipo atmosferico in relazione al PIL globale regolarmente.

Sorprendente? No, perché nessuna serie storica degli eventi estremi mostra trend in aumento, per incompletezza delle serie stesse e perché il clima cambierà pure, ma se lo fa non se ne sta accorgendo il tempo.