Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 29 Ottobre 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=51737
La JMA (Agenzia Meteorologica Giapponese) produce e aggiorna la serie dei tifoni (in giapponese; nella versione inglese del sito non sono stato capace di trovare la pagina) che si sono formati nell’area giapponese dal 1951 ad oggi (settembre 2019). I dati sono forniti come eventi nei singoli mesi e come somma annuale.
L’istogramma del numero annuale dei tifoni è mostrato in figura 1 insieme al fit lineare che mostra una diminuzione del numero di eventi nel tempo.
Anche in questo caso (altri esempi nei link a CM presenti nel sito di supporto), malgrado la crescita della temperatura globale e la (ipotizzata ma ormai assunta dai più come vera) sua dipendenza dalla concentrazione di CO2 e, in definitiva, dall’attività antropica, gli eventi estremi non mostrano alcuna crescita.
I dati mostrano ampie fluttuazioni e se si prova a filtrarli si ottiene il quadro superiore di figura 2, con una netta oscillazione che -sia chiaro- dipende dalla finestra di filtraggio e fornisce soltanto un’indicazione di massima sul comportamento del numero di tifoni per anno. Questa indicazione è però sufficiente per un’analisi spettrale del dataset, analisi che evidenzia nel grafico in basso un massimo a circa 27 anni come la caratteristica dominante, pur non mancando indicazioni di massimi tra 2 e 7 anni, caratteristici di El Niño.
Il periodo del picco principale è ben rappresentato dalla curva rossa del filtro dove la distanza tra il primo massimo a sinistra e il successivo è di 24 anni (1990-1966) e la distanza tra i due minimi è di 28 anni (2006-1978). Con un semiperiodo di circa 13 anni si può prevedere che il 2019 è l’anno di un altro massimo relativo. Possiamo quindi immaginare che quest’anno sarà più ricco di eventi dei precedenti (in media, dei precedenti 13 e oltre); questo alla conclusione della stagione dei tifoni, a novembre come si vede in figura 3.
A me sorge il sospetto che il riscaldamento globale antropico abbia ben poco a che fare con il numero dei tifoni nel mar del Giappone e che i “gridi di dolore” lanciati da divulgatori e giornalisti sulla sorte del pianeta siano, almeno in questo caso, del tutto fuori luogo.
Come accennato sopra, la figura 3 mostra l’andamento mensile del numero di tifoni, con i mesi mostrati in coppia per evitare grafici troppo confusi.
Si vede bene che gennaio e febbraio sono mesi di bassa o bassissima attività e che ad aprile qualcosa comincia a muoversi nel Mar del Giappone; da maggio ad agosto-settembre si raggiunge il massimo di attività che a novembre decade per poi tornare ai livelli minimi a dicembre. Un aspetto importante di questo grafico e che in nessuno dei mesi si nota un sistematico aumento dell’attività, soltanto fluttuazioni attorno ad un valore medio costante.
L’Oscillazione Decadale del Pacifico
Il massimo spettrale a 27 anni fa pensare che l’oscillazione principale della presenza dei tifoni possa dipendere da un agente esterno che nel Pacifico potrebbe essere l’oscillazione decadale del Pacifico o PDO. Oltre a El Niño, esistono altre oscillazioni su larga scala e teleconnessioni (tipo la PNA tra il Pacifico e il nord Atlantico) le cui interazioni potrebbero avere una influenza sui tifoni, ma credo che la PDO sia la più significativa e per questo userò solo questa serie. Di seguito presento due serie temporali della PDO, una dal 1000 al 2000, ricostruita, e l’altra dal 1900 al 2018, osservata, insieme ai loro spettri.
Dalle due serie possiamo derivare l’indicazione che una oscillazione compatibile con quella dei tifoni si trova nello spettro della PDO “lunga” ma non in quello della PDO di Mantua, tranne una possibile increspatura dello spettro attorno a 27 anni (non indicata in figura 5), per nulla significativa. In queste condizioni è difficile attribuire alla sola PDO la modulazione della frequenza dei tifoni e bisogna immaginare altri condizionamenti presenti nel Mar del Giappone.
A questo scopo ho ricontrollato due grafici, già pubblicati in Mariani et al.,2018, per brevità disponibili solo sul sito di supporto.
- La serie della data di fioritura del ciliegio a Kyoto (Giappone, Aono e Kazui, 2008), il CFD, dall’800 al 2000, che però nello spettro non mostra picchi che si avvicinino ai 27 anni dei tifoni.
- La serie di anelli di accrescimento del ginepro a Wulan, Cina, ancora tra l’800 e il 2000, che mostra un massimo evidente, anche se non tra i più importanti, a 28.5 anni. Ma siamo in Cina, piuttosto lontano dal Giappone.
In definitiva, i tifoni che si formano attorno al Giappone mostrano una frequenza di apparizione che diminuisce nel tempo, cadenzata da una periodicità di 27 anni di cui non è chiara l’origine.
I dati di questo post sono disponbili nel sito di supporto. |
Bibliografia
- Yasuyuki Aono and Keiko Kazui: Phenological data series of cherry tree flowering in Kyoto, Japan, and its application to reconstruction of springtime temperatures since the 9th century , Int. J. Climatol.,28, 905-914, 2008. http://dx.doi.org/10.1002/joc.1594.
- L. Mariani, G. Cola, O. Failla, D. Maghradze, F. Zavatti: Influence of Climate Cycles on Grapevine Domestication and Ancient Migrations in Eurasia, Science of the Total Environment, 635, 1240-1254, 2018. doi:10.1016/j.scitotenv.2018.4.175