Parte prima: NOAA, CET, Colle Gnifetti

Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 21 Maggio 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=50896

Riassunto: Il fit delle temperature (anomalie) rappresenta bene la serie CET (Central England Temperature) e la serie NOAA su 480 anni (1538-2018). Pur non essendo un modello, questo fit a due componenti può forse essere estrapolato di 82 anni (fino al 2100). Questa estrapolazione porta ad una anomalia prevista, rispetto al periodo pre-industriale fissato al 1850, di 1.8°C nel 2100, cioè tutta l’anomalia auspicata dalle ultime COP, da Parigi(21) a Katowice(24), senza bisogno di riduzioni di emissioni antropiche.

Abstract: The fit of the anomaly series well represents the CET (Central England Temperature) and the NOAA global series (land+ocean) over 480 years (1538-2018). Also if the fit is not a (physical) model, it perhaps may be estrapolated for further 82 years (through 2100). Such an extrapolation brings to a 1.8°C anomaly in 2100, namely all the forecast and the presage of the last COPs, from Paris(21) to Katowice(24), without any need of reduction of anthropogenic emissions.

Osservando la figura 1, si vede che il fit non lineare (4 seni + retta, 14 parametri, d’ora in poi f22) non è molto diverso, nella rappresentazione dei dati NOAA, dal modello armonico semi-empirico di Scafetta (2013). Il fit non lineare ricostruisce bene (R2=0.804) i dati osservati (“osservati” è un concetto poco appropriato per dati che sono il risultato di molte, e in qualche caso discutibili, elaborazioni).

Fig.1: Confronto tra il modello armonico semi-empirico di Scafetta (2013, quadro superiore), inviatomi da Nicola Scafetta, e il fit non lineare a 14 parametri (f22), entrambi applicati alle anomalie globali NOAA (1118 sono i dati di novembre 2018). Si può vedere che le differenze sono minime su tutta l’estensione del dataset.

Quello del quadro inferiore di figura 1, però, è un fit che segue i dati utilizzati per i calcoli e non è affatto detto che estendendo i dati il suo comportamento sia lo stesso, anzi, nella maggior parte dei casi, una maggiore estensione temporale mostra un andamento non conforme alla funzione determinata tramite il fit. Un esempio è dato dalla sovrapposizione dei dati CET (**, Central England Temperature, dal 1538) ai dati NOAA. Nella parte comune, le due serie si sovrappongono abbastanza bene e quindi ad entrambe si può applicare il risultato di figura 1 ma, andando indietro nel tempo dal 1880, la CET si discosta nettamente dalla rappresentazione analitica di NOAA. Per descrivere i dati estesi, si è usato un altro fit non lineare (f23, 6 seni + retta, 20 parametri) applicato ai dati tra il 1538 e il 1850.

Fig.2: Estrapolazione di f22 nelle due direzioni temporali e sovrapposizione dei dati CET per sottolineare che le osservazioni si discostano dalla estensione temporale della funzione analitica, come avviene nella maggioranza dei casi per un fit, a differenza di quanto dovrebbe succedere per un modello.

I dati estesi sono stati descritti tramite un altro fit non lineare (f23, 6 seni + retta, 20 parametri), calcolato sui dati tra il 1538 il 1850, che si congiunge al precedente f22 nel 1850. Il risultato viene mostrato in figura 3.

Fig.3: Combinazione di due fit non lineari per rappresentare la distribuzione delle temperature CET (e NOAA) tra il 1538 e il 2018.

La data del 1850, evidentemente arbitraria, è stata scelta sulla base dell’inizio della rivoluzione industriale e sulla contemporanea fine della PEG – inizio del ripristino delle condizioni climatiche precedenti la PEG e quindi inizio di un riscaldamento complessivo. Si è cercato di considerare la PEG come una variazione climatica locale o emisferica, ma senza successo: tracce di abbassamento della temperatura sono state osservate anche in Nuova Zelanda (Lorrey et al., 2013).
Il raccordo, nel 1850, tra le funzioni f23 e f22 si osserva in figura 4:

Fig.4: Ingrandimento del punto di raccordo, nel 1850, tra f23 (a sinistra) e f22 nel fit dei dati CET.

Serie di Colle Gnifetti

Le due carote di ghiaccio (denominate KCI e KCC) di Colle Gnifetti, nel massiccio del Monte Rosa, ci forniscono un’ulteriore estensione della serie di temperatura, fino all’800, in pieno Periodo Caldo Medievale (MWP, 950-1250). I dati sono disponibili al sito: https://doi.org/10.1594/PANGAEA.883519. La figura 5 mostra la serie completa di Colle Gnifetti, confrontata con i dati CET, e il suo fit non lineare (f23) fino al 1925, seguito dal fit (f22, esteso al 2280) dei dati CET mostrato in figura 3.

Fig.5: Anomalia di temperatura dalle carote di Colle Gnifetti (dati dal sito Pangaea citato sopra) dall’800 al 2006, confrontata con l’anomalia della CET e con il fit f23 del dataset troncato al 1925 dove si connette al fit f22 calcolato in precedenza per i dati NOAA ed esteso al 2280.

In figura 6 viene riprodotta la figura 11 di Bohleber et al., 2018 (con la sua didascalia) dove sono confrontate le temperature calibrate derivate dalla carota KCC, le temperature strumentali e le temperature ricostruite da Luterbacher et al., 2016.

Fig.6: Riproduzione della figura 11 di Bohleber et al., 2018 (MWA=MWP) e della sua didascalia che dice:
Figure 11: Comparison of decadal temperature trends as anomalies with respect to the mean of AD 2006-1860. Shown are calibrated temperatures obtained from the KCC Ca2+ variability (blue lines, with uncertainty indicated as light blue bands). Also shown are instrumental temperature data (black) and the summer temperature reconstruction of Luterbacher et al. (2016) in red (uncertainty as grey bands). Note that the overall co-variation between the two reconstructions persists for at least another 200 years beyond AD 1000 (light grey shaded area). Black bars on the bottom indicate maximum dating uncertainty. Da notare che le ascisse hanno la scala invertita rispetto alle altre figure.

Considerazioni conclusive

Quanto fatto finora non ha nulla a che vedere con un modello fisico in grado di ricostruire (avendone compreso le cause e i processi fisici) le temperature di lunghe estensioni temporali di varie aree geografiche; è semplicemente un fit, un modo di rappresentare i dati sperimentali tramite polinomi e funzioni sinusoidali, calcolando da quelli i parametri che meglio li rappresentano.
Non è il caso di estrapolare il risultato di un fit perché questa operazione può portare a brutte sorprese. Di questo si è consapevoli, a differenza, ad esempio, di Nerem et al., 2018 che, sulla base di un fit parabolico del livello del mare calcolato per 25 anni (1993-2017), estrapolano i risultati nei successivi 80 anni (fino al 2100).
Ma, pur nelle incognite di questo tipo di operazione, forse è possibile estrapolare il fit combinato (f23+f22) di figura 3 di circa il 17%, per arrivare al 2100.
Dalla figura 5 si ottiene un risultato un po’ diverso rispetto a quello di figura 3 in quanto l’anomalia al 1850 (che dipende dal fit f23) è in questo caso pari a 0°C e quindi l’aumento di temperatura previsto è di 1°C; è bene sottolineare che la stessa estensione, calcolata per le temperature globali NOAA, si applica ad altri 2 dataset diversi tra loro (CET e Gnifetti)..
Se accettiamo questa estrapolazione, il “modello” della figura 3 ci dice che l’anomalia di temperatura sarà (al 2100) 1.8°C sopra il livello pre-industriale (1 °C per figura 5), se questo livello viene fissato al 1850. Il 1850 è anche la data convenzionale di fine della Piccola Era Glaciale o PEG, LIA nell’acronimo inglese, e il proseguimento di una risalita della temperatura iniziata dopo il periodo più freddo della PEG, nel XVII secolo.

Considerando tutte le incertezze connesse con una tale operazione, vediamo che gli obbiettivi fissati dalla COP21 di Parigi (2°C, o meglio, 1.5 °C sopra il livello pre-industriale al 2100) sono semplicemente la naturale evoluzione delle temperature, senza considerazioni sulle emissioni antropiche e sull’uso o meno dei combustibili fossili.

La necessità di cambiare la funzione di fit dopo il 1850, che viene normalmente attribuita all’ingresso nell’era industriale con conseguente immissione in atmosfera di quantità sempre maggiori di gas ad effetto serra, dipende, a parere di chi scrive, dalla fine della PEG e dal successivo recupero delle temperature dopo la scomparsa delle cause (ignote) che hanno generato il periodo freddo.

L’estensione al 650 BCE (Before Current Epoch) sarà presentata nella seconda parte di questo lavoro.

** Tonyb (Tony Brown, un autore e commentatore del blog di Judith Curry “Climate Etc.”) ha esteso la CET all’indietro, fino al 1538 (i dati originali iniziano nel 1659).
I dati di Tonyb sono disponibili a https://curryja.files.wordpress.com/2011/12/long-slow-thaw-supplementary-information.pdf
citato in https://judithcurry.com/2015/02/19/the-intermittent-little-ice-age/
Una descrizione della CET, ancora di Tonyb, si trova in https://judithcurry.com/2011/12/01/the-long-slow-thaw/
Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui

Bibliografia

 

  • Bohleber P., Erhardt T., Spaulding N., Hoffmann H., FischerH. and Mayewski P.: Temperature and mineral dust variability recorded in two low-accumulation Alpine ice cores over the last millennium, Clim Past, 14(1), 21-37, 2018. https://doi.org/10.5194/cp-14-21-2018
  • Lorrey A., Fauchereau N., Stanton C., Chappell P., Phipps S., Mackintosh A., Renwick J., Goodwin I., Fowler A.: The Little Ice Age climate of New Zealand reconstructed from Southern Alps cirque glaciers: a synoptic type approach , Climate Dynamics , , July, 2013. doi:10.1007/s00382-013-1876-8. S.I.
  • Luterbacher, J., Werner, J., Smerdon, J. E., et al.: European summer temperatures since Roman times, Environ. Res. Lett., 11, 2016. https://doi.org/10.1088/1748-9326/11/2/024001
  • Nerem R.S., Beckley B.D., Fasullo J.T., Hamlington B.D., Masters D., and Mitchum G.T.: Climate-change–driven accelerated sea-level rise detected in the altimeter era. PNAS published ahead of print, February 12, 2018. https://doi.org/10.1073/pnas.1717312115
  • Scafetta, N.: Discussion on climate oscillations: CMIP5 general circulation models versus a semi-empirical harmonic model based on astronomical cycles , Earth-Science Review , 126, 321-357, 2013. https://doi.org/10.1016/j.earscirev.2013.08.008

Parte seconda – La stalagmite di Shihua (Cina)

Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 24 Maggio 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=50905

Riassunto: I fit combinati delle temperature fino all’800 CE sono in grado di descrivere ragionevolmente bene anche le temperature della stalagmite della grotta di Shihua che si estendono fino al -650 CE. Viene presentato l’insieme delle serie di temperature usate nei due articoli insieme ai commenti conclusivi.

Abstract: The combined fits of the temperature series through 800 CE describe sufficiently well also the data of the Shihua Cave stalagmite, extended through 650 BCE. The whole set of temperature series used here is presented along with the final comments.

La grotta di Shihua, a circa 50 km a sud-ovest del centro di Pechino, e quindi entro la zona del monsone dell’Asia orientale, è stata aperta al pubblico nel 1986 e da allora il livello interno di CO2 è salito da 500-600 ppmv a 1350-2080 ppmv e la temperatura da 10.6~13.5 a 13.9~16.4 °C. Questo cambiamento ha ridotto il tasso di precipitazione della calcite, in pratica rendendo inutilizzabili i dati sulla crescita delle stalagmiti successivi al 1985 (Tan et al, 2003).
Gli autori appena citati hanno prodotto una serie di temperatura della stagione calda (maggio-agosto) tra il 665 BCE (Before Current Epoch) e il 1985 CE (Current Epoch) [esprimibile anche come -665, 1985 CE] derivata dalla correlazione tra la variazione di spessore degli strati annuali di una stalagmite della grotta di Shihua e la meteorologia della zona circostante. La serie è mostrata in figura 1.

Fig.1: I dati della stalagmite della grotta di Shihua. La linea spessa rossa è un filtro passa-basso con finestra pari a 20 anni, mentre la riga nera è il fit lineare che mostra una pendenza di circa (1.9±0.2) 10-4 °C/anno. I grafici inferiori mostrano lo spettro MEM della serie e mettono in evidenza la dominanza dei periodi multi-secolari rispetto a quelli secolari che pure esistono e sono probabilmente le oscillazioni secolari descritte da Tan et al., 2003.

Da notare le due ampie diminuzioni della temperatura: quella centrata sull’anno 800, di cui si ha solo una debole conferma nella serie degli anelli di accrescimento mostrata nella figura 2 e che non saprei attribuire ad un evento particolare, e quella tra il 1450 e il 1750, corrispondente alla Piccola Età  Glaciale (PEG), visibile anche in figura 2.
Il profondo minimo attorno all’anno 520 è comune ad entrambe le serie, mentre il minimo nello spessore degli anelli nel ~620 compare in maniera più vaga e discutibile nei dati della stalagmite.

Tan et al., 2003, fin dal titolo del loro lavoro (“Cyclic rapid warming on centennial-scale …”) fanno notare la presenza di oscillazioni (riscaldamenti) rapide a scala secolare. Lo spettro di figura 1 mostra, in una serie di massimi di bassa potenza, oscillazioni tra 50 e 170 anni che potrebbero giustificare l’affermazione di Tan e colleghi, ma bisogna sottolineare che lo spettro è dominato dai massimi a 815, 342 anni e, più debole di circa 9 e 4 volte, rispettivamente, 482 anni.

Fig.2: Serie dello spessore degli anelli di accrescimento degli alberi (in questo caso del ginepro tibetano) dal 450 al 2004 CE. Dati da NOAA Paleo.

In figura 3 viene mostrata l’estrapolazione, a tutta l’estensione temporale dei dati della stalagmite di Shihua, del fit (f23) dei dati di Colle Gnifetti descritto nella prima parte di questo articolo. Come si vede, il fit non segue i profondi minimi dei dati cinesi ma è ragionevolmente rappresentativo del loro andamento medio.

Fig.3: Rappresentazione di tutti i dataset usati e dei loro fit tramite funzioni non lineari. Per la serie della grotta di Shihua (tanliu.txt, verde chiaro) non è stato calcolato alcun fit ma è stata utilizzata l’estensione del fit di Colle Gnifetti (rosso). Dal 1925 al 2200 si è usato il fit dei dati mensili NOAA.

Nel mescolare dati a diversa risoluzione sorge sempre il sospetto di creare artificialmente un “hockey stick”: qui il fit f22 (4 seni+ retta) è stato applicato ai dati mensili NOAA, mentre le altre serie hanno risoluzione 1 anno (CET e Shihua) e 2 anni (Colle Gnifetti). La figura 4, insieme ad un suo ingrandimento (figura 5), viene riportata per evidenziare il comportamento del fit rispetto alla serie annuale NOAA.

Fig.4: Ingrandimento di figura 2 tra 1700 e 2200, con sovrapposta la serie NOAA annuale (crocette) per verificare come il fit calcolato sui dati mensili si comporta con i dati annuali.

L’ingrandimento della figura successiva mostra con maggiore evidenza l’accordo tra fit e dati annuali, ricordando che fino al 1925 si usa il fit f23 di Colle Gnifetti.

Fig.5: Parte di figura 4 e suo ingrandimento. Fino al 1925 il fit di Colle Gnifetti (linea rossa).

Considerazioni conclusive

  1. L’insieme dei due fit f22 e f23 è in grado di rappresentare ragionevolmente bene i dati sperimentali dal -650 al 2018 CE, per un’estensione temporale di 2668 anni. L’estrapolazione del 3% (fino al 2100) rispetto all’intera estensione dei dati del fit non sembra essere un grave azzardo. In questo caso l’anomalia “prevista” al 2100 rispetto al periodo pre-industriale sarebbe compresa tra 1 e 2°C, in modo del tutto naturale, senza necessità  di azioni particolari.
  2. Tutti i dati utilizzati sono anomalie il cui valore dipende dalla base temporale utilizzata per il calcolo. Per questo, ad esempio, i dati della grotta di Shihua sono stati spostati di -0.5 °C allo scopo di allinearli con i dati di Colle Gnifetti e CET.

Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui

Bibliografia

  • Tan M, Liu T, Hou J, Qin X, Zhang H, Li T: Cyclic rapid warming on centennial-scale revealed by a 2650-year stalagmite record of warm season temperature, GRL, 30, 191-194, 2003. http://dx.doi.org/10.1029/2003GL017352 (testo completo)