Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 17 Novembre 2020
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=53689

Il 30 agosto è uscito su Nature Climate Change l’articolo Ice-sheet losses track high-end sea-level rise projections Slater et al., 2020, in cui gli autori mostrano che i dati osservati, prodotti dal consorzio IMBIE (http://imbie.org. Nella loro homepage si legge: IMBIE is an international collaboration of polar scientists, providing improved estimates of the ice sheet contribution to sea level rise), seguono fedelmente -nei 10 anni di sovrapposizione- lo scenario peggiore dei modelli climatici AR5 (RCP 8.5), come si vede nella successiva figura 1 che riproduce la loro figura 1.

Fig.1: Riproduzione dellafigura 1 di Slater et al., 2020 con la sua didascalia.

E’ facile sottolineare che i “dati osservati” sono in realtà frutto di lunghe elaborazioni dei dati satellitari, basate su modelli (ad es. in Imbie, 2018: We then averaged the rates of ice-sheet mass balance using the same class of satellite observations to produce three technique dependent time series of mass change in each geographical region …), oppure, ibidem: The least certain result is in East Antarctica…, dove l’Antartide orientale è praticamente tutto il continente, le altre due parti essendo la piccola regione dell’Antartide occidentale e la Penisola antartica, di area quasi trascurabile; vedere questa mappa (sempre da Imbie, 2018). Anche osservare che 10 anni di sovrapposizione, di cui gli ultimi due sembrano allontanarsi dai modelli, sono una prova non molto efficace per dimostrare una cosa qualsiasi, è quasi banale. Poi, un articolo altrettanto recente (Golledge, 2020) scrive, nella prima frase del riassunto: Under future climate change scenarios it is virtually certain that global mean sea level will continue to rise. But the rate at which this occurs, and the height and time at which it might stabilize, are uncertain., lasciandoci immaginare che in realtà i problemi legati alla compatibilità tra modelli e osservazioni sono ancora aperti e che la scienza, su questi argomenti, è tutt’altro che “settled”. E questo anche se la sicurezza mostrata da Slater et al., 2020 appare adamantina.

Anche lo stesso consorzio IMBIE, nel confermare lo scioglimento dei ghiacci più evidente in Groenlandia, riporta il bilancio di massa nelle tre regioni antartiche, che riproduco nella figura 2 e che appare notevolmente costante negli ultimi (quasi) 40 anni.

Fig.2: Figura 3 del materiale supplementare di Imbie (2018). Vengono riportate le serie del bilancio di massa superficiale (SMB, Surface Mass Balance) per le tre regioni dell’Antartide (AP= Antarctica Peninsula; WAIS= West Antarctica Ice Sheet; EAIS= East Antarctica Ice Sheet) in miliardi di tonnellate di ghiaccio al mese (Gt mo-1).

Ma, come si dice, non voglio nascondermi dietro un dito: la perdita di ghiaccio c’è e il consozio IMBIE lo certifica, sia in miliardi di tonnellate che nel relativo aumento del livello marino (i dati sono simmetrici), come si vede nella figura successiva, una mia elaborazione dai dati di IMBIE-2012 (i dati disponibili, che riporto anche nel sito di supporto, sono distinguibili dagli anni 2012, 2018, 2020, questi ultimi riferiti alla sola Groenlandia).

Fig.3: Serie antartica e groenlandese del cambiamento mensile di massa (grafico superiore) e il relativo aumento del livello marino come contributo dell’una e dell’altra regione. Le barre verticali sono gli errori di misura riportate dal Consozio IMBIE. L’equivalente grafico per i dati più recenti, IMBIE-2018 e IMBIE-2020, è disponibile nel sito di supporto

Noto con qualche sorpresa, ma potrebbe essere una coincidenza, che le due curve cominciano a separarsi dal 2001-2002, gli anni in cui, secondo la mia visione del fenomeno, l’aumento della temperatura globale si è fermato (o ha rallentato, a seconda della serie di temperatura usata), calcolandolo al di fuori dall’influenza dei due forti El Nino 1997-98 e 2015-16, rispetto alla salita iniziata dal 1980.
Senza affidarmi troppo alla figura 1, ho preferito derivare il contributo al livello del mare di Antartide più Groenlandia direttamente dai dati IMBIE, con l’incertezza complessiva calcolata dalla semplice propagazione degli errori.

Fig.4: Contributo cumulativo di Groenlandia e Antartide alla salita del livello del mare. Il grafico corrisponde, senza i modelli, alla figura 1. Le barre di incertezza sono calcolate dalla propagazione degli errori forniti per le due serie. Dati di Imbie-2020 (Greenland) e Imbie-2018 (Antarctica). Anche qui si vede un rallentamento finale della pendenza, rispetto a quella del periodo 2010-2015.

Mi sarei aspettato che i dati più recenti avessero una maggiore precisione rispetto a quelli iniziali delle serie e quindi una barra di incertezza complessiva via via minore (25 anni non passano invano), ma osservo in figura 4 che le barre arancione si comportano come quelle dei modelli: man mano che ci si allontana dalla base osservativa su cui sono sintonizzati (vedere anche figura 1) diventano più ampie.

Per osservare le variazioni intrinseche del contributo al livello marino da un mese all’altro (Cumulative sea level contribution, mm) ho calcolato le differenze tra il cambiamento cumulativo del livello del mare nelle serie IMBIE, in mm, di un mese rispetto al mese precedente, delle tre regioni antartiche e di tutto il continente, in pratica la derivata prima numerica della serie fornita da IMBIE o la velocità con cui il livello cambia.

Fig.5: Differenze (nel senso di mese successivo – mese precedente) del contributo di due mesi successivi al bilancio di massa in Antartide. Le tre parti del continente sono separate e all’Antartide orientale è stato aggiunto (in rosso e diminuito di 0.04 mm, per mantenere la stessa scala nei tre grafici) l’intero continente. L’equivalente in massa di ghiaccio (Gt/mese) si trova nel sito di supporto. Dati da IMBIE-2018.

Osserviamo che nel periodo 1992-2018:

  1. (Il ghiaccio del)La Penisola antartica cambia a velocità costante, tranne un periodo di 7-8 anni (2007-2014) in cui la velocità di cambiamento è aumentata leggermente sempre restando costante.
  2. L’Antartide occidentale mostra una velocità costante fino al 2005; poi un aumento di velocità (accelerazione) fino al 2009, seguito da una costanza (in media) fino al 2014 e un successivo accenno di diminuzione.
  3. L’Antartide orientale e il continente intero, pur con le rispettive differenze, anche importanti, si presentano complessivamente come l’Antartide occidentale.
  4. L’insieme delle parti importanti del continente (cioè escludendo la piccola Penisola antartica che in ogni caso “corre” a velocità costante) mostra un contributo costante al livello del mare, una successiva accelerazione e una decelerazione che prosegue fino alla fine della serie (nel 2018).

Tutti i dati che abbiamo a disposizione, visualizzati nelle figure 1, 4 e 5, confermano una momentanea accelerazione del livello marino (grosso modo dal 2005 al 2014) e una sua diminuzione, almeno fino al 2018. A mio parere questo significa normale presenza di fluttuazioni naturali, certo legate all’aumento della temperatura complessiva e all’amplificazione artica, ma nulla che lasci immaginare un’evoluzione parossistica (catastrofica) della situazione.
Le osservazioni mostrano che il livello medio marino sta salendo e che sta accelerando dal tempo delle osservazione altimetriche satellitari (Golledge, 2020), in particolare dal 2011. A me questa accelerazione sembra più un paio di episodi di durata biennale, seguiti da una brusca decelerazione, tipo quella avvenuta dopo il 2016.
Anche il lavoro di Levitus et al., 2012, fornisce, secondo me, una crescita lineare del contenuto di calore dell’oceano globale (OHC) negli ultimi 52 anni, come mostra questa figura, derivata componendo i grafici relativi all’oceano globale delle sue figure S1 e S2, in cui il fit lineare è in grado di spiegare più del 90% della varianza dell’OHC, sia tra 0 e 700 m che tra 0 e 2000 m di profondità.

Conclusioni
Il ghiaccio in Antartide e in Groenlandia si sta sciogliendo, ma non è chiara (per me) quale sia l’incertezza insita nelle misure e quale il ruolo e l’importanza dei modelli (quelli che permettono il passaggio dai dati “grezzi” ai dati climatici: qui non c’è quasi nulla che sia “misurato” nel senso classico del termine) e quindi quali possano essere i numeri che definiscono il reale aumento del livello marino e la veridicità delle affermazioni connesse ai cd migranti climatici o all’allagamento delle zone costiere (con le relative, molte, grandi città). E, come conseguenza, quali possano essere i tempi necessari per il verificarsi di questi eventi, che sembrano sempre dover avvenire “domani”, da quasi 50 anni. Sempre ammesso che le catastrofi annunciate siano ineluttabili.
Golledge, 2020 cita aumenti del livello marino fino a poco meno di 60 m, dovuti allo scioglimento totale dei ghiacci groenlandesi e antartici ma anche lui, che a mio parere ha affrontato l’argomento con molta serietà, dimentica di sottolineare (solo un vago accenno) i tempi necessari per questo fantomatico scioglimento totale e il fatto che le popolazioni umane (questa sembra essere la preoccupazione principale) avrebbero in un caso simile ben altri problemi che impoverirsi, usando l’elettrico invece del petrolio per muoversi, o mangiare “biologico” invece di usare i concimi chimici che la scienza mette a disposizione (scienza con cui i “salvatori” del pianeta si riempiono la bocca quando fa loro comodo).

Bibliografia