Autore: Admin
Data di pubblicazione: 03 Dicembre 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=51943
Questa rubrica è a cura di Andrea Beretta
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A rischio di essere accusati di favoritismi, attingiamo nuovamente al Fatto Quotidiano, ed alla sua sempre prolifica rubrica “Ambiente e Veleni”. Avevamo già evidenziato come dalle parti del Fatto le Olimpiadi proprio non le hanno digerite. Secondo loro sarebbe addirittura meglio rinunciare da subito perché nel febbraio 2026 di neve, stante il trend degli ultimi anni, non ce ne sarà. Non dobbiamo tuttavia illuderci che le copiose nevicate di questo novembre, che permetteranno a numerose località sciistiche di aprire in anticipo, facciano cambiare la linea editoriale.
Anzi. Leggendo questo pezzo, si intuisce invece come la neve scesa in questi giorni sia addirittura “dispettosa” forse perché contraddice la narrativa. Si passa, infatti, da una malcelata stizza per le condizioni attuali che vedono imbiancato tutto l’arco alpino dai 1200 m in su, ad un masochistico compiacimento per le impennate di temperature previste dai soliti “infallibili” modelli che impedirà lo sci al di sotto dei 2100 m entro il 2030 (praticamente domani). Ma in fondo, per i profeti della decrescita (in)felice, la cosa più inaccettabile è che qualcuno faccia profitto con la neve “ […] gli scenari sono chiacchiere rispetto agli affari. E perciò dappertutto sull’arco alpino impazzano grandi lavori per ampliare la rete degli impianti di risalita”.
Eh già, pare proprio strano per il Fatto Quotidiano che un imprenditore pretenda di investire e fare per giunta profitti. O forse, vale solo l’equazione imprenditore = evasore (= manette). Eppure la domanda nasce spontanea: ma se un imprenditore, il cui scopo è quello di generare profitto per definizione semantica del termine, credesse in questi scenari climatici apocalittici, davvero investirebbe tanto in imprese così temerarie? Non sarà invece che gli imprenditori per primi hanno capito che le profezie di liquefazione delle Alpi sono solo frescacce buone a riempire i soliti giornali e nient’altro?
Venusiani supersonici
Ma cambiamo argomento e saliamo, se possibile, di livello, pur restando in casa della solita testata: questa volta, per accedere all’articolo intitolato “Venere era simile alla Terra. Il clima di un pianeta cambia: per questo dobbiamo attrezzarci”, dobbiamo entrare nientemeno che nella sezione “ Scienza”.
Le prima frase del pezzo riesce a incuriosire: “ci sono notizie che, per quanto interessanti, è opportuno lasciare decantare per evitare che qualsiasi cosa si dica venga fraintesa, perché il tempo è sbagliato”. Toni da Oracolo di Delfi, o da Mago Otelma, se si preferisce. Le righe successive svelano l’arcano, ovvero che”Venere in un tempo passato, lontano ma reale, possa avere avuto atmosfera, clima e meteorologia molto simile a quella della Terra di oggi”.
Interessante, è interessante…Passato, reale e ipotetico si abbracciano in una frase che vuol dire tutto e niente. Fatto sta, ci si chiede perché sia così necessario far “decantare” uno scoop del genere. Forse ad aver bisogno di un decanter è la seguente successiva rivelazione, ovvero che su Venere soffierebbero zefiri supersonici: “anidride carbonica e nuvole di acido solforico spinte da venti che le fanno viaggiare alla velocità media di 3760 chilometri all’ora”. Per fortuna basta una piccola ricerca su internet per capire che il giornale si è fatto scappare uno zero di troppo. Poco importa. Del resto, si sa, i numeri quando non tornano, si interpretano. Un po’ come le previsioni sgangherate dei modelli dell’IPCC. E uno zero, non conta niente, se si deve salvare il Mondo.
Ovviamente il pezzo attribuisce con certezza assoluta alla CO2 la colpa della trasformazione di Venere da Paradiso Terrestre dove scorrevano fiumi di latte e miele, all’inferno spazzato da venti supersonici (!) che è oggi. Di più: il motivo per cui questa scoperta, come detto nell’introduzione, doveva essere fatta decantare è presto detto: “Perché non parlarne prima? Perché pochi avrebbero ascoltato e molti avrebbero usato l’informazione a proprio vantaggio. Erano i giorni di Greta Thunberg che parla alle Nazioni Unite, di Donald Trump che twitteggia, garrulo, pallido e assorto, le sue sciocchezze; dello scontro senza dialogo fra negazionisti e fondamentalisti del cambiamento climatico. Chissà se 750 milioni di anni fa è accaduto lo stesso su Venere”
In sostanza, ora che c’è Greta il suo esercito di sciopera(n)ti, siamo finalmente pronti, dopo 100 mila anni di negazionismo, ad accettare la rivelazione finemondista: la Terra diventerà come Venere, punto. Perché a nulla vale, al cospetto del gretinismo imperante, l’esistenza di una vasta letteratura scientifica che sminuisce il ruolo della CO2 attribuendo la causa principale del riscaldamento di Venere alla pressione: ovvero la “teoria adiabatica” dell’effetto serra.
Polvere di balle
Accettato tuttavia il postulato del clima che cambia “perché adesso abbiamo Greta e quindi siamo pronti”, cambiamo con esso anche testata. Nei giorni immediatamente successivi all’eccezionale alta marea di Venezia, Repubblica s’è scatenata e ha titolato, il 19 novembre: ”Clima, così le catastrofi sono diventate normali. Le polveri sottili ‘rubano’ sei mesi di vita ai nostri nipoti”. Cosa c’entrino le polveri sottili col cambiamento climatico, è presto detto: “non è il riscaldamento globale a generarle, ma il cambiamento climatico le rende più letali, perché i loro effetti sull’organismo sono più frequenti e più incisivi quando l’aria è secca, calda, ferma, come accade quando l’atmosfera si riscalda”
Cosa colleghi il tenore di umidità con la temperatura dell’aria e l’assenza di vento, lo sanno solo nella redazione di Repubblica. Sommessamente ricordo solo che le difese immunitarie dell’organismo si abbassano in corrispondenza di cicli freddi: basti pensare alle influenze, raffreddori e perfino alle pestilenze medievali. L’articolo in sé riprende un leit motiv tipico del Mainstream, il pessimismo apocalittico dei tanti San Giovanni laici di oggi, che ci ricordano come, per causa nostra, tutto vada sempre peggio, e la fine sia vicina (se non compriamo la Tesla).
Eppure, basterebbe solo cambiare paradigma e guardare al bicchiere mezzo pieno: quanti anni di vita abbiamo regalato ai nostri nipoti in Europa grazie alla drastica diminuzione delle polveri sottili degli ultimi 30 anni? Grazie al progresso scientifico, e allo sviluppo di tecnologie sempre più efficienti per i motori a combustione interna? Domande che resteranno ovviamente inevase, giacché approfondire certe questioni non giova alla narrativa, e agli interessi economici che la sostengono.
L’appuntamento è alla prossima puntata di questa rubrica. Con la certezza che i soliti giornali non ci deluderanno.