Ripubblico questo splendido Articolo, che spiega le dinamiche trà Attività Solare e Clima Terrestre
Credo che la maggior parte dei lettori sono convinti che il Sole sia una fonte inesauribile e costante di energia.
Visto che si prevede per lo stesso ancora una durata di circa 5 miliardi di anni, prima di trasformarsi in una gigante rossa e inghiottire la Terra, sono d’accordo sull’aggettivo inesauribile, perlomeno usando il metro della civiltà umana.
Ma sul costante non sono per nulla d’accordo.
Tutti noi dobbiamo la nostra vita alla presenza di questa stella posta alla giusta distanza dalla Terra, calibrata per donarci l’energia necessaria per le nostre attività. Ma da qualche tempo sta succedendo qualcosa: il Sole sta cambiando la sua emissione di energia e noi non ne potremo non risentirne.
Forse non tutti sanno che il Sole è una stella variabile e presenta una ciclicità media di 11,04 anni, con un massimo di attività raggiunto rapidamente all’inizio di ogni ciclo ed un minimo successivo conseguito con una velocità molto più ridotta, che però dopo un periodo di attenuazione da spazio ad un nuovo ciclo con il suo massimo ed il suo minimo.
Al massimo ed al minimo solare corrisponde un surriscaldamento del clima terrestre e poi un successivo raffreddamento.
Ad esempio i due ultimi cicli, il 22 e il 23, prima dell’attuale ciclo in corso, il 24, sono stati dei cicli solari molto intensi che hanno portato ad un aumento della temperatura globale del pianeta, anche se l’opinione comune dominante è attribuire il riscaldamento globale della Terra a fenomeni antropogenici, ossia alle attività industriali umane, come l’aumento della CO2 nell’aria [1].
L’atmosfera terrestre percepisce molto bene le esplosioni sulla superficie del Sole (flares) e le eiezioni di materia coronale (gas) dal Sole che giungono verso di noi (protoni ed elettroni ad alta velocità) e che comprimono l’atmosfera che si surriscalda e dona calore al suolo che a sua volta si riscalda.
Questa intensa attività solare noi la possiamo percepire visivamente come la presenza di macchie solari sulla sua superficie, indice di una forte attività magnetica solare e che talora sono di così ampie dimensioni (se maggiori di 40.000 km) da essere percepite visivamente anche senza l’uso di alcun cannocchiale, anche se è ovviamente è d’obbligo un’adeguata schermatura ai potenti raggi solari che causerebbero altrimenti una lesione irreversibile della retina.
Nel 17° secolo l’immagine del Sole e delle macchie solari venivano proiettate su di un foglio bianco sul quale potevano essere disegnati i contorni (Houghton Library – Harvard University)
Una forte eruzione solare sarebbe drammatica per la nostra attuale tecnologia costituita ormai da comunicazioni satellitari, computer e telefonini che finirebbero in tilt per diversi giorni. Senza contare le centrali elettriche che sarebbero preda di correnti indotte ed entrerebbero in crisi causando black-out generalizzati nel sistema di distribuzione. Fenomeno conosciuto e previsto dalle centrali elettriche alle più alte latitudini che sono avvertite nel caso di questa evenienza, affinché possano staccare l’alimentazione, avendo 20 ore di tempo intercorrente tra esplosione sulla superficie solare e l’arrivo delle prime particelle della nuvola di gas nell’atmosfera terrestre.
Fatto già avvenuto il 29 ottobre del 2003 [2], ma di intensità molto minore di quanto avvenuto nel 28 agosto 1859 quando per le aurore boreali presenti a latitudini molto più basse del normale si poteva leggere il giornale anche a mezzanotte senza l’ausilio di alcuna luce artificiale.
Ma a quel tempo la scarsa diffusione della tecnologia basata sull’energia elettrica fece sì che gli unici danni percepiti dalla popolazione furono il blocco del telegrafo per parecchie ore. Ma oggi questo evento è molto temuto e paventato. Ma alla fine il danno sarebbe riparato e tutto ricomincerebbe come prima, magari con un’industria che baderebbe a schermare con maggiore accuratezza i propri gingilli elettronici.
Però allo stato attuale qualcosa sta accadendo al nostro Sole che è il contrario di quanto appena prospettato: il Sole sta attraversando un periodo di minimo intenso e da due anni nonostante alcuni momenti di piccola comparsa di macchie sulla sua superficie, accompagnato dai facili entusiasmi degli scienziati del settore, non si sta riprendendo per niente.
Continua imperterrito nel suo sonno e nulla sembra scuoterlo [4].
Molti astrofisici fino ad ora considerati personaggi di punta del settore continuano a balbettare previsioni di prossime riprese dell’attività solare, ma sempre con minore sicurezza e spostate però sempre più in là nel tempo: per la NASA il massimo si doveva verificare prima nel 2011, poi nel 2012, ora nel 2013. Sicuramente alla prossima occasione si parlerà del 2014. Mentre il NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) prevede un ciclo numero 24 di almeno 13 anni.
Ma i fatti sono che questo ciclo 24 è sì ripartito, ma di macchie non se ne vedono e se ci sono, appaiono poche e di piccole dimensioni [5].
La macchia 1046 della numerazione NOAA del ciclo 24 vista dal telescopio orbitante SOHO
Molte perdurano per più rotazioni solari stando ad indicare che ci troviamo già nel periodo di massimo solare, secondo le teorie del prof. Hartway della NASA, e se è questo tutto quanto può esprimere il massimo del ciclo 24, figuriamoci quando inizierà la fase discendente di minimo [6].
Ma, c’è anche qualcuno che comincia a dire che quanto sta succedendo ora è già successo in epoche passate ed anche parecchie volte; ne abbiamo più di un riscontro storico.
Solo in tempi recenti abbiamo riscontri storici associati ad osservazioni degli astronomi delle macchie solari che solo dai tempi di Galileo hanno cominciato ad interessarsi alla dinamica di queste.
Ed allora si cita il periodo cosiddetto del “Minimo di Maunder” [8] dal nome del suo scopritore che fece la correlazione tra episodi storici e macchie solari alla fine dell’ottocento.
La stessa macchia 1046 vista dal piccolo telescopio solare ottico di Palazzo Someda situato a Transacqua (TN) 746 m s.l.m. – L’aspetto sfuocato è determinato dalla diversa densità degli strati d’aria atmosferica attraversata (fenomeno del seeing)
Il Minimo di Maunder fu un periodo storico a cavallo del 1600 e del 1700 di 70 anni senza macchie solari o poche macchie che portò alle più gravi carestie subite dall’Europa dai tempi del Medio Evo e delle invasioni barbariche, causate peraltro anche queste da un altro periodo di forte raffreddamento climatico dell’Emisfero Boreale che portò molte popolazioni nordiche a migrare verso terre a più bassa latitudine alla ricerca della sopravvivenza.
Nel 1693 la carestia determinata dalla mancata maturazione delle coltivazioni portò a centinaia di migliaia di morti per fame e stenti in Europa [17].
Il Sole si era raffreddato solo di un poco, ma la Terra di molto, attraversando una Piccola Era Glaciale fatta di estati brevi e fredde accompagnate da inverni rigidissimi e senza fine.
Ghiacciava la Senna ed il Tamigi e le sofferenze per la popolazione con un’economia prevalentemente agricola erano immense. Non si riusciva neppure a far maturare il grano nelle pianure laziali.
Ora ci ritroviamo nuovamente in un periodo di un Sole senza o poche macchie. Siamo di nuovo di fronte ad un nuovo Minimo di Maunder?
Per questo, affinché capire cosa potrebbe aspettarci, credo che sia bene capire cosa è stato e cosa significhi un nuovo Minimo di Maunder.
Il Minimo di Maunder
Edward Walter Maunder [7] era il sovrintendente del Dipartimento Solare dell’Osservatorio di Greenwich e disponeva delle numerose osservazioni sulle macchie solari presenti nella sua struttura. Già nel 1904 si era accorto che la latitudine delle macchie cambiava dall’inizio di ogni ciclo spostandosi dai poli verso l’equatore formando il classico “diagramma a farfalla” man mano che avanzava il ciclo.
Diagramma grafico “a farfalla”
Disponendo di un’ampia casistica presente in questa prestigiosa istituzione egli si accorse anche che dal 1645 al 1715 furono osservate poche macchie e dal 1672 al 1704 non ne furono osservate proprio. In questo periodo il numero di macchie o di gruppi di macchie era quindi sensibilmente inferiore a quelle osservate nei suoi tempi nei cicli undecennali.
Nel suo lavoro del 1894 “A Prolonged Spot Minimum” non poté non far notare che vi era la prova che indicava l’ampia variabilità dei cicli solari.
Il suo lavoro pubblicato nel 1894 che seguiva le osservazioni di Gustav Spörer, non ebbe molta fortuna ed altrettanto accadde alla pubblicazione che seguì nel 1922, poco prima della sua morte avvenuta nel 1928.
Sir Edward Walter Maunder (1851 – 1928)
È incredibile quanto acute osservazioni possano rimanere sepolte nel dimenticatoio così per tanto tempo. È quindi una buona norma in una ricerca scientifica non trascurare i lavori datati, ma bisogna sempre consultare quelli che presentano qualche affinità con la propria ricerca personale.
Ed è proprio quello che fece John A. Eddy, che a metà degli anni ’70 riscoperse il lavoro di Maunder pubblicando il suo articolo “The Maunder Minimum” [9] [11].
John Allen “Jack” Eddy (1931 – 2009)
Ma alla ricostruzione archivistica di Maunder aggiunse prove di valenza scientifica legate alla presenza di Carbonio 14 negli anelli degli alberi.
Poiché questo isotopo assieme al berilio 10 viene formarsi in maggior quota quando vi è una maggiore quantità di raggi cosmici che giungono a terra in conseguenza di una ridotta attività magnetica solare. Andando a misurare la quantità di C14 presenti negli anelli degli alberi che hanno una datazione storica è come avere a disposizione un registratore in grado di documentare periodi di minor o maggior attività solare.
Attualmente questo sistema è stato ampliato e reso più semplice mediante i carotaggi nel ghiaccio svolti nell’Artico che permettono una uguale datazione.
Numero di macchie solari osservate dagli astronomi dal 1620 al 2000.
E’ ben visibile l’assenza di macchie durante il Minimo di Maunder
È da ricordare che i carotaggi dei ghiacciai presenti nell’Artico, che conservano memoria delle variazioni climatiche, sono un’importante registrazione di quello che avveniva nell’aria in epoche passate. Analizzando la loro componente è pertanto possibile verificare cosa è accaduto nel clima prima che si cominciasse a registrare direttamente le sue variazioni.
Infatti le precipitazioni si depositano sotto forma di neve trascinando le impurezze presenti in atmosfera, quali polveri e composti chimici. Quando la temperatura rimane in permanenza sotto lo zero, la neve non si scioglie, ma sprofonda di anno in anno trasformandosi in ghiaccio, sotto l’effetto del suo stesso peso, ad alcune decine di metri di profondità.
In questo processo di trasformazione, l’aria che si trova negli interstizi fra i cristalli di neve viene imprigionata all’interno del ghiaccio in minuscole bolle [1].
Questo è anche il metodo usato da Geoff Sharp, allievo di Theodor Landschieldt, per confermare la teoria del suo maestro che a determinate posizioni planetarie di Giove e Saturno corrispondono un riduzione dell’attività solare [10].
Ma ritornando ad Eddy, scomparso di recente, egli associò a queste prove scientifiche anche una ricostruzione storica di questo periodo mediante l’associazione con grosse macchie solari visibili ad occhio nudo, la frequenza di aurore boreali (associate ad un alta quantità di macchie solari) e l’aspetto della corona solare durante le eclissi (quella volta non c’era ancora LASCO C2 e C3 di SOHO!!) che risultava ridotta nel caso di scarsa attività solare [9].
Questo lavoro suscitò ampi consensi e spinse altri ricercatori a recuperare tutte quelle documentazioni storiche che potessero confermare od avversare le teorie di Eddy.
Vi fu un’ampia conferma delle sue teorie e ciò spiega perché per il futuro l’attuale minimo solare che si sta schiudendo prenderà il nome di Minimo di Eddy in suo onore.
Ma ritornando a quello che significa un nuovo Minimo di Maunder bisogna sottolineare anche il lavoro di Usoskin, Mursula, Kovalev che in base a documentazioni certe confermarono il fatto che il ciclo medio solare, di solito di 11 anni, nel periodo del Minimo di Maunder operò a bassissima attività e con una durata di 22 anni.
Ricordiamo che i cicli solari di media hanno una durata di 11 anni, ma si può andare dagli 8 ai 15 anni.
Interessante anche la ricerca di J.M. Vaquero del Dipartimento di Fisica Applicata dell’Universidad de Extremadura a Cáceres (Spagna),
Egli ha effettuato una ricerca storica sulle osservazioni delle macchie solari con il telescopio ottico negli ultimi quattro secoli. Queste osservazioni gli hanno permesso di conoscere il numero, la posizione, e l’area delle macchie solari nei vari momenti favorendo la costruzione di un database. E in questo modo ha potuto anche reperire delle informazioni preziose su specifici episodi come il Minimo di Maunder o i flares visibili otticamente.
Vaquero ha concluso che nella frazione centrale del Minimo di Maunder (1684) la rotazione del Sole subì anche un rallentamento [20].
Connessione diretta tra clima ed attività solare
Si possiede un’ampia documentazione storica che testimonia la presenza di un Periodo Caldo Medievale che va dall’800 d.C. al 1.200 d.C.
In questo periodo la Groenlandia era libera dai ghiacci, tanto da assumere questo nome di battesimo dai Vichinghi che la conquistarono e che significa “terra verde”, l’Islanda era una terra fiorente e si potevano coltivare le viti in Inghilterra. Seguì una nuova Piccola Era Glaciale il cui apice è rappresentato dal Minimo di Maunder.
Anzi si può dire che questo periodo glaciale non è mai terminato, visto che la Groenlandia è tuttora ricoperta dai ghiacci. Mentre alcuni collocano questa Piccola Era Glaciale tra il 1.300 d.C. e il 1850 d.C.
Quel che è sicuro è che questo clima rigido ha presentato diverse fluttuazioni in questo periodo verso una maggiore o una minore temperatura media .
Il Minimo di Maunder (1645 – 1715) è, pertanto, il periodo più caratterizzante in cui si ebbe il massimo dell’espansione dei ghiacciai, con qualche pausa come ad esempio dopo il 1680, ma per poi riprendere con maggior vigore causando un vero disastro sociale e climatico intorno al 1693 con migliaia di morti per fame.
Di questo periodo si ha ampia documentazione storica e scientifica e testimonia una caduta delle esplosioni solari rilevabili mediante strumenti ottici.
Poiché negli ultimi secoli le rilevazioni solari sono state più attente, assieme ai dati climatici, si identifica un altro periodo di minimo solare, denominato Minimo di Dalton, in onore del fisico inglese John Dalton, posto tra il 1790 e il 1830. Si trattò fortunatamente solo di un minimo che investì in realtà solo due cicli solari , ma il tempo dalla caduta alla piena ripresa dell’attività solare richiese quasi 40 anni.
Una testimonianza storica nota a tutti di questo periodo è il Grande Inverno Russo che cancellò l’esercito di Napoleone che aveva cercato la fortuna fino a Mosca nel 1812 ed ebbe la sfortuna di incontrarlo: uccise più uomini che il nemico. A fine campagna le truppe napoleoniche erano ridotte a meno del 2% del numero iniziale.
Dopo il 1850 con la ripresa dell’attività solare si ebbe un periodo decisamente gradevole che culminò con il Massimo Moderno che a questo punto sembra giunto al termine.
Non che in questo periodo non ci siano state varie fluttuazioni del clima verso un qualcosa di più rigido come ad esempio il raffreddamento dei primi anni ’40, se ricordiamo il terribile inverno di Stalingrado tra il ’42 e il ’43 avvenuto dopo un’estate torrida, o al contrario il periodo di riscaldamento del ’50-’55 o dei primi anni ’70 o di questo ultimo periodo.
Quanto peso abbia avuto l’attività umana, vista la fluttuazione della temperatura, anche se questo viene negato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che ha sempre sostenuta una crescita continua e progressiva, non è dato di sapere, ma guardando il clima con un respiro più ampio non pare così importante.
Fatto sta che dal 2007 si è osservato con i satelliti una ripresa della crescita dei ghiacci anche nell’Artico, mentre l’Antartico ha sempre goduto di una discreta salute.
Ipotesi sulla possibilità che si sviluppi un Minimo di Eddy.
In questo periodo gran parte dei maggiori esperti del Sole hanno continuato a considerare la nostra stella come un generatore di numeri casuale assolutamente imprevedibile.
Ne hanno tracciato alcuni comportamenti ricorrenti, ma senza vedere alcuna logica nei diversi cicli.
Va però citato in primo luogo Theodor Landschieldt che per primo ha suggerito con le sue ricerche l’ipotesi che i grandi pianeti come Giove, Saturno, Nettuno e Urano possano agire in particolari configurazioni sul campo magnetico del Sole.
L’obiezione a questa teoria è sempre stata che la massa di questi pianeti è si grande rispetto alla Terra, ma estremamente ridotta rispetto a quella del Sole.
Come è possibile che siano in grado di agire sul Sole, vista l’esiguità della loro massa rispetto a quella del Sole?
Non è possibile che questa forza sia la classica forza di marea. La stessa in grado di influenzare le deformazioni della crosta terrestre da parte della Luna e del Sole, quando sono allineati rispetto alla Terra.
Landschield fornisce una spiegazione per questa influenza, non proporzionale alla massa dei pianeti secondo la fisica classica, suggerendo che la causa sia lo spostamento del baricentro del Sistema Solare al di fuori dell’astro.
Il baricentro del sistema Sole – Giove (Enterprise Mission di Mike Bara)
A parte il tentativo di spiegazione, il suo lavoro rappresenta un’acuta osservazione, ossia una constatazione astronomica basata su un rapporto causa-effetto della relazione esistente tra dati scientifici/storici e comportamento solare.
A minimi solari documentati corrispondono determinate posizione planetarie, in particolare sigizie tra Giove, Nettuno ed Urano in opposizione a Saturno con il Sole posto al centro di questo allineamento.
Tale teoria viene avversata dagli astrofisici che non riescono a concepire una fisica diversa da quella tradizionale.
Ma da un certo tempo si stanno diffondendo nel mondo scientifico non di stretta osservanza le teorie sui campi di torsione, ossia una forma di energia estremamente penetrante con velocità di propagazione superiore a quella della luce.
Vista in questa prospettiva le interazioni tra pianeti e Sole sembrerebbero avvenire tra le loro forme energetiche piuttosto che tra gli stessi corpi materiali.
Tale energia, da alcuni denominata “quantum medium” non fa parte dello spazio tridimensionale, ma si colloca nell’iper-spazio essendo così a un passo al di fuori della dimensionalità dello spazio.
Questa energia perciò non è costretta a spostarsi nello spazio ed è così in grado di manifestare i suoi effetti in luoghi diversi tra loro al medesimo istante. In conseguenza, le interazioni tra le forme energetiche non sono sottoposte al limite della velocità della luce.
Ipotizzando questa rivoluzione copernicana della fisica, già proposta nei modelli di Fisica Iperdimensionale, si spiegherebbe la possibilità di pianeti di far entrare in risonanza il campo magnetico del Sole pur disponendo di una massa fisica estremamente inferiore.
Ma di questo ne riparlemo più approfinditamente in un prossimo articolo.
Bisogna comunque riconoscere che qualche dubbio sui limiti della Teoria della Relatività agli astrofisici classici viene dopo la scoperta della “materia oscura” [15] ed il sempre maggior interesse nel sistema delle onde gravitazionali [16].
Per far capire cosa si intende per onde gravitazionali e qual è la differenza con le onde elettromagnetiche bisogna sottolineare che le onde elettromagnetiche viaggiano attraverso lo spazio-tempo, mentre le onde gravitazionali modificano la struttura stessa dello spazio-tempo.
Se le onde elettromagnetiche che attraversano lo spazio interstellare interagiscono con esso dando informazioni sia sulla sorgente che il mezzo attraversato, le onde gravitazionali viaggiano indisturbate attraverso il mezzo interstellare e forniscono informazioni solo sullo stato dinamico della sorgente.
Inoltre, se la radiazione elettromagnetica si attenua con il quadrato della distanza percorsa, la radiazione gravitazionale si attenua in proporzione diretta con la distanza [16].
Per fare un esempio pratico di questi concetti si può dire che se il Sole decidesse un giorno di esplodere a sorpresa, istantaneamente la Terra, posta a 150 milioni di km dal Sole, verrebbe scalzata dalla sua orbita, mentre la luce dell’esplosione impiegherebbe a percorrere la stessa distanza circa 8 minuti.
Ma ritornando a concetti più accessibili, va assolutamente citata anche la ricerca di William “Bill” Charles Livingston e Matthew “Matt” J. Penn del National Solar Observatory di Tucson (Arizona) che hanno analizzato in dettaglio tutte le macchie solari apparse dal 1990 al 2005 e hanno notato che l’intensità del campo magnetico a loro associato ha continuato a diminuire in maniera del tutto indipendente dalla ciclicità [18].
Il grafico di Livingstone e Penn
Contemporaneamente le macchie stanno diventando sempre più “calde” e tendono a sparire più rapidamente.
Bisogna ricordare che le macchie sono zone più fredde rispetto la restante superficie del Sole ed è per questo che si vedono come zone più scure all’interno della fotosfera.
Analogamente l’intensità del loro campo magnetico sta diminuendo.
Estrapolando l’andamento indicato dai dati spettroscopici ottenuti hanno previsto una scomparsa delle macchie a partire dal 2015. Ma la loro ricerca è basata su dati statistici e non fornisce spiegazione sulla natura di questo fenomeno.
Vanno ugualmente citati gli astronomi australiani Wilson, Carter e Waite che in un loro lavoro del 2008 hanno avvallato parzialmente le teorie di Landschieldt, sostenendo che la rotazione equatoriale del Sole è sincronizzata con le modifiche della posizione del baricentro del Sistema Solare [19].
In ogni caso l’allineamento in opposizione tra Giove, Saturno e il Sole avrà il suo coronamento a giugno del corrente anno e, qualsiasi spiegazione scientifica si possa dare a questo fenomeno, sarà interessante vedere se quanto previsto da Landschieldt sin dal 2004 si realizzerà.
Staremo a vedere.
L’attuale posizione di Giove, Saturno Urano e Nettuno (da Coelum n.136 – Febberaio 2010)
Bibliografia
[1] Il Sole, le macchie solari, i raggi cosmici e il clima: http://www.salviamoci2012.eu/IlSolelemacchiesolariiraggicosmicieilclima.htm
[2]La tempesta magnetica del 23 ottobre 2003 : http://www.salviamoci2012.eu/Latempestamagneticadel29ottobre2003.htm
[3] Una tempesta solare ci spegnerà: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/
grubrica.aspID_blog=69&ID_articolo=2766&ID_sezione=
138&sezione=Anteprime%20dagli%20Usa
[4] Il Sole per ora dorme come un bambino: http://www.salviamoci2012.eu/Ilsoleperoradormecomeunbambino.htm
[5] Il Sole comincia a sviluppare qualche brufolino, ma sta davvero ripartendo?: http://www.salviamoci2012.eu/
IlSolecominciaasvilupparequalchebrufolinomastadavveroripartendo.htm
[6] D’accordo il sole sembra essere ripartito, ma è veramente cosi?: http://www.salviamoci2012.eu/
Daccordoilsolesembraessereripartitomaveramentecosi.htm
[7] Edward Walter Maunder:
http://en.wikipedia.org/wiki/Edward_Walter_Maunder
[8] Minimo di Maunder:
http://it.wikipedia.org/wiki/Minimo_di_Maunder
[9] Eddy, J.A., “The Maunder Minimum”, Science 18 June 1976: Vol. 192. no. 4245, pp. 1189 – 1202, ( PDF Copy)
[10] Il raffreddamento climatico che sta arrivando: http://www.salviamoci2012.eu/
Ilraffreddamentoclimaticochestaarrivando.htm
[11] John Allen “Jack” Eddy:
http://en.wikipedia.org/wiki/John_A._Eddy
[12] Misura della temperatura delle macchie solari: http://www.fis.unipr.it/~albino/documenti/Sole/Tsunspot.html
[13] Does a Spin–Orbit Coupling Between the Sun and the Jovian Planets Govern the Solar Cycle? : http://www.publish.csiro.au/nid/138/paper/AS06018.htm
[14] The “Message of Cydonia”: http://www.enterprisemission.com/message.htm
[15] Materia oscura: http://it.wikipedia.org/wiki/Materia_oscura
[16] Andrea Simoncelli “Le onde gravitazionali” – Le Stelle n.81, 2010 pp 34-41
[17] Albino Carbognani “Il Minimo di Maunder” – Nuovo Orione n.213, 2010 pp 40-46
[18] Macchie solari addio: http://www.salviamoci2012.eu/Macchiesolariaddio.htm
[19] I. R. G. Wilson, B. D. Carter and I. A. Waite “Does a Spin–Orbit Coupling Between the Sun and the Jovian Planets Govern the Solar Cycle?” – Astronomical Society of Australia 25(2) 85–93, 2008
[20] Vaquero et al., Solar Physics, 207 [2]: 219
by Pablito – 17 febbraio 2010
Fonte: http://www.palazzosomeda.it/Osservatorio/IlSoleeilMinimodiMaunderDaltonedEddy.htm