Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 30 Luglio 2020
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=53177
L’evento temporalesco che ha avuto per teatro Milano e il suo hinterland nella mattina e nel primo pomeriggio di venerdì 24 luglio 2020, è stato determinato dal transito di una perturbazione che si muoveva in un letto di correnti atlantiche scese ad interessare il Nord Italia in un’estate che sta riproponendo con una certa frequenza tale pattern.
Alcune riflessioni storiche
Una riflessione storica sulle esondazioni che periodicamente colpiscono Milano, non può prescindere dal fatto che nell’area urbana della città convergono svariati corsi d’acqua (figura 1) e questo è storicamente uno dei motivi per cui Milano fu costruita dov’è. Oltre ai Navigli (Grande, Pavese e Martesana), vi sono l’Olona che converge da Nordovest, il Seveso che giunge da Nord e il Lambro che delimita la città ad est. Altri corsi d’acqua sono nel tempo stati interrati, come nel caso del Nirone, o scorrono tuttora nel sottosuolo, come ad esempo la Vettabbia. Il problema dell’Olona, che provocava alluvioni frequenti come mostrano le belle foto storiche riferite all’esondazione del 1917 (figure 2,3,4), fu risolto con la realizzazione del canale scolmatore di Nordovest e la copertura del fiume. Nel caso del Seveso invece il problema è tuttora aperto e si è progressivamente acuito con crescere dei livelli di cementificazione nel Nord Milano. Per valutare questi ultimi basta riflettere sul fatto che i sei comuni della cintura Nord (Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo, Paderno Dugnano, Bresso, Cormano e Cusano Milanino) hanno oggi raggiunto i 260.776 abitanti mentre nel 1861 ne avevano 22.621, con un aumento dunque di 11,5 volte (tabella 1). Questo fenomeno è stato frutto dell’inurbamento indotto dalla massiccia industrializzazione che vedeva industrie quali la Pirelli, la Breda, la Falk e la Ercole Marelli impiegare decine di migliaia di operai.
L’evento del 24 giugno 2020
In tabella 2 sono riportati i dati quantitativi sul fenomeno riferiti alla rete dell’Arpa Lombardia, cui ho aggiunto i dati del mio pluviometro.
Dai dati emerge che l’evento si è concentrato fra le ore 5 e le ore 9 (4-8 solari) mentre nelle ore seguenti si sono avute temporanee riprese con brevi scrosci che si sono esauriti nel primo pomeriggio. A seguire si è assistito a un rapido rasserenamento.
Dai dati di tabella 2 sono state ottenute le carte delle figure 7 e 8. In particolare in figura 7 si riporta la distribuzione delle pioggia totale cumulata il giorno 24 mentre in figura 8 si riporta la massima intensità oraria.
Dalle due figure emerge che la struttura precipitante è rimasta bloccata sulla parte ovest della città con un sorta di effetto stau rispetto alla parte est che è rimasta in ombra, ricevendo quantitativi assai meno rilevanti. La pioggia totale è risultata poi in nuova ripresa ancora più ad est, come attestano i dati delle stazioni di Rodano e Treviglio. Quanto descritto evidenzia l’idea che la città possa comportarsi come se fosse un rilievo montuoso, il che potrebbe trovare giustificazione nella maggiore scabrezza che caratterizza la città rispetto alle zone rurali e che dà luogo a turbolenza con genesi di onde stazionarie che stimolano la precipitazione sul lato sopravvento. Questa ipotesi trova conforto nei lavori degli anni ’60 di Thor Bergeron, il quale attribuì all’aumento di scabrezza nella transizione mare-terra la genesi dei massimi pluviometrici nelle zone costiere della Svezia.
L’anomalia dei quantitativi registrati nel corso dell’evento.
Lino Cati (1981) accredita di quantitativi limite in 24 ore di 435 mm la pianura lombarda fra Ticino e Lambro (zona C) e di 309 mm la pianura fra Lambro e Mincio (zona E). Si tratta di quantitativi enormi e che trovano tuttavia riscontro in alcuni casi reali come i 285 mm in un solo giorno registrati nella zona E il 27 ottobre 1925 e i 554 mm registrati nella zona C il 14 agosto 1935 (Cati, pag. 63 tab 2.22).
Circa il livello di anomalia dei massimi orari riportati in tabella 2, la figura 9 mostra le curve segnalatrici di probabilità pluviometrica ricavate per Busto Arsizio utilizzando il modulo di calcolo di Arpa Lombardia parametrizzato con i dati tratti da De Michele et al. (2005). In base a tale diagramma i 63,8 mm registrati a Misinto avrebbero un tempo di ritorno di circa 30 anni.
Tali considerazioni confermerebbero l’idea che alla base delle esondazioni che periodicamente colpiscono la parte Nord della città di Milano creando gravi disagi ai cittadini vi sia un problema di gestione del territorio. Alla luce di ciò appare fuori luogo chiamare in causa – come ha ad esempio fatto Canale 5 nel TG delle ore 20 – il “cambiamento climatico”, classico refugium peccatorum per gli amministratori di fronte a casi del genere.
Bibliografia
- De Michele C., Rosso R., Rulli M.C., 2005. Il regime delle precipitazioni intense sul territorio della Lombardia, Modello di Previsione Statistica delle Precipitazioni di Forte Intensità e Breve Durata, Arpa Lombardia, 73 pp.
- Cati L., 1981. Idrografi e idrologia dle Po, pubblicazione n. 19 dell’Ufficio Idrografico del Po, Poligrafico dello Stato, 310 pp.