Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 22 Maggio 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=50928

Sul Corriere della Sera di martedì 14 maggio 2019 a pagina 21 trovo l’articolo “Lo scienziato – Le lingue di freddo che portano aria artica – così cambia il clima” a firma di Agostino Gramigna. Nell’articolo si riporta un’intervista al climatologo dell’ENEA Sannino.

Anzitutto lascerei da parte l’idea secondo cui il cambiamento climatico odierno sarebbe associato a maggiori trasporti latitudinali di aria fredda verso sud e calda verso Nord, una teoria affascinante ma che richiederebbe forse qualche dimostrazione in più, se non altro in onore del fatto che Charney e De Vore, in un loro lavoro del 1979, evidenziavano l’alternarsi di due modi fondamentali della circolazione generale e cioè un modo zonale e uno latitudinale.

Quel che mi ha incuriosito è invece la seguente affermazione del climatologo Sannino: “La vera anomalia in questo momento è a Est, in Siberia con 30°C”.

Mi sono così domandato quanto sia davvero anomala la situazione evidenziata da Sannino in questo maggio 2019 e per verificarlo ho scaricato dal dataset di GSOD i dati dal 2 settembre 1949 al 15 maggio 2019 per la stazione di Pinega, a 43°Est nella regione di Arkhangelsk, sul Mar Bianco e  i dati dal 1 maggio 1955 al 15 maggio 2019 per la stazione di Chokurdah nella Repubblica Autonoma della Sacha-Jacuzia, a 147°Est.

Si noti che Pinega non è geograficamente in Siberia essendo localizzata ad ovest degli Urali: tuttavia la sua serie storica è interessante per noi perché il sito ha subito a lungo l’influenza del grande anticiclone dinamico di blocco che ha dominato la Scandinavia a partire dal mese di aprile determinando temperature al di sopra delle norma.

I risultati della mia analisi sono riportati in tabella 1, in cui ho elencato in ordine decrescente i 20 valori di temperatura più elevati registrati a maggio per le due serie storiche.

In particolare per Pinega si noti che il valore più elevato in assoluto è stato raggiunto il 15 maggio 2010 con 30.1°C, seguito dal 2 maggio 1957 con 30°C. Al terzo posto troviamo poi l’11 maggio 2019 con 28.9°C, a pari merito con il 10 maggio 2010. Pertanto il valore di temperatura del 2019 per quanto elevato non è affatto privo di precedenti, anche in epoche non sospette di AGW. Per la stazione di Chokurdah non vi è invece alcuna traccia del 2019 nei 20 valori di temperatura più elevati registrati a maggio.

Questi sono i dati che una semplice e sbrigativa analisi di serie storiche pone in evidenza e che ci mostrano che l’anomalia termica registrata nelle due stazioni analizzate è tutt’altro che senza precedenti. Ovviamente la mia analisi è limitata a due stazioni per cui se qualcuno avesse dati che portano a conclusioni diverse dalle mie è vivamente pregato di esibirli in modo che possa rivedere il mio giudizio.

Tabella – I 20 valori più elevati di temperatura di maggio per Pinega e Chokurdah

Alcune riflessioni più generali

Credo che un buon punto di partenza per intendere cosa sia la “nuova climatologia ai tempi dell’AGW” stia in quanto scrisse un climatologo dell’ENEA ben più famoso di Sannino e cioè Vincenzo Ferrara, il quale nel 1982 produsse un articolo “visionario” dal titolo “SE IO FOSSI UN CLIMATOLOGO” pubblicato sulla Rivista di meteorologia aeronautica e che riporto per intero in coda a questo post.

Da quando tanti anni fa lessi lo scritto di Ferrara dissi fra me e me che non avrei a nessun costo seguito la via che Ferrara stesso, nella sua grande preveggenza, additava a tutti noi, ammonendoci a non fare come quel medico che per un fatto deontologico evita di prescrivere al paziente quella carriolata di medicine che quest’ultimo si attende e che per tale ragione viene additato come un “medico da poco”. L’esperienza di tutti questi anni, maturata con l’aiuto di vari amici con cui mi sono sentito in sintonia, mi ha permesso di sviluppare una serie di riflessioni che voglio qui di seguito riportare in estrema sintesi.

  1. Prima di lanciare allarmi su fenomeni estremi e senza precedenti occorrerebbe preoccuparsi sempre di verificare su un congruo numero di serie storiche qual è il tempo di ritorno dei fenomeni osservati. Buona norma sarebbe anche verificare i siti d‘installazione e le caratteristiche delle stazioni utilizzate per sviluppare climatologie degli eventi estremi (così facendo non è raro scoprire cose curiose e che poco o nulla hanno a che vedere con la climatologia come siti non conformi alle norme internazionali e apparecchiature in cattivo stato…).
  2. Nei trend climatici analizzati sarebbe buona norma cercare sempre di discernere il peso della variabilità naturale, legata ad esempio alle ciclicità atmosferiche (NAO, ecc.) o oceaniche (AMO, ecc.)
  3. Nei fenomeni meteorologici estremi sarebbe buona norma cercare nella misura del possibile di mettere in luce i fattori causali. Ad esempio un fenomeno a mesoscala come il foehn può dar luogo ad aumenti intensi e repentini delle temperature che con l’AGW c’entrano come i cavoli a merenda
  4. Sarebbe buona norma evitare di vedere il clima solo come il prodotto della CO2 e dell’effetto serra. Senza la circolazione atmosferica, che riequilibra gli scompensi termici indotti dall’ineguale distribuzione della radiazione solare sulla superficie terrestre, non c’è il clima. Pertanto è da un lato necessario dedicarsi con passione agli aspetti circolatori (climatologia dinamica) e dall’altro è necessario diffidare sempre di “climatologi” che ignorano la circolazione alle diverse scale e parlano solo di effetto serra
  5. Occorrerebbe evitare di comportarsi come il climatologo descritto da Ferrara e cioè di dire quel che il “cliente” si aspetta da te. E si badi che ciò vale sia per clienti “catastrofisti” (gran parte del mondo giornalistico odierno), sia per clienti “minimizzatori” (oggi una minoranza, domani chissà..). Ad esempio 1°C di aumento delle temperature globali può sembrar poco per alcuni e tanto per altri ma quel che conta in realtà è la distribuzione degli aumenti sulla superficie del pianeta (es: le terre emerse si scaldano più degli oceani) e la risposta dei sistemi fisici e biologici.
  6. Quanto disse nostro Signore a san Tommaso “non essere scettico ma credente” e “beati coloro che crederanno senza vedere” è un ottimo viatico per le questioni di fede ma non per quelle di scienza e la climatologia non è e non dovrebbe mai essere una fede.
  7. Chi fa scienza dovrebbe adottare una visione umile rispetto ai problemi. Al riguardo mi viene da citare la frase pronunciata da quel prototipo di scienziato moderno che è Zenone, protagonista dell’Opera al Nero di Marguerite Yourcenar: “So che non so quel che non so; invidio coloro che sapranno di più, ma so che anch’essi, come me, avranno da misurare, pesare, dedurre e diffidare delle deduzioni ottenute, stabilire nell’errore qual è la parte del vero e tener conto nel vero dell’eterna presenza di falso.”
  8. Chi fa scienza dovrebbe evitare di deformare le opinioni dell’avversario per confutarle più agevolmente. Al riguardo lo stesso Zenone dice “Non ho mai deformato le opinioni dell’avversario per confutarle più facilmente … o piuttosto si, mi sono sorpreso a farlo, e ogni volta mi sono rimproverato come si sgrida un domestico disonesto, e ho ritrovato la fiducia solo dopo essermi ripromesso di far meglio.
  9. Sarebbe bello che dai tanti (spesso pensionati) che si dicono appassionati di climatologia potessero nascere gruppi che, aborrendo le ideologie preconcette, si riferissero galileianamente ai dati, svolgendo analisi sulle serie storiche che chi come il sottoscritto è impelagato in una selva di impegni lavorativi estranei alla climatologia fa sempre più fatica a svolgere
  10. “Lo scritto climatologico del Corriere del 14 maggio è, di fatto, vuoto di reali informazioni scientifiche” mi ha scritto l’amico Sergio Pinna, e ha perfettamente ragione. Io gli ho però risposto che lascio a Sannino il beneficio d’inventario del fatto che i giornalisti scrivono solo ciò che conforta le loro tesi preconcette (in gergo si chiama cherry picking) e se protesti non ti danno più la parola… Un lunga esperienza personale mi conduce purtroppo a questa conclusione.

Bibliografia

  • Charney, J.G. and J.G. DeVore, (1979), Multiple flow equilibria in the atmosphere and blocking, J. Atmos. Sci.,. 36:1205-1216
  • Ferrara V., 1982. Se io fossi un climatologo, Rivista di meteorologia aeronautica.

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SE IO FOSSI UN CLIMATOLOGO

Di Vincenzo Ferrara

Rivista di Meteorologia Aeronautica, 1982

Se io fossi un climatologo a contatto con il pubblico, mi comporterei esattamente come il medico di fronte ad un malato più o meno immaginario. Questi malati, infatti, sanno tutto di medicina dai più remoti sintomi alle più catastrofiche prognosi perché seguono freneticamente tutte le rubriche televisive del tipo: “Curatevi da soli con lo zabaione”, comprano puntualmente tutte le grandi enciclopedie illustrate a fascicoli settimanali della serie: “Tutta la salute minuto per minuto”, leggono insaziabilmente libri e riviste di medicina della collana: “Tutto quello che dovete sapere dalla cefalea al cancro fulminante” e, infine, tanto per sgranchirsi il cervello, imparano a memoria il nome di qualche migliaio di medicine al giorno dal prontuario in 78 volumi delle “Specialità medicinali nazionali ed internazionali”.

Un tipo di questo genere, quando sta male e va dal medico, già sa la diagnosi e prevede le possibili cure, compreso il nome di qualche centinaio di medicine adatte al caso. Ebbene, se il medico con il solito linguaggio incomprensibile gli sciorina, traducendo in termini terra-terra, la stessa diagnosi che lui aveva formulato, proponendogli una parte delle medicine che lui stesso aveva pensato, quel medico diventa subito il più grande scienziato di tutti i tempi, un nobel della medicina. Ma se, viceversa, il medico dice qualcosa di diverso da quello che lui pensava, quel medico diventa subito antipatico, incapace e presuntuoso, le sue cure risultano inefficaci, anzi nocive, finché alla fine quel medico viene senza mezzi termini classificato come uno che ha preso la laurea in medicina solo per far soldi perché in realtà non capisce un beneamato tubo di medicina.

Ebbene, per il climatologo succede la stessa cosa. La gente ormai sa tutto sul clima e sul tempo (clima e tempo sono spesso sinonimi), perché ha già letto qualche decina di manuali sul tempo (atmosferico) del passato, presente e futuro, a partire dal big bang iniziale e fino alla fine dell’espansione dell’universo (se ci sarà una fine); conosce a memoria l’enciclopedia a fumetti del “fatti da solo il tempo che vuoi”, anzi si è già costruito in casa un bel temporale in miniatura con relativi fulmini e trombe d’aria, e poi, cosa più importante di tutte, ha divorato avidamente migliaia di pagine scientifiche  dai quotidiani e periodici vari ove si parla addirittura dell’utilità della meteorologia nelle danze della pioggia in Patagonia. Pertanto appena il tempo fa le bizze e le temperature appena un po’ più fredde del normale, coloro che tutto sanno si agitano furiosamente come morsi dalla tarantola, chiedono notizie e informazioni, telefonano al Servizio Meteorologico e perfino alla Protezione Civile, i giornali e la televisione ne parlano, le interviste si sprecano e la ricerca del “freddo che più freddo non si può” dilaga.

In queste condizioni anche i più ignoranti e trogloditi sanno farsi una diagnosi e una prognosi sul clima e sulla lampante variazione climatica, e, come nel caso del malato di cui sopra, si interpella l’esperto climatologo con la frase di rito: ‘Il clima sta cambiando?’. Orbene, se voi siete climatologo e contemporaneamente desiderate sopravvivere come un climatologo, accrescendo magari la vostra fama, non avete che da comportarvi come il medico, fornendo proprio la diagnosi e la prognosi che la gente si aspetta. Guai a rispondere: “Ma no, è tutto normale”, oppure: “Sono tutte balle montate dai giornali e dalla televisione” o peggio ancora: “Ogni volta che il tempo cambia ci state a rompere le scatole con queste variazioni climatiche”, perché la gente vi guarda prima sbigottita, poi con antipatia e infine conclude all’unanimità che voi meritate il confino in Siberia perché non capite un accidente né di tempo, né di clima. Sarebbe la fine della vostra carriera e vi converrebbe mettervi in pensione prima che vi buttino fuori a calci nel sedere. 

L’unica risposta sensata alla domanda: “Il clima sta cambiando?” è: “Ma certo che sta cambiando! E’ ormai una cosa nota, scientificamente accertata e fuori discussione”. A questo punto prevedete per il futuro e per il prossimo secolo un clima esattamente uguale al tempo atmosferico presente, esaltando magari il fenomeno fino alle estreme conseguenze. Così, se fa freddo prevedete “glaciazioni”, se fa caldo prevedete una “era torrida”, e se vi sono condizioni di forte variabilità prevedete “estremi climatici” a breve termine e clima più o meno immutato a lungo termine (secolare).

Ma, direte voi, come fa un climatologo serio a fornire previsioni climatiche, attualmente impossibili, e per giunta previsioni, o meglio predizioni, così opposte senza sentirsi un buffone? Non temete c’è la scienza che vi sorregge, perché la scienza in questo campo ha pensato a tutto e fornisce la soluzione per ogni caso, anche per quelli più disperati. Perciò, se fa freddo, il discorso scientifico da fare è il seguente: “Il clima sta cambiando e ci avviamo verso una nuova glaciazione. Questo fatto è già stato accertato perché a partire dal 1940, la temperatura media dell’emisfero nord è diminuita di circa 0,4°C, a causa probabilmente della minor trasparenza dell’atmosfera intorbidita dal sempre maggior inquinamento dell’aria. Il raffreddamento dell’aria provoca una maggiore estensione dei ghiacciai e dei mantelli nevosi, i quali essendo altamente riflettenti (albedo elevata) per la radiazione solare provocano a loro volta un successivo raffreddamento e quindi nuovi e più vasti ghiacciai, e così via in una spirale che porterà ad una nuova glaciazione nel giro di un secolo e forse meno”.

Già, ma se fa caldo come si fa a giustificare una previsione di era torrida con questi dati di fatto sul raffreddamento? State calmi. Basta affrontare il problema da un altro punto di vista altrettanto scientifico. In questo caso il discorso è: “Il clima sta cambiando e ci avviamo verso un’era torrida. Tutto ciò è stato già scientificamente accertato perché a partire dal 1850 il contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera è andato progressivamente aumentando e solo in questi ultimi venti anni si è passati da 315 a 334 parti per milione. Ciò significa che nel 2020 l’accumulo di anidride carbonica sarà più che raddoppiato se si tiene anche conto dei sempre crescenti consumi di energia e di utilizzo dei combustibili fossili. L’aumento di anidride carbonica riduce le perdite di radiazione ad onda lunga dalla terra verso lo spazio (effetto serra) e nel giro di meno di mezzo secolo la temperatura media dell’aria aumenterà di circa 2 o 3°C; ci sarà scioglimento dei ghiacci polari ed un aumento medio del livello del mare che sommergerà parecchie località costiere”.

Tutto ciò sarà bello e scientifico, ma se a voi climatologi non va di essere così drastici oppure se le oscillazioni del tempo non sono tali da far presupporre che l’opinione pubblica preveda ere torride o glaciazioni, come comportarsi? Anche in questo caso la soluzione è semplice. Basta impostare il discorso in quest’altro modo: “Il clima sta cambiando, ma con rapide fluttuazioni e su periodi brevi. 

E’ vero che la temperatura è diminuita dal 1940 ad oggi, ma è anche vero che dal 1880 al 1940 è aumentata in media di 0,6°C. E’ vero che l’anidride carbonica aumenta, ma è anche vero che buona parte della radiazione solare ad onda lunga viene assorbita dagli oceani riducendo l’effetto serra e la rimanente parte viene perduta verso lo spazio a causa di contemporanee variazioni dell’ozono stratosferico. Insomma, episodi a breve termine di insolito clima sono soltanto fluttuazioni di un sistema che già di per se stesso è fortemente variabile. Se si considera il clima su periodi secolari o plurisecolari, si nota che è rimasto del tutto invariato e non vi sono attualmente indizi tali da giustificare una variazione climatica a lungo termine e quindi nel prossimo secolo”. E con ciò è sistemata anche questa previsione. In definitiva queste ricette sono uguali a quelle del medico di cui sopra: curano tutti i malati autodidatti del tempo e li rendono felici, accrescendo contemporaneamente la vostra bravura di scienziato, perché se vi chiedono: “Il clima sta cambiando?” in fondo già credono che il clima è cambiato e aspettano solo la conferma dell’esperto per sentirsi in pace, appagati dal proprio infallibile genio e della propria ineccepibile diagnosi, anche se frutto dei dotti consigli propinati al pubblico mediante ‘fascicoli settimanali’, con omaggio di un altro fascicolo e della copertina del dizionario del “So tutto io”