Autore: Massimo Lupicino
Data di pubblicazione: 03 Marzo 2020
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=52481

L’abbazia era ampiamente fornita di viveri, e con tante precauzioni i cortigiani potevano permettersi di sfidare il contagio. Che il mondo esterno pensasse a se stesso: nel frattempo era follia addolorarsi o pensare. Il principe si era preoccupato di provvedere a tutti i mezzi di divertimento: vi erano buffoni, “improvvisatori”, ballerini, musicanti, vi era la Bellezza, vi era il vino. Tutte queste cose e la sicurezza regnavano là dentro: fuori infuriava la “morte rossa” *

————-

Ed eccoci qua, in piena emergenza “coronavirus”. Una emergenza che viene da lontano: da terre che nella storia dell’umanità hanno regalato morbi variamente mortiferi all’angolo di Mondo in cui viviamo. Certo ora è tutto più veloce, e la globalizzazione tra le tante cose ci regala anche pestilenze che viaggiano in aereo, magari in prima classe. Pestilenze che sono già tra noi quando i media ancora le descrivono come esotiche e lontanissime dalle nostre case.

Love you China

In principio di epidemia, quando la cosa pareva limitata alla Cina o a qualche nave da crociera alla fonda sul Pacifico, i giornaloni avevano immediatamente centrato il tema vero, di questa emergenza sanitaria in divenire, ovvero il razzismo: “abbraccia un cinese”, “mangia al ristorante cinese”, “flash mob di solidarietà con cinesi” erano le iniziative che riempivano le pagine dei nostri quotidiani. Come se affermare che la Cina avesse un problema con un virus mortale fosse una colpa da espiare in Italia con iniziative contro-tendenza.

Per esempio, La Stampa di Torino il 22 Febbraio titolava spavalda: “Coronavirus, il ristorante cinese batte paura e intimidazioni con l’amore dei clienti: la cena diventa una festa”. L’ideona di ritrovarsi a festeggiare in un ristorante cinese deve essere venuta dal successone della mega-cena organizzata a Wuhan a gennaio dall’amministrazione comunale, una cena in cui 40,000 famiglie si sono ritrovate in allegria per condividere la gioia di contagiarsi inconsapevolmente mangiando ravioli e involtini primavera.

Love you Virus

Mentre in Cina si moriva, la gente si ritrovava murata viva nei condomini, rifiutata dagli ospedali o trascinata di peso in non meglio specificati “centri di raccolta” che Manzoni più prosaicamente chiamava “lazzaretti”, in Inghilterra gli eco-talebani dell’Independent annunciavano con malcelata soddisfazione il fondamentale risvolto positivo dell’epidemia, ovvero la diminuzione delle emissioni di CO2. Con un articolo grottesco in cui si sottolinea, tra le altre cose, che l’acciaio usato per le costruzioni non si può purtroppo riciclare (!) e si riflette sul fatto che il risparmio di CO2 regalato dal pur generoso coronavirus purtroppo non durerà a lungo perché l’epidemia prima o poi finirà, e bisognerebbe piuttosto rendere questa diminuzione “strutturale”.  Magari con un virus che faccia fuori 6 o 7 miliardi di esseri umani?… Quello sì che sarebbe “strutturale”.

Intanto in Italia…

Tornando al nostro Belpaese, di fronte alla crescente evidenza dell’italico contagio, a Milano si consumava una tragedia immensa : la cancellazione delle celebrazioni del Carnevale Ambrosiano. Una vera disdetta, perché le celebrazioni in questione sarebbero state dedicate al pericolo mortale per eccellenza: il Global Warming. Grandi e piccini, oratori compresi, erano infatti pronti a sfilare contro il “clima impazzito”. Poco male: i sopravvissuti al coronavirus potranno sempre sfilare l’anno prossimo, ché i pericoli veri non si annunciano, mentre quelli farlocchi cari alle èlite sono sempre lì, esibiti sullo scaffale per essere utilizzati secondo necessità dagli utili idioti di turno.

Sui telegiornaloni, nel frattempo, il Rescue Team non rinunciava a passare la solita immondizia climatista: foche accaldate, ghiacci che inopinatamente si sciolgono durante l’estate antartica, e… l’emergenza siccità, ennesima clima-patacca gia’ affrontata su questo Blog.

Questione di percezioni

In piena psicosi coronavirus, ci pensa la Stampa a mettere ordine a modo suo, con un pregevole articolo comparso sull’imperdibile inserto Tuttogreen: “Il coronavirus terrorizza, il clima no: come nasce la percezione del rischio”. Dopo aver pagato il solito tributo al “pericolo-razzismo”, sofisticate considerazioni sociologiche introducono la rivelazione sconvolgente: “mettersi in gioco per fermare il virus prevede un sacrificio a breve termine (limitare i viaggi, indossare le mascherine), provare a contrastare il cambiamento climatico invece significa rivedere gli stili di vita per sempre”.

Come a dire: le persone si preoccupano delle loro inutilissime vite, per via di un virus potenzialmente letale. Ma incredibilmente si rifiutano di spendere 35,000 euro per una Peugeot 208 elettrica, e pretendono persino di raffrescarsi d’estate con un impianto di condizionamento. Roba da matti.

Rescue Team

L’unica certezza, tra tanti dubbi, è che il Rescue Team interviene sempre a tutela delle cause più care a quella stessa èlite globalista che, del tutto casualmente, è proprietaria diretta o indiretta della maggior parte delle grandi testate giornalistiche e televisive mondiali.

E quando, come in questo caso, un elemento di grave disturbo minaccia la costruzione utopistica di un mondo perfetto solo se perfettamente uniformato e privato di confini nazionali, i media corrono subito a riproporre le specialità ideologiche della casa: “razzismo” e “crisi climatica”. Ed è ovviamente solo per puro caso, che le èlite globaliste i veri soldi li facciano con la libera circolazione della manodopera a basso costo, e con la riconversione forzosa del modello energetico esistente, ovvero servendosi proprio delle due “specialità ideologiche” in questione.

E cosa vuoi che sia, un virus tra i tanti, al cospetto di interessi del genere.

I nuovi Prospero

Va da sè che proprio mentre i ‘loro’ giornali accusano il cittadino medio di essere un pavido egoista perché va in farmacia a comprare la mascherina piuttosto che dal concessionario a comprare la Tesla, pare che tanti esponenti di quella stessa èlite siano scappati in gran numero dalla Cina per mettere al sicuro le proprie preziosissime terga. A bordo di inquinantissimi jet privati, tra l’altro. Profughi virali, nella neo-lingua dell’ONU di questi tempi.

Ché alla fine il mondo è quello di sempre, e i potenti di oggi diversi non sono da quel Principe Prospero che nella “Mascherata della Morte Rossa” di Edgar Allan Poe, corre a rinchiudersi in un castello con gli amici per gozzovigliare alla faccia degli appestati rimasti fuori. Trastullato da belle donne, adulatori, musicanti, ballerini e pagliacci.

Ai Prospero di oggi, onori, ricchezze, e.. giornali. Ai comuni mortali, precarietà, malessere e la paura di un virus sconosciuto. A media unificati, la quotidiana pagliacciata della morte per Global Warming.

 

* Edgar Allan Poe. La Mascherata della Morte Rossa – I Racconti. Milano: Garzanti, 1978.