L’AMO si avvia verso una fase negativa – Possibili conseguenze per il clima globale ed europeo

Posted on 15 settembre 2015
Articolo di Articolo Originale: http://www.climatemonitor.it/?p=38906

Guido Guidi, in un suo precedente post su CM, ha segnalato la breve nota uscita su Nature Geoscience a firma di Klotzback, Gray e Fogarty (2015) che ipotizzava per i prossimi anni la scomparsa dei grandi uragani dall’Atlantico settentrionale. Fra le cause principali del fenomeno, gli autori segnalano la diminuzione della temperatura di superficie dell’ Atlantico settentrionale, un fenomeno questo che i climatologi e gli oceanografi seguono attraverso  l’indice AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation), per il quale è attesa nei prossimi anni la transizione dall’attuale fase positiva a una negativa. A tale fenomeno e alle sue conseguenze ipotizzabili per il clima europeo e globale è dedicata questa nota.

Clouds_over_the_Atlantic_Ocean

Le grandi ciclicità climatiche planetarie e l’AMO

Comprendere il clima del pianeta e la sua variabilità impone di confrontarsi con fenomeni ciclici (oscillazioni). Fra questi ricordiamo in ordine di periodo le ciclicità glaciali, l’AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation), la PDO (Pacific Decadal Oscillation), la NAO (North Atlantic Oscillation), l’ENSO (El Nino Southern Oscillation) , la QBO (Quasi Biennial Oscillation), la MJO (Madden Julian Oscillation), ecc.

Si tratta di fenomeni che sono stati scoperti analizzando le serie storiche delle diverse variabili climatiche (pressione al suolo o in quota, temperature dell’aria e degli oceani, ecc.) e il cui studio in alcuni casi ha imposto di portarsi indietro nel tempi di milioni di anni con l’ausilio di proxy data, come nel caso delle glaciazioni.

La storia della scoperta delle ciclicità climatiche è lunga e ci rimanda al XIX secolo per quanto attiene alle ciclicità glaciali (la teoria delle ere glaciali fu pubblicata da Agassiz nel 1840) o agli inizi del XX per quanto riguarda le prime ciclicità a breve periodo, messe in luce da Walker (1924) tramite l’analisi delle serie storiche di pressione al suolo.

Fra gli indici legati alle temperature oceaniche ricordo in particolare l’oscillazione pacifica  PDO e quella atlantica, l’AMO.

L’AMO in particolare descrive il fatto che se osserviamo la superficie marina del Nord Atlantico notiamo l’alternarsi di fasi fredde e fasi calde, con un periodo di circa 60 anni, come ci mostra il diagramma della figura 1, tratto dalla sezione dedicata alle temperature marine del bel sito del geografo Ole Humlum. Il digramma di figura 1 è riferito solo al periodo dal 1856, che è coperto da misure strumentali. Tuttavia gli studi paleoclimatici hanno consentito di evidenziare che AMO è probabilmente una delle ciclicità atlantiche tipiche dei periodi interglaciali, come dimostra l’analisi su proxy paleoclimatici svolta da Kilbourne et al. (2014), i quali utilizzando l’ossigeno 18 presente nei gusci di foraminiferi marini in 4 siti dei Caraibi hanno dimostrato che nelle temperature della superficie marina del periodo 1470-1990 è ben visibile la ciclicità a 60 anni imposta dall’AMO. Inoltre Knudsen et al (2011) hanno esteso l’indagine all’intero Olocene utilizzando sette diversi proxies del Nord Atlantico, tra cui cinque carote glaciali Groenlandesi, e canadesi, un record lacustre dello Yucatan, in Messico, e un record marino del Cariaco Basin, a nord del Venezuela, Il risultato ottenuto è che la ciclicità a 60 anni propria di AMO si evidenzia per almeno gli ultimi 8000 anni.

Ricordo anche che AMO, così come PDO e ENSO, è considerato come effetto dell’unforced natural  variability (Curry, 2013), e questo viene di solito invocato per giustificare il fatto che i modelli climatici globali GCM non sono in grado di prevedere tali fenomeni, che sono dei modulatori potenti rispetto alla variabilità forzata (il trend lineare crescente delle temperature globali che i modelli GCM descrivono come effetto dei gas serra di origine antropica). Alla unforced natural  variability si deve ad esempio il sensibile riscaldamento artico degli anni 20-30.

AMO-Index
Figura 1 – L’indice AMO dal 1856 al 2014, periodo nel quale si evidenziano tre cicli di cui solo quello dal 1920 al 1970 è completo. La linea sottile indica I valori medi trimestrali mentre quella spessa è la media mobile a 11 anni. (Fonte: NOAA – Earth System Research Laboratory (http://www.esrl.noaa.gov/psd/data/timeseries/AMO/)


AMO E TEMPERATURE GLOBALI 

L’Atlantico settentrionale ha un ruolo cruciale per il clima del pianeta. In particolare a seguito degli studi pionieristici di Cesare Emiliani dell’Università di Miami, che per primo utilizzò per scopi paleoclimatici il contenuto di ossigeno 18 di radiolari e foraminiferi dei sedimenti oceanici, moltissimi lavori scientifici hanno evidenziato che l’interruzione della circolazione oceanica che trasferisce calore dall’Atlantico Meridionale all’area islandese (Atlantic Meridional Overturning Circulation o AMOC, una cui componente è la Corrente del Golfo ) (Kilbourne et al. 2014) è associata all’innesco delle glaciazioni così come la ripresa dell’attività dell’AMOC stessa è considerata come un precursore della fine delle fasi glaciali.

L’AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation) appare legato alle temperature globali in quanto l’aumento delle temperature globali negli ultimi 100 anni, visto attraverso i dati  di dataset globali del tipo di Hadcrut di East Anglia University (figura 2) nasconde in realtà due componenti e cioè:

  • una componente di trend lineare (+0.75°C sul periodo 1908-2007)
  • una componente ciclica con periodo di circa 60 anni e che si lega alla ciclicità dell’AMO e che nei periodi negativi è in grado di mascherare il trend lineare mentre in quelli positivi lo esalta.

Più in particolare si osservi che le fasi di aumento delle temperature globali del XX secolo (1920-1940 e 1977-1998) coincidono con fasi di transizione di AMO da negativo a positivo mentre le fasi di stabilità o lieve decremento coincidono con AMO positivo o in transizione da positivo a negativo.

Estrapolando il suddetto comportamento al XXI secolo possiamo pertanto compiere il “peccato d’orgoglio” di sostituirci ai GCM prevedendo:

  • un ulteriore aumento di 0,75 ° C nel 2100 rispetto al 2000
  • ciclicità sessantennali indotte da AMO con un nuovo minimo relativo nel 2030 e un nuovo massimo relativo nel 2060.

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Global-temps-detrended
Figura 2 – Le temperature globali del XX secolo secondo Hadcrut3 di East Anglia University (primo diagramma). Si nota un trend lineare con un incremento di circa 0.75°C in un secolo. Alla serie riportata nel secondo diagramma è stata invece sottratta la componente di trend per cui quel che rimane è la componente ciclica legata ad AMO (fonte: climate4you.com).

 

CONSEGUENZE CLIMATICHE DI AMO POSITIVI E NEGATIVI

Ole Humlum ci ricorda che L’indice AMO risulta correlato alla temperatura dell’aria e delle precipitazioni su gran parte dell’emisfero settentrionale. La correlazione appare più alta per il Nord Est del Brasile, Sahel e Nord America. Più in dettaglio AMO è correlato a gravi siccità nel midwest e nel sudovest degli Stati Uniti, per cui con AMO positivo tali siccità tendono ad essere più frequenti e prolungate rispetto a quelle che si verificano con AMO negativo. Ad esempio due delle più gravi siccità del 20° secolo negli Stati Uniti (la Dust Bowl degli anni 30 e quella degli anni ’50) si sono verificate in coincidenza con valori di picco positivi di AMO. Al contrario in Florida e negli stati pacifici del Nordovest tende ad accadere il contrario e cioè ad AMO elevati corrispondono buoni livelli di piovosità.

Per quanto attiene al clima europeo le cartografie presentate da Alexander et al. (2014) evidenziano  le seguenti anomalie associate a AMO negativi:

  1. Ventosità più accentuata
  2. Precipitazioni che manifestano anomalie positive sul Centro Europa e negative sul centro del Mediterraneo
  3. Più lunga persistenza degli anticicloni subtropicali su vicino Atlantico in quanto su mare freddo gli anticicloni si rafforzano.

Il punto 3 mi pare particolarmente interessante poiché potrebbe significare una maggior frequenza di situazioni di blocco con conseguenti anomalie termiche negative legate a irruzioni artiche.

Ad AMO negativi inoltre corrispondono:

  1. Aumento dell’estensione delle superfici glaciali marine in Artide
  2. Sensibile diminuzione delle frequenza dei grandi uragani antartici, che è poi l’aspetto trattato da Klotzback et al su Nature Geoscience (2015).

Difficile è invece stabilire correlazioni fra AMO e l’indice NAO che, come sappiamo, è un indicatore del comportamento delle grandi correnti occidentali, il grande fiume d’aria che scorre alle medie latitudini del pianeta regolandone il clima.

Questo è quanto emerge dalla bibliografia che ho consultato e che trovate riportata in calce a questo scritto. Invito tuttavia i lettori a non prendere come oro colato tali indicazioni in quanto indici come AMO, NAO, ecc. sono indici a macroscala e tuttavia fra macroscala e tempo atmosferico sulle nostre teste vi è tutta una gamma di fenomeni propri delle meso e microscala, di cui tali indici non possono in alcun modo render conto.

Ocean-Heat-Content
Figura 3 – Anomalia del contenuto termico medio mensile (GJ/m2) nei primi 700 m di profondità nel Nord Atlantico fra 60° e 0°W / 30 e 65° Nord (periodo dal gennaio 1955). La linea sottile indica I valori mensili mentre quella spessa indica la media mobile a 37 mesi (fonte: . Data source: National Oceanographic Data Center (NODC – http://www.nodc.noaa.gov/cgi-bin/OC5/3M_HEAT/heatdata.pl?time_type=3month700).

 

North-Atalntic-Current
Figura 4: Temperatura media fino a giugno 2015 per il transetto a 59 °N fra 30°-0°W e fra 0 e 800 m di profondità da dati Argo (http://www.argo.ucsd.edu/).
Sea-Ice
Figura 5 – Anomalia nell’estensione delle superfici glaciali marine in Artide. In verde ho inserito un’interpolante lineare stimata in modo soggettivo.

 

QUANDO AMO ENTRERÀ NELLA SUA FASE NEGATIVA?

A partire dal 2007, alcuni descrittori del clima stanno scostandosi rispetto al trend all’aumento cui avevamo assistito in precedenza. Ciò vale ad esempio per:

  • contenuto energetico dell’Atlantico nei primi 700 m di profondità, in calo dal 2007 (figura 3)
  • temperatura media dell’Atlantico nei primi 800 m di profondità, in calo dal 2007  (figura 4)
  • estensione dei ghiacci marini in Artide, che dopo il calo osservato dal 1998 si è stabilizzata al dal 2007 (figura 5).

Inoltre Klotzbach e Gray (2008) hanno definito uno schema di calcolo dell’AMO in base al quale sono stati prodotti i diagrammi in figura 6 e figura 7. Si noti la tendenza dell’indice a postarsi  in campo negativo, il che è particolarmente evidente per l’indice mensile relativo a maggio (figura 7).

In un suo recente post, Judith Curry (2015) sostiene che è più probabile che il passaggio alla fase negativa di AMO non avvenga prima del 2020, non sentendosi tuttavia di poter escludere un passaggio più precoce come ipotizzato da Klotzbach et al.

In ogni caso alla luce dei trend passasti è del tutto naturale ipotizzare che tale passaggio possa ragionevolmente aver luogo nei prossimi 5-10 anni e che dunque ci troveremo fra non molto a fare i conti con la fase negativa di AMO, come già li abbiamo dovuti fare in passato.

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Figura 6 – Media mobile mensile dell’indice AMO calcolato secondo lo schema proposto da Klotzbach e Gray (2008) (Watts, 2015). Tale diagramma è anche riportato in Klotzbach et al (2015).

 

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Figura 7 – L’indice AMO del mese di maggio per il periodo 1950-2015) calcolato secondo lo schema proposto da Klotzbach e Gray (2008) (https://twitter.com/philklotzbach/status/606417901000749056). Quello del 2015 è il valore più basso di tutta la serie.

BIBLIOGRAFIA