Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 03 Aprile 2020
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=52659

I ricercatori dell’Agenzia Ambientale (EA, Environment Agency for England and Wales, Bristol) hanno creato le serie storiche di piovosità media riferita a 15 bacini fluviali di Inghilterra e Galles di cui alla figura 1, a margine di un’attività modellistica volta a stimare deflussi fluviali in m3/s. Le serie sono relative al periodo 1850-2002 anche se non tutte arrivano a coprirlo completamente e sono state scaricate dal sito CRU (Climate Research Unit) nel quale sono anche riportati i dati ricostruiti del deflusso dei fiumi, che qui non ho considerato.

 

Fig.1: carta dei bacini fluviali utilizzati nel rapporto EA, con indicata la posizione delle stazioni di misura del flusso usate per il confronto tra il modello di flusso e le osservazioni.

Fig.2: La carta, di fonte NOAA, rappresenta la climatologia media della pressione al suolo sull’Europa per il periodo 1981-2010. In giallo è evidenziata l’area in cui le isobare sono più ravvicinate e dunque le correnti occidentali (westerlies) sono più intense.

Per prima cosa è bene definire cosa intendo con “evento estremo”: di ogni serie pluviometrica (del tipo di quella di figura 3) ho calcolato alcuni parametri statistici (disponibili nel sito di supporto qui), tra cui media e deviazione standard (ds). Ho quindi definito come eventi estremi i due livelli di precipitazione: livello≥(media+1ds) e livello≥(media+2ds), estraendo dai file i dati che soddisfano i due criteri. Un esempio di questa estrazione è in figura 4 mentre i relativi file numerici si trovano nel sito di supporto.

Fig.3: Un esempio del dataset di partenza, per il fiume Wye. La riga verde è il fit lineare dei dati. Il valore medio e la deviazione standard sono 87.14 e 47.67 mm, rispettivamente.

Fig.4: Esempio di estrazione dei valori estremi per il fiume Wye. In questo caso i valori limite (media + 1 e 2 σ) sono 134.81 e 182.48 mm, rispettivamente.

Dai dati estremi ho derivato gli istogrammi (il numero di eventi per bin) su intervalli temporali (bin) di 5 e 10 anni. Ho usato gli intervalli di 5 anni per i dati maggiori o uguali a 1 σ e 10 anni per quelli maggiori o uguali a 2 σ.
Un esempio di istogrammi (sempre per il fiume Wye) e del loro fit lineare è in figura 5.

Fig.5: Istogramma di frequenza degli eventi pluviometrici estremi per il bacino del fiume Wye. In alto il numero di eventi con livello ≥1σ e in basso il numero di eventi con livello ≥2σ. I rispettivi fit lineari (linea rossa) non comprendono l’ultimo bin (2000-05 e 1995-05), incompleto, dato che i dati si fermano al 2002.

Dalla tabella che condensa i risultati dei fit degli istogrammi si può estrarre, come una sorta di riassunto, la frequenza delle pendenze positive, negative e nulle, ottenendo:

Tabella 1: Sommario delle pendenze dei fit lineari degli istogrammi.
Isto 5 anniIsto 10 anni
9 pendenze negative6 pendenze negative
6 pendenze positive8 pendenze positive
0 pendenze nulle1 pendenza nulla

I nuovi dati
Visto che le serie su cui avevo lavorato hanno fine nel 2002 e che non ho trovato dati più recenti né sul sito CRU né su quello NRFA, mi sono deciso a scrivere a quest’ultima agenzia che mi ha molto cortesemente fornito le loro serie pluviometriche mensili, relative al periodo 1956-2017 e riferite agli stessi bacini. Mi hanno chiesto anche di non diffondere i dati originali e a tale disposizione mi sono attenuto, per cui non li troverete sul sito di supporto di questo post.

Confronto tra le serie CRU e NRFA

Ho confrontato le due serie, per il fiume Wye, in figura 6 e noto che si sovrappongono piuttosto bene; il grafico delle differenze mostra che i dati NRFA sono sistematicamente superiori a quelli CRU, in media, di 9 millimetri, una quantità molto piccola.

Fig.6: Confronto CRU/NRFA per la precipitazione del fiume Wye tra febbraio 1961 e dicembre 2005. Il grafico in alto riporta i due dataset completi; il grafico in basso mostra la parte comune alle due serie e, spostato di 100 mm, il grafico delle differenze (CRU-NRFA), la media e la deviazione standard. In verde la linea di differenza uguale a zero.

Il confronto (nel sito di supporto) fatto anche per i fiumi Eden e Derwent conferma le piccole differenze tra CRU e NRFA nelle parti comuni delle serie e questo fatto potrebbe spingere alla costruzione di una sola serie estesa (CRU+NRFA) per ogni fiume. Non voglio però costruire questo insieme perché

  1. Le parti sovrapponibili sono costituite da 600-800 dati mensili; l’unione significa la perdita di questi dati per una delle due serie e gettare tanti dati non mi piace.
  2. Le due serie, separatamente, costituiscono una evoluzione temporale, tra la fine della piccola era glaciale (PEG) e la salita delle temperature, che dovrebbe tradursi in una evoluzione dei fenomeni estremi, almeno secondo i modelli climatici, e, forse, in differenze negli spettri. Probabilmente questa evoluzione non sarebbe visibile nella serie-unione.

Pur non avendo intenzione di unire i due set di dati, ho verificato il comportamento dell’unione in tre casi, per i fiumi Wye, Eden e Derwent.
La serie completa e lo spettro MEM dell’insieme CRU+NRFA è riportato, per Wye, in figura 7.

Fig.7: Serie CRU+NRFA per il fiume Wye e suo spettro MEM. Da notare la presenza del massimo a 6-7 anni, il picco presente in tutte le serie, sia CRU che NRFA. Con qualche sorpresa -il massimo era stato osservato nei dati di ENSO- in questo spettro è presente un massimo a 1.11 anni, molto vicino al ciclo dell’oscillazione di Chandler (Chandler wobble) di 1.17 anni (14 mesi) dovuta al moto del Polo terrestre. Un massimo a 1.15 anni è presente nello spettro di Eden, mentre lo spettro di Derwent non mostra alcun picco in questa posizione.

Analisi dei nuovi dati
Come per le serie precedenti, anche qui riporto l’esempio del (bacino del) fiume Wye che ora viene indicato come “wye” (con l’iniziale minuscola). In generale, i fiumi di questa nuova serie si definiscono con la minuscola e con una “n” finale (come wyen) che richiama la lettera iniziale della sigla NRFA.
Rimando al sito di supporto per i grafici relativi a tutti i fiumi e per i dati derivati (come detto, non quelli originali).

Fig.8: Pluviometria mensile 1936-2017 del bacino del fiume Wye che definisce il confine Galles-Inghilterra. Questa figura può essere confrontata con la figura 1.

L’estrazione dei valori maggiori o uguali a media più 1σ e 2σ è in figura 9.

Fig.9: Valori pluviometrici del fiume Wye che superano la media più 1 e 2 σ. In questo caso i limiti sono 133.58 e 158.25 mm, rispettivamente.

Gli istogrammi, sempre con il criterio di bin di 5 e 10 anni sono mostrati nella figura successiva e, per il Wye, mostrano in media una frequenza invariata di precipitazioni estreme nel periodo 1936-2017.

Fig.10: Istogramma delle frequenze degli eventi “estremi” per la serie recente del fiume Wye. In questo caso i bin a 5 anni (≥1σ) mostrano una diminuzione media di 2 eventi in 56 anni, mentre i bin a 10 anni (≥2σ) mostramo un aumento medio di circa 1 evento sullo stesso periodo; in pratica una costanza delle precipitazioni.

Ripetendo in tabella 2 il riassunto di tabella 1, si vedono importanti cambiamenti nella variazione della frequenza delle piogge estreme.

Tabella 2: Sommario delle pendenze dei fit lineari degli istogrammi per i dati NRFA
Isto 5 anniIsto 10 anni
2 pendenze negative0 pendenze negative
12 pendenze positive14 pendenze positive
0 pendenze nulle0 pendenza nulla

Cioè una pendenza positiva nella quasi totalità dei casi e quindi una netta tendenza all’aumento dei fenomeni estremi nella pluviometria di Inghilterra e Galles negli anni più recenti.

Gli spettri MEM dei due gruppi di dataset
Lo scopo principale di questo post non è l’analisi spettrale. Per questo, e per non appesantire ulteriormente il lavoro, non riporto alcun esempio di spettri, rimandando al sito di supporto. Qui mostro la tabella 3 nella quale si elencano alcuni intervalli, in anni, in cui sono presenti massimi spettrali e si valuta la presenza di ognuno di questi massimi nelle 30 serie disponibili. Non sono gli unici intervalli presenti (ad esempio manca 20-22 anni) ma questi mi sono sembrati i più significativi.

Tabella 3: Sommario della frequenza di alcuni massimi spettrali. “x” si riferisce alle serie CRU e “o” alle serie NRFA (più recenti); “~” indica un massimo presente ma molto debole. Gli intervalli sono in anni
#Nome70-8040-5018-206-75-5.54
1Wye xx ox oxx o
2Exe xx ox ox ox ~
3Ed1x xx oxx
4Ed2x x ox ox ox
5Tynx~x ox oxx
6Tee  x ox ox ox
7Whf  x ox oxx
8Wns  x ox oxx
9Thm xx ox ox ox
10Ous xx ox ox ox
11Medxx~ ~x oxx o
12Ich xx ox oxx ~
13Tef xx ox ox ox o
14Deexxx ox ox ox o
15Der xx ox ox ox o
 Somma5 010 015 1415 1515 815 7

 

Dalla tabella si vede che

  • i periodi più lunghi sono presenti in un terzo dell’insieme CRU e in nessuna serie di NRFA;
  • i periodi 40-50 anni sono presenti in 2/3 di CRU e non sono presnti in NRFA;
  • i periodi 18-20 e 6-7 anni sono presenti in tutte le 30 serie (tranne Ed1 di NRFA);
  • i periodi 5-5.5 anni sono presenti in tutte le serie CRU e in 8 serie NRFA;
  • il periodo 4 anni è presente in tutte le serie CRU e in 7 serie NRFA.

Quindi sembra che i periodi veramente importanti in questo caso siano 18-20, 6-7 e parzialmente 5-5.5 anni.
Non si può fare a meno di ricordare che il periodo di 18.6 anni (ciclo nodale della Luna, vedere anche i commenti di Gianni a questo post su CM) è stato trovato da Agosta (2014) nelle piogge del centro-sud argentino e il fatto che qui sia uno dei due massimi spettrali comuni a tutte le serie in entrambi i periodi di tempo in esame, rafforza l’idea che questo picco sia generato da cause esterni, data la globalità osservata.

Ho ricevuto dal dottor Agosta i dati numerici per l’indice SRI (summer rainfall index) che lui ha usato e l’analisi di questi dati sarà l’argomento di un prossimo post.

Ho anche avuto modo di leggere il lavoro di Diodato et al., 2020, relativo alla tempestosità nel bacino del Po su un arco di 1200 anni nel cui spettro wavelet si vedono massimi a 18-20 e 6-7 anni che mostrano variazioni di potenza nel tempo, e che confermano i massimi spettrali trovati qui.

Conclusioni

Le considerazioni conclusive sono racchiuse nella tabella 1: c’è una sostanziale uniformità tra le pendenze negative e positive dei fit lineri degli istogrammi di frequenza (numero di eventi “estremi” rispetto alla successione di due intervalli temporali, di 5 e 10 anni). Non è possibile quindi attribuire a un qualsivoglia fenomeno globale, ad esempio global warming o aumento di CO2 di origine antropica e conseguente loro influenza sui fenomeni estremi, tendenze che nei dati non sono presenti. Pur non avendo particolari conoscenze di meteorologia, penso che la variabilità osservata nei regimi pluviometrici di Inghilterra e Galles possa essere attribuita alla cadenza delle perturbazioni atlantiche che investono le Isole Britanniche e, in parte, alle caratteristiche orografiche dei territori (e quindi a fenomeni locali).

La tabella 2 dei dati più recenti descrive tuttavia una situazione nettamente diversa: la quasi totalità dei bacini mostra pendenze positive (anche qui non faccio considerazioni su “quanto” una pendenza possa essere positiva o negativa; valuto solo il segno), cioè si evidenzia un aumento dei fenomeni estremi -su tutti i fiumi del sottoinsieme utilizzato- compreso tra 4 e 8 eventi sul periodo di circa 60 anni, e questo fatto è indiscutibile e statisticamente significativo.

È però discutibile la causa dell’aumento delle piogge: infatti, tra la situazione variegata del periodo più lontano da noi e quella netta del periodo più recente c’è una discrasia (condizione di squilibrio, stato di caos). In condizioni di aumento continuo di temperatura dovuta alla CO2 prodotta dalle attività umane (questo non è vero: le serie di temperatura globale mostrano varie stasi/diminuzioni e aumenti con un ritmo che non segue l’aumento della CO2) si sarebbe dovuta osservare anche una continuità nell’aumento degli eventi estremi, ma non ne abbiamo una traccia decisa.

Ancora una volta, malgrado la mia bassa competenza in meteorologia, mi sembra più serio pensare, come causa dei fenomeni osservati, a variazioni nella circolazione atmosferica (ancora a fenomeni naturali, quindi), con tutte le loro fluttuazioni.
Ad esempio, mi viene in mente lo shift climatico del 1986-87 (Mariani et al., 2012; Reid et al., 2016), anche se non mi sento in grado di dettagliare ulteriormente. A proposito dello shift, Mariani scrive:

This paper is focused on European surface air temperature in the period 1951–2010. Analysis of this dataset identified breakpoints that define two homogeneous sub-periods: 1951–1987 and 1988–2010″, mentre Reid: “… we confirm that the 1980s regime shift represented a major change in the Earth’s biophysical systems from the upper atmosphere to the depths of the ocean and from the Arctic to the Antarctic, and occurred at slightly different times around the world.

Mi sembra un buon candidato per una variazione del regime pluviometrico nelle Isole Britanniche anche se probabilmente non é l’unico.

•• Ho molto apprezzato i commenti di Luigi Mariani che hanno reso questo post più leggibile.

Bibliografia

 

  • Eduardo Andres Agosta. The 18.6-year nodal tidal cycle and the bi-decadal precipitation oscillation over the plains to the east of subtropical Andes, South AmericaInt. J. Climatol.34, 1606-1614, 2014. https://doi.org/10.1002//joc.3787
  • Nazzareno Diodato, Fredrik Charpentier Ljungqvist, Gianni Bellocchi: Monthly storminess over the Po River Basin during the past millennium (800–2018 CE)Environ. Res. Commun2, 2020. https://doi.org/10.1088/2515-7620/ab7ee9 (disponibile testo completo)
  • L. Mariani, S. G. Parisi, G. Cola & O. Failla. Climate change in Europe and effects on thermal resources for cropsInt. J. Biometeorol.56,1123-1134, 2012. https://doi.org/10.1007/s00484-012-0528-8
  • Reid P.C. + altri 28 autori. Global impacts of the 1980s regime shiftGlobal Change Biology22:2, 682-703, 2016. https://doi.org/10.1111/gcb.13106 (disponibile testo completo).

 

 

Tutti i dati e i grafici CRU e i grafici NRFA sono disponibili nel sito di supporto