Autore: Donato Barone
Data di pubblicazione: 17 Settembre 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=51546

Il gruppo di studio sui sedimenti del lago Ocrida sta pubblicando una grande quantità di articoli scientifici. Da circa una settimana su Nature ne è stato pubblicato un  altro segnalatomi dal prof. L. Mariani.

Mediterranean winter rainfall in phase with African monsoons during the past 1.36 million years
a firma di B. Wagner ed altri 47 ricercatori tra cui molti italiani (da ora Wagner et al., 2019).

L’articolo è molto interessante, ma rispetto a quelli che ho commentato nelle scorse settimane, le conclusioni cui giunge non mi trovano molto d’accordo, in quanto  utilizza un modello matematico per poter dimostrare le tesi degli autori. Sono piuttosto prevenuto nei riguardi di queste tecniche (verificare i dati sulla base di un modello matematico), ma in questo caso mi preoccupa il coefficiente di determinazione tra i dati e le simulazioni modellistiche (R2) che è pari a -0,38. Per i dati climatologici è considerato buono, ma non sono del tutto d’accordo.

I siti web che si interessano di climatologia, ambiente e via cantando, si sono buttati a pesce su questo studio, vaticinando estati sempre più calde e secche, maggiore instabilità ed estremizzazione dei fenomeni. Il tutto alimentato a dovere dalle interviste dei vari co-autori. Per chi voglia rendersene conto di persona, basta questa breve lettura. Nell’articolo non è scritto da nessuna parte che le estati saranno più calde e più secche, a meno che non si consideri previsione ciò che è scritto nell’incipit: il clima mediterraneo è caratterizzato da forti contrasti stagionali con estati secche ed inverni umidi. Questa non è una previsione, ma una constatazione.

Continuando nella lettura, si scopre che nell’ultimo milione e trecentomila anni, un aumento delle temperature marine ha sempre determinato un aumento della piovosità invernale, in quanto tale aumento rafforza il sistema di bassa pressione dell’Atlantico settentrionale, consentendogli di interessare anche il Mediterraneo nei periodi in cui la copertura glaciale continentale diminuisce ed aumenta la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Aumenta anche il numero di cicloni mediterranei e cambia l’intensità del monsone africano.

Dalla lettura di questa parte dell’abstract, sembrerebbe che un aumento delle temperature superficiali del mar Mediterraneo, effettivamente determini una maggiore instabilità del clima, ma è solo un’impressione perché da una lettura attenta dell’articolo, si capisce che le cose stanno diversamente. Se ciò non bastasse, appare illuminante il commento di uno degli autori che possiamo leggere alla fine di un’altra breve nota:

“We have to be careful. We can’t just take these results and say that if it gets warmer in the future there will also be more rainfall during winter in the Mediterranean,” Dr Francke said.

Questo commento è per me estremamente significativo perché conferma la mia interpretazione dell’articolo e, inoltre, dimostra la grande onestà intellettuale del dr. Francke, uno dei co-autori dello studio di cui sto discutendo e, quindi, persona molto più competente di me in materia climatologica. Detto in altre parole, nessuno può affermare che il riscaldamento globale in atto è in grado di generare stagioni calde e secche, maggiore instabilità climatica ed eventi più estremi, a meno che non si ammetta che il cambiamento climatico in atto abbia le stesse cause di quelli precedenti. Se partiamo, invece, dal presupposto che il cambiamento climatico attuale sia determinato dal diossido di carbonio, le conclusioni dello studio non sono automaticamente estensibili al clima futuro. Lo studio dice una cosa, la vulgata un’altra. Come al solito.

Con questo chiudo definitivamente la polemica e passo ad un breve commento di Wagner et al., 2019.

Come ho avuto modo di scrivere nei due precedenti commenti relativi ad articoli sui sedimenti del lago Ocrida (qui e qui), dal fondo del lago sono state estratte delle carote di sedimenti lunghe oltre 450 metri che hanno consentito di ricostruire le variazioni ambientali, geologiche, climatiche, biologiche e via cantando, verificatesi durante le ultime centinaia di milioni di anni. Wagner et al., 2019 ricostruisce la storia delle precipitazioni nell’area del Mediterraneo negli ultimi 1,36 milioni di anni e trova un’evidente teleconnessione con il monsone africano. Le mie perplessità riguardano questa evidente teleconnessione, ma è meglio procedere con ordine.

Il lago Ocrida è uno dei laghi più vecchi d’Europa ed il suo fondale non è mai stato interessato da fenomeni geologici tali da perturbare la regolare successione dei sedimenti. I ricercatori hanno provveduto alla datazione dei sedimenti utilizzando i depositi di tephra nei vari livelli. La tephra è un materiale piroclastico di varie dimensioni eruttato dai vulcani. Nella colonna stratigrafica del lago Ocrida si trovano diverse tipologie di questa particolare roccia, proveniente dalle eruzioni dei principali vulcani italiani a partire da circa 800.000 anni fa. L’analisi radiometrica di  tali materiali oltre alle tracce delle inversioni del campo magnetico terrestre, hanno consentito di datare con precisione i sedimenti analizzati.

Come ho indicato negli altri due post dedicati ai sedimenti del lago Ocrida, i ricercatori hanno provveduto a raccogliere tutta una serie di dati relativi alle abbondanze relativi di isotopi del calcio e del potassio, del carbonio organico ed inorganico ed a classificare i pollini di latifoglia  racchiusi nei sedimenti. Sulla base dei dati raccolti, Wagner et al., 2019, ha individuato la distribuzione delle precipitazioni nell’area del bacino idrografico del lago durante i periodi glaciali e durante gli interglaciali. I ricercatori hanno potuto accertare che le precipitazioni autunno-invernali che sono quelle più abbondanti nell’area del Mediterraneo, sono sempre state in relazione con i parametri orbitali terrestri. L’analisi wavelet delle precipitazioni consente, infatti, di individuare periodi di 100.000 anni, 41.000 anni e 21.000 anni. Durante i periodi interglaciali  (caratterizzati da alta insolazione dell’emisfero settentrionale e bassi volumi di ghiaccio continentale), quindi in presenza di condizioni climatiche calde, si notano forti picchi di dati di prossimità che indicano piogge abbondanti e una copertura vegetale di specie decidue della superficie del bacino idrografico. La prima situazione è derivata dalle concentrazioni relative di ioni del carbonio inorganico e ioni del calcio e del potassio; la seconda dalla presenza di pollini. Sembra accertato, quindi, che sia l’insolazione dell’emisfero boreale a determinare le precipitazioni nell’area del mar Mediterraneo. A  conclusioni simili anche se riferite a periodi temporali differenti,  erano giunti anche Wagner et al, 2017 e Francke et al., 2019.

Nei periodi glaciali, invece, le cose cambiano ed assistiamo ad inverni meno ricchi di precipitazioni e ad una copertura vegetale del bacino idrografico piuttosto rada e prevalentemente erbacea. In questi periodi sembra che l’insolazione dell’emisfero settentrionale non sia in grado di condizionare le precipitazioni nell’area del Mediterraneo.

Ottenuta la serie di precipitazioni dall’analisi dei sedimenti, i ricercatori hanno cercato di simulare le precipitazioni, utilizzando un modello di circolazione globale. La simulazione delle precipitazioni da parte dei modelli matematici, rappresenta il loro tallone di Achille. I risultati delle elaborazioni sono, infatti, molto diversi a seconda del modello utilizzato. Gli output modellistici riguardanti le precipitazioni, risultano affetti da grossa incertezza, in quanto i modelli non riescono a simulare le condizioni locali e generali che influenzano le precipitazioni (convenzione umida, morfologia del suolo, altimetria e via cantando) e, pertanto, entità e durata delle precipitazioni differiscono enormemente a seconda del modello utilizzato. La simulazione delle precipitazioni è stata sintonizzata considerando la cella contenente il lago Ocrida ed ha consentito di ottenere un coefficiente di determinazione di -0,38. Per me è poco, ma secondo gli autori è soddisfacente.

Il modello ha consentito di determinare, ovviamente, molti altri parametri climatici tra cui le posizioni delle celle di Hadley e di Feller. Conseguentemente è stata determinata la posizione della Zona di Convergenza Inter-Tropicale (ITCZ) e, quindi, si è potuto stimare il monsone africano. Se l’analisi viene ripetuta per diversi periodi temporali, si ottiene la variabilità di tali parametri climatici nel corso del tempo.

Sulla scorta dei risultati ottenuti, Wagner et al., 2019 giunge alla conclusione che il monsone africano e le precipitazioni invernali nell’area mediterranea sono in fase tra di loro, per cui esiste una ben precisa teleconnessione tra i due fenomeni. Entrambi sono guidati, pertanto, dalle variazioni dei parametri orbitali, dall’insolazione dell’emisfero settentrionale e dal volume di ghiaccio continentale. Quale ulteriore elemento di verifica i ricercatori hanno utilizzato anche i dati relativi allo speleotema cinese che riesce ad approssimare in modo piuttosto affidabile il monsone boreale ed alcuni depositi sedimentari del mar Mediterraneo orientale.

Wagner et al., 2019 si conclude con un auspicio: si augura che la serie di dati relativi alle precipitazioni del lago Ocrida, possa essere d’aiuto ai modellisti del clima per poter sintonizzare i loro modelli e, quindi, rendere minori le incertezze (oggi abissali) legate ai loro output. Molto interessante, infine, una parola che compare all’inizio dell’ultima frase dell’articolo: apparente. Essa si riferisce al confronto tra l’attuale aumento delle temperature globali ed i periodi caldi del periodo indagato dallo studio. Il suo significato effettivo è stato ampiamente spiegato dal commento del dr. Franke riportato all’inizio di questo post.

p.s.: Chi fosse interessato a leggere l’articolo completo, può cliccare sul link seguente. Qualora non dovesse funzionare, lo si può copiare e trascrivere nella barra del proprio motore di ricerca. Non garantisco il risultato in quanto il sito è piuttosto “instabile”.

https://www.researchgate.net/publication/335568236_Mediterranean_winter_rainfall_in_phase_with_African_monsoons_during_the_past_136_million_years