Nota di Daniele Mazza, Aprile 2023

Introduzione

Recentemente (marzo 2023) l’ Intergovernamental Panel on Climate Change, (IPCC) organismo dell’ONU, ha pubblicato l’ultimo dei suoi Report, dal titolo “AR6 Synthesis Report – Climate Change 2023”.
Esso è disponibile sia nella forma breve di ‘Summary for Policymakers’ che nel ‘Longer Report’ mentre per il ‘Full Volume’ bisognerà attendere qualche tempo.
Esaminando sia il Summary che il Report sorgono immediate alcune considerazioni, sulla scorta della personale esperienza in argomenti legati ai cambiamenti climatici, che riporto qui di seguito.
Come era da aspettarsi la narrativa è completamente focalizzata sulle emissioni di gas serra nell’atmosfera (GigaTonnellate di CO2 prodotta, il metano CH4 viene addizionato trasformandolo in equivalenti di CO2) e sull’influenza di queste emissioni sull’aumento di temperatura media globale. Una buona parte del testo riguarda le possibili mitigazioni e gli andamenti futuri, basati sullla riduzione delle emissioni o addirittura sulla cattura della CO2.
Nessun cenno ad altri fattori climalteranti di origine antropica (deforestazione, cementificazione, urbanizzazione, isole di calore urbane etc..).
Nessun cenno ai fenomeni naturali che provocano variazioni cicliche o comunque oscillanti sul clima, mentre sempre più prove vengono ad accumularsi con la maggiore consapevolezza del clima del passato, ad esempio negli ultimi due millenni, quando gli effetti antropici erano del tutto trascurabili. Quindi anche nessun cenno all’attività solare ed alle sue variazioni cicliche, che è stato dimostrato influiscono sul clima terrestre [1,2].

Viene omessa la concentrazione di CO2 atmosferica.

L’unità di misura della concentrazione atmosferica della CO2, come è noto, è una misura di percentuale in volume (o in moli) il ppm (parti per milione). 1ppm corrisponde allo 0,0001 %. Il valore di questa concentrazione in periodo preindustriale (fino al 1750) è considerato essere attorno a 280 ppm, mentre quello attuale (febb.2023) è 420,41 (Stazione di Mauna Loa).
Orbene, il percorso logico implica ( o almeno dovrebbe farlo) la seguente catena di eventi:

(1) Quantizzare il fenomeno emissione antropogenica di CO2 dalla combustione di gas naturale, petrolio e carbone; analizzarne l’andamento negli anni passati ed adottare un modello previsionale per gli anni a venire.

(2) Stabilire quanta parte della CO2 emessa di cui sopra viene assorbita nei depositi naturali (o ‘carbon-sinks’). Tra questi il principale è l’acqua salmastra degli oceani attraverso i vari equilibri carbonatici, oggi noti e quantificati (vedi dopo) , con relativo leggero abbassamento del pH , che comunque rimane sempre in ambito alcalino. Una gran parte della CO2 viene catturata dall’atmosfera mediante la fotosintesi, ma contemporaneamente circa la metà viene riemessa durante la notte a causa della respirazione vegetale e animale. Una parte di quello che resta va nel suolo dopo la morte della pianta e ritorna infine nell’atmosfeta a causa della fermentazione batterica. Un’ultima parte viene dilavata dalle precipitazioni e ritorna quindi nell’acqua marina. Come conseguenza, globalmente, una parte della CO2 viene assorbita ed una parte rimane in atmosfera. E’ facile dimostrare che 7,8 Gt di CO2 immesse nell’atmosfera corrispondono ad un incremento di 1ppm (Eq. di Poyet [3])(*).

(3) Una volta stabilito il valore di concentrazione atmosferica della CO2 in ppm, dovuto all’attività antropica, attraverso il valore di sensibilità climatica (ECS o meglio TCS) stabilire l’aumento di temperatura media globale previsto. La sensibilità climatica indica l’aumento di temperatura per un raddoppio di un certo ‘forzante climatico’ , nel nostro caso la CO2, misurato in condizioni di equilibrio (ECS) o di transitorio (TCS) (#)

A quanto pare nei report IPCC vengono totalmente omessi i punti 2 e 3 , e dalle Gt-CO2 emesse annualmente (attuali e previste) si passa direttamente al riscaldamento medio globale, in maniera da non poter verificare i passaggi intermedi ed in particolare quale che sia il valore di ECS(o TCS) adottato. Inoltre il lettore non riesce a capire perché, dopo anni di stress mediatico sull’aumento della CO2 post-industriale, questo dato sia completamente scomparso dai grafici e dalle proiezioni.

(*) Infatti 1 Gt-CO2 = 1·10^15 g-CO2 = 22,72·10^12 moli di CO2.   Se la massa totale dell’atmosfera vale 5,15·10^21 g e la massa molecolare media dell’aria 28,84 g/mol , in totale nell’atmosfera saranno presenti 5,15/28,84·10^20 mol = 1,786·10^12 mol di aria.
I Gt-CO2 immessa in atmosfera corrisponde a una frazione di 22,72/1,786·10^-8 = 0,127·10^-6 = 0,127 ppm. 1 ppmCO2 corrisponde quindi a 7,87 Gt-CO2 immesse in atmosfera.

(#) Esistono  diverse tipologie di sensibilità climatica (CS). La ECS (Equilibrium Climate Sensitivity) o sensibilità climatica di equilibrio (la più usata). Essa è definita come l’aumento di temperatura in °C che risulterebbe da un raddoppio della CO2 nell’atmosfera terrestre dopo che il sistema climatico, nel suo complesso, abbia raggiunto l’equilibrio, in particolare nei flussi radianti da e per lo spazio.
La TCR (Transient Climate Response) tiene conto che gli aumenti sono graduali, in particolare ipotizza un aumento della CO2 pari all’1% annuale. Infine la ESS (Earth System Sensitivity) comprende le retroazioni del sistema Terra a lungo termine, come i cambiamenti nella copertura glaciale delle calotte polari o cambiamenti nella copertura vegetativa.
I report della ICPP non aiutano a fare chiarezza, anzi sembra che siano più interessati, nell’intervallo di valori plausibili, a evidenziare un ipotetico limite superiore, per stimolare un aumento degli interventi precauzionali o per puro allarmismo. I valori forniti da questo Comitato per ECS si sono da diversi anni focalizzati su un “probabile” (confidenza > 66%) intervallo rimasto praticamente immutato tra 1,5 e 4,5°C. 


Il trucco consiste nell’usare il TCRE ( Transient Climate Response to cumulative carbon Emissions) che mette in relazione le Gt-CO2 antropiche emesse in un anno in atmosfera con l’aumento di temperatura globale. Il TCRE è stimato con ampia incertezza tra 0,27 e 0,63 °C per 1000Gt-CO2 emesse in atmosfera, con un valore più probabile attorno a 0,45 secondo IPCC.
L’uso di questo parametro è poco o nulla trasparente e nasconde ovviamente scelte di modelli climatologici o altri assunti a priori, che non sono esplicitati nei Report. Inoltre non è chiaro in che misura venga quantizzato il riassorbimento della CO2 negli oceani o dalla fotosintesi, che gioca un ruolo predominante (circa il 50% della CO2 emessa per combustione viene riassorbita da sistemi naturali).

Non rimane che rifare il compito

Si possono usare simulazioni anche molto complesse per modellizzare il ‘Carbon Budget’ ossia quantificare il ciclo terrestre/atmosferico del carbonio. Alcune considerazioni aiutano però a costruire un modello cinetico, semplificato ma efficace. Esso viene qui riassunto mentre si rimanda ai lavori originali per approfondimenti.
Partiamo da una considerazione accettata universalmente: il flusso annuale di emissioni di CO2 (ppm/y) è costantemente maggiore della sua crescita atmosferica. Questo implica che una parte della CO2 viene assorbita dai ‘carbon sinks’ come gli oceani e la fotosintesi, almeno questi sono i principali.
L’assorbimento negli oceani si spiega con la reattività stessa dell’acqua salata, per sua natura alcalina, quindi disponibile a reagire con una molecola acida come la CO2. La reazione ( o meglio la prima di una catena) è la seguente :

CO2 (gas) + H2O <==> H2CO3 (acido carbonico in soluzione)

L’assorbimento per fotosintesi (sia terrestre , in prevalenza, ma anche dal fitoplankton marino) comprende, almeno nei primi stadi una reazione simile alla precedente tra CO2 e l’acqua costituente il citoplasma cellulare. Essendo quindi questa reazione comune ad entrambi i ‘carbon sinks’ , essa può essere incorporata nel medesimo trattamento matematico.
Ora questa stessa reazione non raggiunge l’equilibrio termodinamico ma la CO2 (gas) sara sempre maggiore della sua concentrazione di equilibrio, che può essere stimata come ‘first guess’ in 280 ppm preindustriali.
Quindi il flusso di CO2 dall’atmosfera ai serbatoi (sinks) può essere ritenuto proporzionale proprio alla differenza tra il valore reale e 280 ppm (Δppm d’ora in avanti). In chimica si chiama cinetica del prim’ordine.
Possiamo conoscere con sufficiente precisione [4] i dati di CO2 emessi in passato per ognuna delle tre tipologie di combustibile fossile (gas naturale, petrolio e carbone) e trasformarli in ppm CO2 con la equazione di Poyet. Questo fino al 2022, per gli anni a venire, fino al 2100 e oltre occorre utilizzare una curva a campana (curva di Meixner o della secante iperbolica) che descrive l’esaurimento delle tre risorse (*). Questo richiede la conoscenza stimata delle riserve dei tre combustibili fossili, oggi disponibile con sufficiente precisione(#) ed una ‘strategia di utilizzo’ qui considerata limitata soltanto dalle risorse disponibili. Nella letteratura inglese viene definita come ‘business-as-usual scenario’

Fig. 1. Andamento delle emissioni annuali di CO2 (Gt). Fino al 2022 dati storici (OWID) e di lì in avanti ‘business-as-usual’ limitato soltanto dalle risorse disponibili.
Per tutte le curve l’equazione fenomenologica è quella di Meixner.

Trasformando i dati emissivi da Gt-CO2 in ppmCO2 (Poyet) si ottiene su base annua l’aumento teorico in assenza di riassorbimenti (sinks) della CO2 atmosferica. Il riassorbimento sarà, per quanto detto sopra, proporzionale a Δppm (secondo una certa costante di proporzionalità k1) ed andrà sottratto nell’anno successivo. Si instaura quindi un ciclo annuale a partire dal 1958 (anno di inizio delle misure di CO2 a Mauna Loa) fino ad oggi, che può essere ottimizzato affinando la costante di proporzionalità k1 ed il valore di CO2 preindustriale (o di equilibrio).

(*) La curva di Meixner è una curva di distribuzione a campana asimmetrica. La sua equazione generale è
y = 2a/[exp(bx) + exp(-cx)]  
I parametri a,b,c vengono ottimizzati con una procedura di minimi quadrati dai dati sperimentali.
(#) La migliore stima delle riserve (2023) vale: 1074 Gt-C per il carbone, 1757 miliardi di barili per il petrolio e 188·10^12 Nm3 (normal metri cubi) per il gas naturale.

Il risultato dell’affinamento matematico di questi due parametri risulta dalla fig.1.Utilizzando quindi gli stessi valori di k1 e ppmCO2(equil) è facile costruire l’andamento futuro delle ppmCO2 in atmosfera, governato dalle emissioni fossili di Fig.1. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alle pubblicazioni scientifiche sull’argomento dello scrivente ( ad es. [5,6,7] )

Fig 2. Andamento della concentrazione di CO2 (media annuale) in rosso e il valore previsto dal modello cinetico con k1 = 0,018539 e ppmCO2(equil) = 289.

Si ottiene quindi la curva di Fig. 3 (in alto) dalla quale si evince che il valore massimo di ppmCO2 in condizioni di utilizzo ‘selvaggio’ delle risorse(business-as-usual) arriva al massimo di circa 500 ppm attorno al 2075. Dopo tale data il valore è costretto a scendere per esaurimento delle risorse, ma , attenzione, non dei meccanismi di riassorbimento. (Qui i punti verdi sono i dati sperimentali di Mauna Loa in media annuale).
Quale sarebbe l’aumento massimo di temperatura (ΔTmax) con questo modello nel 2075 rispetto ad oggi (420 ppmCO2) ? Esaminiamo due possibilità:

(1) usando il valore di ECS (sensibilità climatica di equilibrio) proposto da IPCC come più probaile (3,0°C) si ha:

ΔTmax = (500-420)/420 * 3°C = 0,57 °C

Fig. 3. Andamento della concentazione (ppmCO2) dal 1958 al 2200, scala a sinistra, e relativa variazione del pH oceanico, scala a destra

(2) usando il TCS (dinamico) , scelta che sembra più appropriata, trattandosi di un sistema in riscaldamento distante dall’equilibrio (valore proposto da IPCC tra 1° e 2,5 °C, quindi 1,25° come più probabile) si ha:

ΔTmax = (500-420)/420 * 1,25°C = 0,24 °C

Tali valori sono nettamente inferiori a quelli dei Reports IPCC, che oscillano tra 3 e 4°C, come evidenziato dall fig.4 , tratta dallo stesso Report. Ciò conferma che i valori IPCC di possibile riscaldamento futuro (2100) sono sovrastimati di almeno 5-6 volte

Fig. 4. Scenari di riscaldamento globale ad alta emissione di CO2 (business-as-usual), zona rosa in alto. (da IPCC AR-6 Report pag. 18)

L’acidificazione degli oceani

Termine ampiamente abusato, che va inteso come diminuzione del pH degli oceani, pur rimanendo saldamente in calmpo alcalino (pH>7). La composizione chimica degli oceani, in particolare quella degli ioni negativi (anioni), comprende una sostanziale concentrazione di ioni OH- che sovrasta quella degli ioni H30+. Come conseguenza la soluzione è alcalina (leggermente basica). In seguito alla dissoluzione della CO2(gas) presente in atmosfera, si forma acido carbonico secondo la reazione :

CO2(gas) + H2O ==> H2CO3

seguita dalle due reazioni di dissociazione di detto acido carbonico in acqua

H2CO3 + H2O <==> HCO3- + H3O+

HCO3- + H2O <==> CO3– + H3O+

Entrambe queste reazioni avvengono solo in parte ( trattandosi di acido debole) ma consumano comunque ioni H3O+ e quindi aumentano la concentrazione in acqua di ioni OH- e diminuiscono il pH.

Il calcolo di questi equilibri può avvenire secondo procedure definite da vari autori e si può trovare una discussione critica nonché i programmi di calcolo relativi in [9,10 ].
Una divulgazione semplificata di questi equilibri chimici si trova in [8].
Applicando questi algoritmi si può calcolare, come riportato in fig. 3 in basso , il pH di equilibrio in funzione delle ppmCO2. I valori oscillano tra 8,2 e 8,05 circa tra il 2023 ed il 2200, supponendo una temperatura media degli oceani in superficie di 17°C.
Contro gli allarmismi suscitati dal termine acidificazione, occorre aggiungere che l’acqua di mare è sovrasatura (circa 5 volte) rispetto al prodotto di solubilità della calcite (CaCO3) e circa 4 volte rispetto all’aragonite (altra forma cristallina di CaCO3). Lentamente quindi si formano particelle di carbonato di calcio (prevalentemente calcite) dalla reazione

Ca++ + CO3– ==> CaCO3

le quali rimangono prima in sospensione e poi lentamente poi sedimentano.
Questo rimane uno dei processi di allontanamento (decarbonatazione) dell’acqua di mare più efficace su scala geologica. Per approfondimenti si veda [8,9,10]


Daniele Mazza
www.molecularmodels.eu
https://polito.academia.edu/DanieleMazza


Riferimenti e Bibliografia

[1] Svensmark H., (2019) FORCE MAJEURE The Sun’s Role in Climate Change, The Global Warming Policy Foundation GWPF Report 33.

[2] Easterbrook D. (2019), The solar magnetic cause of ice ages ISBN 9781691061631 Kindle publishing

[3] Poyet P.(2021) The Rational Climate e-Book Cooler is Riskier, https://patricepoyet.org/ Iklin (Malta), April 19th, 2021

[4] www.ourworldindata.org (OWID)

[5] Mazza D. and F. Marino (2021). La strega perfetta, fatti e misfatti della CO2 (in Italian), Rome, Italy, TabEdizioni.

[6] Canuto E. and D. Mazza (2022). Fossil fuel reserves and depletion: can they comply with CO2-emission pledges and targets?, Academia Letters, Article 5005.

[7] Novara C., Mazza D. and Canuto E. (2023). “Land/ocean Absorption Dynamics and Airborne Projection of Carbon Dioxide under Finite Fossil-Fuel Reserves”. 22nd IFAC (International Federation of Automatic Control) World Congress, Yokohama,Japan.

[8] CO2 and ocean chemistry , guest review, apparsa su https://wattsupwiththat.com/2019/05/18/co2-and-ocean-chemistry/

[9] Mazza D. (2020) Algorithms in Ocean Chemistry ISBN 978-88-31688-62-8

[10] Mazza D. and E. Canuto (2022). Fundamental Chemistry with Matlab, Amsterdam, the Netherlands, Elsevier.