Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 28 Marzo 2019
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=50571

di Franco Zavatti e Luigi Mariani

Il rapporto IPCC SR1.5, richiesto dalla COP22 di Parigi e presentato alla COP 23 di Katowice (Polonia), al primo punto (A1) recita:“Si stima che le attività umane abbiano causato circa 1°C di riscaldamento globale al di sopra del livello pre-industriale, con un probabile intervallo tra 0.8 e 1.2 °C. È probabile che il riscaldamento globale raggiunga 1.5°C tra il 2030 e il 2052 se continuerà ad aumentare al ritmo attuale (alta confidenza)”.

Tutto SR1.5 è in pratica un confronto tra cosa potrebbe succedere se la temperatura aumentasse di 2°C (valore massimo fissato da COP22) oppure di 1.5°C (valore massimo auspicato da COP 22).
Il “potrebbe succedere” scritto qui sopra si riferisce alla temperatura media globale mentre noi, in Europa, non abbiamo bisogna del condizionale e possiamo misurare sperimentalmente quanto l’SR1.5 riporta come previsione dei modelli climatici

Come si vede agevolmente in figura 1, noi abbiamo già superato la differenza di 2°C rispetto al livello preindustriale (qui scelto come l’anno 1880).
La figura 1 mostra l’anomalia di temperatura media europea (ETA, Mariani e Zavatti, 2017) che i lettori di CM possono vedere all’inizio della barra laterale del blog.


Fig.1: Anomalia della temperatura media europea dal 1655 al 2016. Dati annuali. La linea rossa è un filtro passa-basso di finestra 36 anni. Le linee orizontali verdi rappresentano un intervallo di 2°C che parte dal valore filtrato dell’anomalia al 1880, inizio di alcuni dataset di temperatura globale.

In rosso un filtro su 36 anni e in verde un intervallo di 2°C che inizia dal valore filtrato per l’anno 1880; le due righe verdi possono essere immaginate più in alto o più in basso, a discrezione di chi legge.

In ogni caso siamo, come minimo, “pericolosamente” (per l’IPCC) vicini ai limiti sia fissati che auspicati dalle ultime COP, ammesso che qualcuno voglia far scorrere le linee verdi e posizionarle in modo diverso rispetto alla figura 1; se così non fosse, possiamo certamente affermare che abbiamo superato da qualche anno quei limiti che nelle dichiarazioni ufficiali ci siamo impegnati a non valicare.

Una conferma viene dal tasso di mortalità della ESP, European Standardized Population (vedere ad esempio https://www.nrscotland.gov.uk/files/statistics/age-standardised-death-rates-esp/age-standard-death-rates-background.pdf), una distribuzione teorica che rappresenta la popolazione europea meglio della distribuzione della popolazione mondiale WHO (World Health Organization). La distribuzione ESP nasce nel 1976 e, causa i normali cambiamenti demografici, viene ripetuta nel 2013. Qui viene usata la versione 2013, mostrata in figura 2.


Fig.2: Distribuzione ESP 2013 per classi di età.

I tassi di mortalità per entrambe le distribuzioni ESP sono in figura 3, tratta da https://www.nrscotland.gov.uk/files/statistics/age-standardised-death-rates-esp/age-standard-death-rates-background.pdf


Fig.3: Tassi di mortalità per entrambe le distribuzioni ESP. L’ESP 2013 è la curva rossa. Questi dati terminano nel 2012, ma non si osserva alcun segno di un possibile incremento del tasso di mortalità che possa far pensare agli eventi catastrofici previsti e temuti.

Quello mostrato è solo un esempio e ci chiediamo se i lettori di CM possano (e vogliano) proporne altri che potremmo aggiungere al sito di supporto.

Su WUWT (qui) è apparso un post simile che usa i dati europei dal dataset di Berkeley.

Il grafico e i dati relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui.

Bibliografia

  • Mariani L., Zavatti F.: Multi-scale approach to Euro-Atlantic climatic cycles based on phenological time series, air temperatures and circulation indexes , Science of the Total Environment, 593-594, 253-262, 2017. doi:10.1016/j.scitotenv.2017.03.182

NB: la vignetta originale è di Pietro Vanessi