Autore: Franco Zavatti
Data di pubblicazione: 08 Ottobre 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=51650
Roberto Battiston (Fisico, già Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana) ha pubblicato un articolo divulgativo la cui ultima figura ho commentato su Climate Monitor. In questo post vorrei discutere un’altra sua affermazione, e cioè:
Cosa si impara da questi dati? In primo luogo, la nostra specie si è sviluppata in un contesto particolarmente stabile dal punto di vista climatico. Poi, che tutte le società esistite su questo pianeta si sono sviluppare nel corso di 11.000 anni di straordinaria stabilità climatica. Le piccole variazioni della temperatura globale, corrispondenti a meno di mezzo grado, hanno portato a cambiamenti climatici molto importanti, periodi caldi o mini glaciazioni, che hanno influenzato sostanzialmente la vita della specie umana.
Infine, che non vi è mai stata in tutta la storia del clima, una variazione così rapida come ai giorni nostri.
Intanto non è vero che la nostra specie si è sviluppata in un contesto particolarmente stabile dal punto di vista climatico: ha attraversato la glaciazione e la risalita delle temperature verso l’Olocene e questo significa che è stata in grado di superare (con più o meno “ammaccature”, certo) variazioni climatiche davvero estreme, molto diverse dagli estremi di oggi.
Solo dopo essere entrati in pieno nell’Olocene, l’alta temperatura e la sua relativa stabilità hanno favorito il cammino (nei citati 11000 anni) verso una società sempre più complessa che, passo dopo passo, attraverso la domesticazione di piante e animali, i ruoli sociali differenziati e specializzati (la stratificazione della società), la nascita della città è giunta fino a noi.
Ma la temperatura dell’Olocene quanto era stabile? Per cercare di capirlo propongo in figura 1 il grafico, derivato da carotaggi del NIS (Piattaforma Nord Islandese), della temperatura superficiale marina (SST) estiva, già pubblicato su Climate Monitor nel 2015, qui leggermente modificato per mettere in evidenza le salite (e le discese) rapide della temperatura, dello stesso tipo, o anche più ripide, della variazione che stiamo sperimentando da circa 170 anni (dal 1850).
Queste temperature sono superficiali e quindi risentono meno dell’inerzia termica dell’oceano. Ma un po’ di questa inerzia è ancora presente e quindi le temperature dovrebbero essere un po’ più smussate rispetto a quelle terrestri. Malgrado questo, chiunque può verificare l’esistenza di salite e discese (ma qui parliamo in particolare di salite da confrontare con quella attuale) con lo stesso ritmo che osserviamo oggi. I pallini verdi evidenziano alcune di queste variazioni rapide e sono solo indicativi. Si osservano salite di ~1.7 °C in poco più di un secolo o, se si preferisce, in meno di 2 secoli (secondo pallino da sinistra) o di ~2 °C in un tempo simile (secondo pallino da destra) e, tra questi, una vasta scelta di variazioni rapide della temperatura.
Se si pensa che le variazioni di temperatura più lontane da noi nel tempo possano non essersi ripetute nei periodi più recenti, si può controllare la figura 3 del post del 2015 che riporto di seguito senza modifiche:
Su questa scala una divisione piccola dell’asse x rappresenta 100 anni, per cui si osservano aumenti e diminuzioni di temperatura di 0.7-1 °C nell’arco di meno di 50 anni, ad un ritmo doppio o triplo rispetto a quello attuale.
Quindi l’ultimo capoverso dell’affermazione di Battiston riportata all’inizio non è vero: le variazioni rapide degli ultimi 9000 anni sono un evento abbastanza frequente da poterle considerare normale amministrazione, senza alcun intervento (o, nella parte destra del grafico, con un intervento minimo) dell’uomo e della sua organizzazione sociale.
Ma c’è un problema: come si concilia quanto ho scritto con il secondo grafico che mostra Battiston, derivato da Marcott et al.,2013, dove sono presenti variazioni piccole rispetto al picco attuale? Intanto noto che nell’articolo originale non trovo il grafico di Battiston (modificato, almeno per le scritte in italiano). La cosa più simile a quel grafico la trovo nel materiale supplementare e la riproduco nella sua interezza (compresa la didascalia). Noto anche che il grafico di destra e quello di Battiston sembrano spostati uno rispetto all’altro di circa 0.1°C: infatti questo grafico parte da -0.2°C e ha il massimo a circa 0.4°C mentre quello di Battiston parte da -0.3 e arriva a 0.3°C.
Il grafico di sinistra mostra sovrapposto un dato misurato (ancorchè composito) nel quale ho identificato (con 1,2,3) 3 massimi. Non potendo leggere dal grafico con accuratezza, ho misurato con un doppio decimetro sullo schermo del computer l’altezza dei tre picchi trovando, nell’ordine, 20, 18 e 17 mm; certo non un grande esempio di misura accurata, ma sufficiente per mostrare che su periodi simili è possibile avere variazioni simili (ovviamente 1 è il massimo attuale). I dati di Marcott sono fortemente smussati dalla media e dalla varietà delle fonti (73 dataset singoli di ogni tipo), ma l’uso dei dati sperimentali conferma, anche nella diversità delle misure (qui terra, in Islanda mare), che l’aumento odierno non è un caso unico.
Piogge in Australia durante l’Olocene
Fermo restando che l’articolo di Battiston si riferisce alla temperatura e alle sue variazioni e che quindi ho già risposto alle sue affermazioni, vorrei verificare se le variazioni rapide (entro 1-2 secoli) si possono avere anche nelle precipitazioni di un periodo analogo al precedente.
Uso per questo la serie di precipitazioni oloceniche in Australia, ricostruite da Barr et al., 2019 tramite il rapporto isotopico δ13C nelle foglie di Melaleuca quinquenervia conservate nei sedimenti olocenici di una piccola laguna (circa 2700 mq) dell’isola North Stradbroke (27°29′55″S: 153°27′17″E) senza immissari né emissari, come le numerose sue “colleghe” nella stessa isola.
La serie di precipitazioni è mostrata nella figura 4, con il fit lineare su tre distinti periodi (0-925, 925-3000 e 3000-7700 anni fa).
Anche in questo caso si osservano forti variazioni su 1-2 secoli, con un aumento della loro frequenza di apparizione dopo il -2800 CE e con una maggiore evidenza di eventi siccitosi che in questo caso sono da attribuire a El Niño (gli autori scrivono: … where La Niña and El Niño conditions are associated with positive and negative rainfall anomalies, respectively).
Le variazioni di precipitazione in 1-2 secoli sono eventi frequenti e diventano quasi la norma da circa 3000 anni fa, anche in questa area quasi agli antipodi rispetto all’Islanda.
I dati di questo post sono disponbili nel sito di supporto. |
Bibliografia
- C. Barr, J.Tibby, M. J. Leng, J. J.Tyler, A. C.G. Henderson, J.T.Overpeck, G. L. Simpson, J. E. Cole , S. J. Phipps, J. C. Marshall, G. B. McGregor, Q. Hua & F. H. McRobie: Holocene El Niño–Southern Oscillation variability reflected in subtropical Australian precipitation, Scientific Reports, 9:1627, published on line 07 february, 2019. doi:10.1038/s41598-019-38626-3. (testo completo disponibile)
- H. Jiang, R. Muscheler, S. Björck, M.-S. Seidenkrantz, Jesper Olsen, Longbin Sha, J. Sjolte, J. Eiríksson, L. Ran, K.-L. Knudsen, and M.F. Knudsen: Solar forcing of Holocene summer sea-surface temperatures in the northern North Atlantic, Geology, 43,(3), 203-206, 2015. doi:10.1130/G36377.1 (testo completo per abbonati)
- Shaun A. Marcott, Jeremy D. Shakun, Peter U. Clark, Alan C. Mix: A Reconstruction of Regional and Global Temperature for the Past 11,300 Years, Science,, 339, 6124, 1198-1201, 2013.