Autore: Luigi Mariani
Data di pubblicazione: 19 Ottobre 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=42536

fotovoltaico

Non credo ci voglia una gran scienza per concludere che se il rendimento di un pannello fotovoltaico è del 10%, il resto dell’energia solare assorbita viene ceduta all’ambiente soprattutto come calore sensibile e come emissione nell’Infrarosso lontano, andando così ad accentuare l’isola di colore urbano (Urban Heat Island, – UHI) che in estate pesa molto più del global warming su quel 50% della popolazione mondiale che vive in città. Per giungere ad una tale conclusione basta infatti avvicinare una mano ad un pannello fotovoltaico in una giornata soleggiata per percepire i flussi di calore sensibile e di radiazione a onda lunga che da esso emanano.

In ogni caso a comprovare in modo quantitativo le sensazioni, su Nature Scientific reports è apparso un articolo con questo titolo:

The Photovoltaic Heat Island Effect – Larger solar power plants increase local temperature

La firma è di Barron-Gafford et al, e si riferisce ad uno studio sulla città di di Tucson negli Stati Uniti. L’articolo è stato tempestivamente commentato su WUWT.

La riflessione che ne deriva è quella secondo cui occorre essere molto prudenti quando si interviene in ambienti urbani perché si rischia di enfatizzare l’effetto UHI, il che alle nostre latitudini non è poi così tanto male in inverno ma è senza dubbio assai negativo in estate. Da ciò deriva che anziché pensare alla diffusione selvaggia di pannelli fotovoltaici in ambito urbano sarebbe forse meglio pensare a tetti colorati di bianco per enfatizzare l’albedo ed a parchi e alberature stradali che danno ombra e cedono calore latente anziché sensibile. Di questo aspetto penso che le scelte in tema di urbanistica dovrebbero farsi carico adottando metodi quantitativi di tipo micrometeorologico per valutare preventivamente l’effetto di scelte  che la demagogia della green economy e del “salvataggio del pianeta” rischia di sottrarre a qualunque verifica razionale.

A latere faccio osservare che sempre più stazioni meteorologiche sono alimentate a pannelli fotovoltaici. In tal caso è essenziale che i  pannelli siano posti a debita distanza dai termometri onde evitare indebiti effetti di riscaldamento che costituirebbero un curioso caso di Anthropogenic Global Warming.

In conclusione possiamo ancora una volta osservare che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.

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Nel ricevere questo commento dell’amico Luigi, mi sono imbattuto in un altro studio, qui disponibile, che individua invece un effetto di natura diversa alle installazioni di pannelli fotovoltaici in ambiente urbano, con specifico riferimento a quelli posizionati sui tetti. L’effetto, sarebbe quello di ombreggiare il tetto abbassando la necessità di refrigerazione.

Per cui, se le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, quelle del paradiso lo sono di complessità. Questo effetto è infatti riferito alle ore diurne, mentre quello di accentuazione dell’isola di calore urbano riportato su Nature, è riferito alle ore serali e notturne.

Ne risulta da una parte un minor consumo energetico, dall’altra una accentuazione del disagio da calore. Benché in tutta evidenza ci sia parecchia gente che queste cose le sta studiando e analizzando, non mi pare che se ne stia tenendo conto un gran che. Ergo, così facendo non è dato sapere se le buone intenzioni ci porteranno all’inferno o la comprensione della complessità del problema ci porterà in paradiso.

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