Autore: Guido Guidi
Data di pubblicazione: 31 Ottobre 2019
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=51748
Bé certo, nella fattispecie su di un blog si dovrebbe scrivere scrivere scrivere, ma il caso vuole che il tempo sia davvero poco e ultimamente preferisco passarlo a leggere piuttosto che a trasferire le informazioni. Così, eccomi di nuovo a dar consigli di lettura, corroborati soltanto da alcune brevi descrizioni.
Fuga da modellandia. Non suona bene come in inglese (Escape from model land), ma è il titolo di un paper molto interessante che affronta un tema di cui abbiamo discusso molte volte sulle nostre pagine. Si tratta del mondo perfetto – ma virtuale – delle simulazioni, oggetti matematicamente straordinariamente precisi verificati con altre simulazioni, spesso anche con le stesse in una sorta di auto-valutazione, che non è mai veramente in grado di rappresentare la realtà. Ma, paradossalmente, finisce per diventare reale per l’uso incolto che si fa di quello che i modelli riescono a dire. Curiosamente, in questo la propaganda sul clima che cambia e cambia male guida le fila del suddetto cattivo utilizzo attraverso la colpevole omissione dell’inceetezza, nonostante i processi di definizione dell’incertezza stessa propri ad esempio dei report IPCC (non dei summary, dei report che nessuno legge…) siano invece molto chiari sull’argomento e facciano di tutto per evitare che il virtuale diventi reale. Solo che che poi c’è il cherry picking… come, altro esempio, le notizie di disastro economico-marino-demografico diffuse in questi giorni sui media in materia di livello dei mari…
Attenzione, non è una critica allo strumento modellistico, ma una chiara esortazione a farne l’uso per cui è nato: verificare ciò che succede nel reale al fine di comprendere i processi, non gettare un ponte verso il futuro…
Per stare invece un po’ più leggeri.
Vi propongo ora questo iniziale lampo di ragione del Corriere, che si chiede se il mondo sia poi così brutto come ce lo raccontano. Le metriche, i numeri, sono tutti positivi. Meno poveri, meno malati, più aspettativa di vita, insomma, cose così. Un solo segnale negativo (finito il lampo di ragione), quello della CO2, che nel periodo in esame è aumentata. Infatti al ragionevole redattore non è riuscita l’associozione di idee più banale: i numeri in positivo sono il segno del progresso, di cui la CO2 è di per se una metrica, perché significa energia abbondante e a basso costo. Dissonanza cognitiva?
Torniamo ai modelli…
Ma se gli scenari sono già fuori strada per i dieci anni appena trascorsi, come possono essere realistici per i prossimi dieci? Per dopo ancora fate voi…. Semplicemente, Roger Pielke Jr ci racconta via Forbes che gli scenari economici impiegati per forzare i modelli climatici hanno sin qui fallito di intercettare correttamente il segnale della crescita economica. Ossia, il mondo è cresciuto meno di quanto fosse previsto, quindi ha emesso meno, quindi ha inciso meno. Attenzione, questi risultati riguardano “appena” il 99,5% degli scenari IPCC, in pratica solo 5 su 1.184 scenari per 31 modelli hanno un GDP paragonabile con quello reale. Nonostante ciò, quegli scenari, sbagliati, sono ancora le forzanti del mondo di domani… ha senso basarci su le policy?