Autore: Donato Barone
Data di pubblicazione: 17 Febbraio 2017
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=43763

 

 

Qualche giorno fa G. Guidi ha pubblicato un post in cui si faceva cenno all’articolo, pubblicato sulla rivista The Anthropocene Review dal titolo,

The Anthropocene Equation  di O. Gaffney & W. Steffen (da ora Gaffney et al., 2017).

Incuriosito dal termine “equazione” associato ad Antropocene, sono andato a leggere l’articolo.

Man mano che andavo avanti i dubbi e le perplessità aumentavano in modo esponenziale fino all’apoteosi finale. Ho fatto passare qualche ora ed ho riletto l’articolo. Il mio giudizio non è cambiato di una virgola: è un articolo che lascia allibiti sia dal punto di vista matematico che logico. Procediamo, però, con ordine.

Da un punto di vista puramente astratto il sistema Terra può essere rappresentato da un’equazione differenziale (1)

in cui E sta per Earth, A per astronomico e G per geofisico. Tradotto significa che la variazione nel tempo del sistema Terra è una funzione di due variabili: una astronomica e l’altra geofisica. La variabile astronomica tiene conto del fatto che le condizioni del sistema terrestre dipendono da forzanti orbitali ovvero dalle variazioni di quantità di energia ricevuta che la Terra subisce a seconda delle posizioni in cui essa si trova rispetto al Sole ed alle variazioni che possono caratterizzare l’orbita terrestre. In realtà la variabile astronomica è una variabile molto complessa che coinvolge l’inclinazione dell’asse terrestre, la posizione del sistema solare nella Galassia e tantissimi altri aspetti che abbiamo avuto modo di analizzare in altri post. Tutte queste variabili interagiscono con il sistema terrestre amplificandosi e/o annullandosi a vicenda per cui il fatto di schematizzare cose così complesse con una semplice A rende oltremodo perplessi in quanto è costume, in matematica, che ad una variabile sia associato un campo di valori, ovvero dei numeri, che nel caso di un sistema fisico, rappresentano delle grandezze fisiche misurabili. Stesso discorso vale per G ovvero la variabile geofisica. Essa dovrebbe tener conto degli impatti di corpi extraterrestri, dei vulcani e di tutte le forze endogene ed esogene che modificano il nostro pianeta. Anche qui credo che chi voglia cimentarsi in un calcolo, abbia grosse difficoltà a trovare i valori da inserire nell’equazione.

Gaffney et al., 2017 si rende conto che l’equazione (1) è piuttosto riduttiva in quanto non tiene conto del fatto che i fattori astronomici e geofisici sono mediati da una serie di meccanismi che coinvolgono l’atmosfera, la biosfera, l’idrosfera, la criosfera e così via. In altre parole le forzanti esterne devono confrontarsi con quella che chiamiamo variabilità interna del sistema. Correttamente, quindi, gli autori modificano l’equazione (1) introducendo una terza variabile che tenga conto della variabilità interna al sistema (I), ottenendo l”equazione (2)

 

Anche per la variabile I  possiamo ripetere in maniera pedissequa tutte le criticità viste per le altre due variabili, ma da un punto di vista logico e restando nel piano della pura astrazione, l’equazione tiene conto dei fattori che determinano le variazioni del sistema Terra e, quindi, del clima terrestre.

Durante il Quaternario piccole variazioni della forzante astronomica sono state in grado di determinare grossi cambiamenti della variabile I per cui il clima, che ha determinato in larga parte le partizioni del Quaternario, è stato guidato dalle forzanti astronomiche e, in misura minore da quelle geofisiche. In questa ottica si collocano i cicli di Milankovic durante i quali le forzanti astronomiche hanno modulato la variabilità interna del sistema che ha determinato i cambiamenti climatici terrestri.

A questo punto Gaffney et al., 2017 calano l’asso: in un sistema con concentrazione di diossido di carbonio atmosferico intorno alle 280 ppm volumetriche, l’attuale ciclo (Olocene) sarebbe continuato per altri 50000 anni circa senza forti scossoni.

Già su questo non si può essere d’accordo con gli autori in quanto altri autori sono di diverso avviso, ma evitiamo divagazioni e cerchiamo di seguire il ragionamento sviluppato nell’articolo. Negli ultimi due secoli e mezzo l’azione dell’uomo ha notevolmente modificato l’ambiente terrestre e, quindi, il sistema Terra. Per questo motivo la variabilità interna di cui tiene conto la variabile I nell’equazione (2), è dipesa in massima parte  dall’uomo, per cui è necessario introdurre un’altra variabile che tenga conto in modo specifico dell’effetto antropico e, a questo punto, i giochi sono fatti: entra in gioco la variabile antropica H e  l’equazione del sistema Terra diviene (3).

 

Gli autori facendo riferimento essenzialmente ad alcuni articoli di uno di loro (Steffen) hanno la certezza che tutto ciò che sta succedendo sulla Terra sia in massima parte colpa dell’uomo e, quindi, esiste un rapporto molto stretto tra le variazioni di E e le variazioni di H. Per corroborare la loro tesi, fanno una serie di esempi: il ciclo dell’azoto è stato fortemente alterato dal processo di Haber-Bosh (quello che consente di produrre sinteticamente ammoniaca e che è stato alla base, tra l’altro, della rivoluzione verde), il tasso di estinzione delle specie è fortemente aumentato, l’acidificazione degli oceani è senza precedenti come la concentrazione di CO2  atmosferica (almeno negli ultimi 60 milioni di anni). E’ fuor di dubbio, per loro, ovviamente, che ciò ha determinato un legame privilegiato tra E ed H  per cui  l’equazione  (3) può essere comodamente scritta nel modo seguente:

 

Sulla base di considerazioni più filosofiche che scientifiche e senza uno straccio di numero, gli autori sono riusciti a trasformare una funzione in tre variabili in una funzione in un’unica variabile semplicemente assumendo che le altre variabili sono del tutto trascurabili rispetto ad essa. Essi scrivono che tendono (?) a zero: usano una freccia che in matematica ha questo significato. Detto in altre parole, la variabilità del sistema Terra dipenderebbe solo ed esclusivamente dall’uomo, punto. Io sono senza parole in quanto ciò significa che l’impatto di un meteorite di dimensioni chilometriche, un’emissione di massa coronale fronte Terra, un cambiamento di direzione del campo magnetico terrestre o altri fenomeni naturali che in passato si sono verificati, sono del tutto insignificanti rispetto all’azione dell’uomo. Gli autori sottolineano, però, che ci troviamo in un campo di pura astrazione (e meno male), ma non lesinano considerazioni che calano l’astrazione nella nostra realtà quotidiana. Essi cercano, infatti, di “quantificare” la variabile H attraverso una serie di variabili aggiuntive per cui

 

Le lettere hanno il seguente significato: P è la popolazione globale (veramente è la parte della popolazione che consuma di più, cioè i perfidi ed abietti abitanti del primo mondo), C rappresenta il consumo e T  la tecnosfera, ovvero l’influenza della tecnologia e della tecnocrazia sull’ambiente.

A questo punto il quadro è fin troppo chiaro: si è voluto ammantare di una veste matematica un discorso prettamente politico, quello della ridistribuzione della ricchezza a livello planetario e quello della distinzione del genere umano tra “buoni” (gli abitanti del terzo e quarto mondo) e “cattivi” (tutti gli altri), con questi ultimi nella veste dei devastatori del paradiso terrestre planetario.

Una cosa “positiva” la possiamo trovare, però, nell’articolo. Gli autori hanno l’onestà intellettuale di ammettere che la forma di H è molto simile a quella dell’identità di Ehrlich di cui conosciamo la storia ed il suo infelice epilogo.  Già questo avrebbe dovuto dissuaderli dal perseverare nel loro discorso, ma non è stato così.

Non contenti di aver individuato una relazione che già aveva dato una pessima prova di se nel passato recente, gli autori hanno deciso di continuare ad oltraggiare la matematica elaborando uno schema che riprende anche se alla lontana l’attrattore di Lorenz. Questo accoppiamento mi ha fatto male in quanto poteva anche starmi bene la descrizione astratta (forse meglio sarebbe dire astrusa) dell’equazione dell’Antropocene, ma utilizzare l’attrattore di Lorenz, frutto di elaborazioni matematiche ben precise che generano la grafica che ci è nota e che ci ammalia, senza un minimo di elaborazione numerica, solo sulla base di elucubrazioni che a volte rasentano le allucinazioni, è troppo.

In questo schema si vede la Terra ancorata nello spazio delle fasi, caratterizzato da due grossi lobi che rappresentano la fase glaciale e quella interglaciale, con cicli di circa 100000 anni regolati dall’equazione (2). Nel 1950, non si capisce bene su quali basi numeriche e fattuali, la Terra si sposta velocemente nello spazio delle fasi e nel 2016 fuoriesce dall’attrattore su cui aveva stazionato per milioni di anni, passando su di un nuovo attrattore indicato come “Stato dell’Antropocene”. Dopo un certo numero di cicli, non si sa bene sulla base di quale calcolo numerico, si allontana dall’attrattore diretta verso la perdizione totale. Un disegnuccio privo di senso matematico.

E per finire due considerazioni.

L’Antropocene non esiste. Come già ebbi modo di scrivere in un commento ad un altro post, qui su CM, esso non esiste nella stratigrafia geologica. Inserire una nuova epoca geologica nella cronologia geologica è un’operazione estremamente complessa e richiede che essa sia ben evidente nella stratigrafia, sia, cioè, caratterizzata da un ben preciso affioramento con delle specifiche caratteristiche che lo distinguano da altri affioramenti. Una nuova epoca può essere definita solo ed esclusivamente dall’International Commission of Stratigraphy e, ad oggi, nessun documento ufficiale della Commissione ha stabilito che esiste un’epoca definita Antropocene. Allo stato degli atti la Commissione ha costituito un gruppo di lavoro che sta esplorando (e sono già alcuni anni) la questione.
Fino a quando il gruppo di lavoro non si sarà pronunciato, la Sottocommissione del Quaternario non avrà deciso circa il lavoro del gruppo e, infine, la Commissione non avrà deliberato, è del tutto inutile parlare di Antropocene e, di conseguenza, di “equazione dell’Antropocene”.  Equivale a disquisire del sesso degli angeli.

L’ultima considerazione riguarda l’articolo di Gaffney e Steffen, 2017. Raramente ho avuto occasione di leggere qualcosa di peggio. Io amo il genere fantasy, per cui sono abituato a scenari, per così dire, alternativi, ma se leggo un racconto di fantascienza so perfettamente dove andremo a parare. In questo caso di fantasy stiamo parlando, ma spacciato per scienza.

 

 


 

Nota di Attività Solare: sono molto interessanti anche i commenti sulla pagina originale del Blog Climatemonitor.it. Vi invito a leggerli…